C’era una volta che il Sud faceva notizia, conquistando un po’ di titoli sulle copertine dei giornali, almeno in occasione della pubblicazione del Rapporto Svimez. Adesso non succede più neanche questo. La divulgazione dei dati che fotografano lo stato di salute del Mezzogiorno e delle relative analisi, non viene ritenuta degna della prima pagina da quasi tutti i direttori dei giornali. E poco conta che si tratta di dati allarmanti, forse ancora più del solito, perché confermano il divaricarsi del divario tra Nord e Sud, e l’emergenza di nuovi fenomeni, come la fuga dei cervelli e la crisi delle Università meridionali.
Il disinteresse verso il Mezzogiorno e i suoi problemi è bipartizan, e accomuna tanto i quotidiani di centrosinistra, quanto quelli di centrodestra. Tanto per dire, la decisione di bloccare l’accesso delle grandi navi nel bacino San Marco di Venezia o la crisi sentimentale esplosa tra Bianca Atzei e Max Biaggi hanno conquistato sulle prime pagine dei giornali uno spazio decisamente maggiore rispetto a quello occupato dal Rapporto Svimez.
L’analisi dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria meridionale ha ricevuto una qualche attenzione soltanto sulle copertine di quattro giornali: Il Mattino (il solo a dedicargli l’apertura), La Gazzetta del Mezzogiorno (un “taglio medio” di spalla, firmato da Filippo Santigliano, capo della redazione di Foggia del quotidiano barese), Avvenire (richiamo all’articolo nella pagina interna in un taglio medio) e Unione Sarda (richiamo nella manchette sopra la testata).
Neanche un rigo sulle prime pagine delle altre testate che abbiamo visionato: Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Libero, La Verità, Il Giornale, Il Tempo, La Stampa, Il Messaggero, Il Manifesto , Il Gazzettino, Il Dubbio, Il Secolo XIX, La Notizia, Il Foglio e Il Resto del Carlino.
All’oscuramento del Rapporto Svimez fa da inevitabile pendant il silenzio sull’accentuarsi del divario, e dunque sull’aggravamento della questione meridionale che pertanto perde la sua connotazione di “questione”, viene derubricata a un dato di fatto, come l’arrivo del freddo quando è inverno. È come il cane che si morde la coda: l’accentuarsi del divario è prodotto da un’evidente (ma negata, taciuta, ignorata) crisi delle politiche per il Mezzogiorno, crisi a sua volta determinata più o meno dalle stesse ragioni, culturali e politiche, che spingono i direttori dei giornali a preferire Bianca Atzei e le navi di Venezia al Rapporto Svimez.
Per dirla brutalmente: del Sud non frega più niente a nessuno, e di questo passo ben presto anche i meridionali si convinceranno che il loro sottosviluppo è inevitabile come il cadere delle foglie d’autunno.
E poi, il Sud non è più trendy. Nella società dello spettacolo, prevalgono i colpi di teatro.
Come sottolinea più volte il rapporto della Svimez, il Mezzogiorno avrebbe bisogno di investimenti e strategie di largo e lungo respiro, più che di bonus fiscali. Ma questi ultimi fanno audience, producono effetti nel breve periodo.
Più o meno lo stesso accade sui grandi media: il gossip e le notizie cotte e mangiate fanno vendere copie o migliorano gli indici di ascolto. A chi volete interessi più l’approfondimento?
Non è per niente un caso che sui giornali e in televisione oggi si parli assai di più della questione settentrionale, sancita ufficialmente dai due referendum regionali del Veneto e della Lombardia. I meridionali non possono fare altro che rassegnarsi.
Geppe Inserra
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