Foggia è una città che nel corso della sua storia plurisecolare ha dovuto fare spesso i conto con la damnatio memoriae. Guerre, terremoti, saccheggi ed altri accidenti hanno rarefatto e talvolta distrutto i segni della memoria, e le tracce dell’identità, quei simboli che portano chi vive in un luogo a farlo con maggiore consapevolezza, se non con orgoglio.
È tutto perduto? No. L’oltraggio del tempo e l’inclemenza della storia hanno cancellato molte tracce, ma non tutte. Dobbiamo abituarci a ritrovarle nel dettagli, che spesso racchiudono suggestioni, emozioni da riconquistare, una bellezza da riscoprire.
Come la Cripta della Cattedrale. Ringrazio di cuore Enzo Ficarelli per il suo splendido contributo su un particolare poco noto della bella lapide incastonata sulla porta d’ingresso della cripta, che racconta e svela il significato teologico della Cripta stessa.
Un dettaglio pieno di magia, di fascino e se volete di mistero, che dovrebbe spingerci tutti a guardare con più attenzione le strade e le piazze della città, cogliendone i tanti particolari che ci riconsegnano l’antica bellezza.
La porta d’ingresso della Cripta , sub corpore della nostra Cattedrale, è ornata da una lapide che rappresenta un eloquente manifesto dichiarativo della finalità stessa del sacro luogo, il Santo Sepolcro.
La lapide in basso riporta l’acronimo
Ma cosa sono quegli anelli a sinistra e a destra della lettera D?
Sono due UROBORI.
L’Uroboro , da ouroboros composto di Oura (coda) e Boros (che morde),
è un simbolo eloquente e molto antico.
È un serpente che si morde la coda e la inghiotte chiudendosi in un cerchio ricreandosi continuamente e rappresenta l’infinito, la perfezione, l’immortalità.
È pertanto un simbolo palingenetico , di rinascita, della vita che dopo la morte si rinnova.
Simboleggia il potere che divora e rigenera se stesso, la metafora di una riproduzione ciclica e di conseguenza l’eternità, iconogaficamente rappresentata dal cerchio stesso.
Enzo Ficarelli
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Sempre i teressanti gli interventi di Enzo.
Si tratta delle maniglie del sacello funerario e non di due ouroboros, altrimenti privi di funzione in un contesto scultoreo sacro. Un esempio simile si può vedere nella tomba di Pio II (Basilica di Sant'Andrea della Valle in Roma) nel rilievo centrale, nella rappresentazione della consegna della reliquia della testa di S. Andrea al papa. Nell'arte scultorea e pittorica non è così raro imbattersi in questi due elementi. Ricordo quando, anni fa, con la professoressa Maria Stella Calò Mariani, noi del corso di arte medievale dell'Università di Bari, avemmo modo di osservare il bassorilievo.