Sapendo di far cosa gradita agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane, ed in generale a tutti gli internauti appassionati di Foggia, della sua storia e delle sue bellezze, comincio a pubblicare, da oggi, una serie di articoli che scrissi nel 1981 per La Gazzetta del Mezzogiorno nella rubrica Foggia da salvare, che svelava e raccontava i piccoli e grandi tesori, più o meno nascosti, della città, che avevano bisogno di essere valorizzati e di una maggiore attenzione.
Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta: molte cose sono cambiate, altre no. Alcuni dei beni che segnalavo ai lettori della Gazzetta sono stati in qualche modo tutelati e portati a nuovo splendore, altri non esistono più, perché l’appello a salvarli è caduto nel vuoto, altri ancora restano poco conosciuti o non fruibili, come quello di cui vi parlo oggi.
Va detto che da allora ad oggi è (per fortuna) anche sensibilmente cresciuta la sensibilità della cittadinanza e dell’opinione pubblica verso questi temi. Trentasei anni fa non era così, sicché destarono un certo scalpore i reportage pubblicati sul quotidiano regionale, la cui redazione foggiana era allora diretta da Anacleto Lupo. I lettori di oggi perdoneranno errori, omissioni e sviste. Non volevo scrivere un saggio di storia locale, ma piuttosto segnalare all’attenzione delle autorità competenti la necessità di intervenire per evitare che la memoria cittadina perdesse altri pezzi.
Mi fece da cicerone, in quel viaggio nella bella Foggia nascosta l’impareggiabile maestro e collega Gaetano Matrella, al quale devo tante scoperte, ma soprattutto l’amore per l’anima antica della città, che mi ha insegnato a sentire più profondamente mia.
Oggi, 11 novembre, si festeggia San Martino e così comincio la ripubblicazione di quella serie di articoli non in ordine cronologico ma da quello che dedicai al portale di San Martino, pregiatissimo e per alcuni versi misterioso gioiello della cattedrale di Foggia.
L’articolo uscì sulle pagine locali della Gazzetta sabato, 21 novembre 1981. Il maquillage che vi si invocava ha avuto luogo, nel senso che la Cattedrale ha conosciuto da allora ad oggi significativi lavori di restauro. Paradossalmente, però il portale è scarsamente fruibile, in quanto quel lato della Cattedrale non è aperto al pubblico, ed il cancello che lo protegge è quasi sempre chiuso. Potete scaricare l’articolo originale qui.
La fotografia che illustra il post, decisamente posteriore alla data di pubblicazione dell’articolo, è stata scattata da Romeo Brescia, per illustrare un articolo scritto con Raffaele De Seneen sul sito Foggia Racconta, che potete leggere qui.
S. Martino o Federico II?
il mistero del portale
FOGGIA, SABATO 21 NOVEMBRE 1981 – Ma è proprio San Martino il misterioso cavaliere dell’omonimo portale della Cattedrale, quello cioè, a sinistra di chi guarda dalla piazza? Sull’argomento si disputa da tempo e la questione, comunque, non è di poco conto. Il mistero è dato dal fatto che, sopra il portale, si distingue nettamente la figura ad altorilievo di un cavallo. Del cavaliere che lo cavalcava, però, non c’è traccia, se non un mantello (di qui l’opinione che si tratti di San Martino). A far nascere il «caso» fu lo storico tedesco Willemsen. quando ipotizzò che, con ogni probabilità, il cavaliere senza… corpo dovesse essere Federico II, che contribuì all’edificazione di quella parte del duomo, quando proclamò Foggia «città imperiale ».
A sostegno di questa tesi c’è l’architettura complessiva del lato sinistro della Cattedrale (gli archi, a sesto acuto, sono tipicamente gotici, mentre quelli del lato opposto sono a tutto sesto). C’è persino chi ha identificato, nell’altra figura che si intravede sotto il cavallo, quella di un saraceno (mentre per i sostenitori dell’altra tesi, potrebbe trattarsi del povero che ebbe in dono il mantello da San Martino).
Sta di fatto, comunque, che la tesi di Willemsen ha riscosso, soprattutto oltralpe, un’immediata popolarità, tant’è che i turisti tedeschi che transitano per Foggia e visitano la Cattedrale spesso chiedono di vedere, prima di ogni altra cosa, proprio l’artistico portale.
A parte la disputa, si tratta comunque di un complesso artistico di grande rilievo, anche per comprendere meglio alcune vicende storiche della costruzione della Cattedrale.
È perciò un peccato che il portale resti pressoché sconosciuto per la maggior parte dei foggiani, soprattutto i più giovani. Attualmente, infatti, una cancellata di ferro impedisce l’accesso al lato sinistro del duomo dalia piazza, per cui Il portale e l’altorilievo soprastante possono essere visitati solo entrando, dalla sagrestia della Basilica, nel cortile interno sul quale, affaccia, appunto, il lato sinistro del Duomo.
Il portale in se stesso è murato, e non è stato quasi mai usato quale accesso utile all’interno della chiesa. Fino al periodo bellico esso serviva a collegare la Cattedrale con una cappella laterale (S. Antonio), il cui corpo di fabbrica, però, nascondeva totalmente le figure che adornano l’arco.
Furono proprio i bombardamenti del luglio del ’43 che, colpendo irrimediabilmente la cappella, ne causarono la demolizione, nel corso della quale vennero alla luce gli interessanti complessi scultorei.
Ad ornare il portale, infatti, non c’è solo l’enigmatico gruppo comprendente il cavallo e l’altra misteriosa figura umana. Di grande interesse artistico è anche il gruppo sottostante (una Madonna con bambino circondata da angeli) e il Gesù redentore che, invece, sovrasta il cavallo. La fattura medievale dell’intero complesso sembra incontestabile.
Ma come fare, dunque, per riportare alla luce questo tesoro che interessa tanto gli stranieri, mentre resta ancora scarsamente noto ai foggiani?.
Un’idea potrebbe essere la rimozione della cancellata che impedisce il passaggio. Questa potrebbe essere arretrata fino al cortile vero e proprio, tra il lato sinistro della Cattedrale e la chiesa dell’Annunziata (chiusa da tempo).
Si restituirebbe cosi alla fruizione della cittadinanza un altro lato della Cattedrale, già per suo conto soffocata dai palazzi vicini. È, questa, una «atipicità» del duomo foggiano che, almeno nel limiti del possibile, andrebbe normalizzata. Attualmente, infatti, risultano liberi e accessibili soltanto la facciata e il lato destro, comprendente il campanile e l’ingresso secondario della basilica, reso peraltro piuttosto difficoltoso da una viabilità precaria (il marciapiede, proprio sotto il campanile, è ridotto a poche decine di centimetri di lastricato).
Sulla parte sinistra, come s’è detto, si addossa la sagrestia, fino a vico Annunziata. L’abside e la parte posteriore della costruzione sono in parte nascoste dai palazzi della piazza mentre, per l’altra parte, affacciano su vico Campanile. In uno stato, per la verità, non molto consono alia dignità del luogo.
Certo, è impossibile porre riparo al disordine urbanistico venutosi ad accumulare nel corso dei secoli, ma qualche intervento per migliorare l’immagine complessiva del Duomo potrebbe essere fatto. L’Amministrazione comunale potrebbe, per esempio, provvedere al risanamento degli stretti vicoli che costeggiano la zona. mentre sempre più urgente appare la necessità di illuminare maggiormente l’intero isolato.
Un piccolo maquillage, che farebbe certo piacere a tutta la cittadinanza.
Geppe Inserra
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