Non è la prima volta che vandali e/o criminali e/o mafiosi violentano la bellezza, oltraggiano la conoscenza. Accade qualche anno fa alla Città della Scienza di Pozzuoli distrutta da un incendio doloso di cui c’è un presunto colpevole, ma non un perché. Accadde già in terra dauna, alla Tomba della Medusa, vandalizzata dai soliti ignoti. Ma perché?
Perché accadono eventi criminali, come quelli di Pozzuoli e di Foggia, o quello, ancora più grave, che questa notte ha pesantemente danneggiato la Villa Romana di Faragola, gioiello archeologico pugliese, ubicato nella piana di Ascoli Satriano, sotto lo sguardo dei Grifoni policromi, meraviglia dell’arte classica?
Il polo di Ascoli Satriano è tra i più nuovi ed innovativi della Capitanata e del Mezzogiorno. Proprio a Faragola si sperimentavano politiche museali avanzate, e rivolte a creare un modello virtuoso, che mostrasse come un museo può produrre ricchezza e occupazione.
La speranza è che le indagini prontamente avviate individuino responsabili e motivazioni dell’efferato gesto. Ma questa tragedia culturale lancia un messaggio preciso, agghiacciante: i poteri criminali odiano la bellezza, che è luce, bagliore che squarcia le tenebre, speranza di futuro.
Per prosperare, la mafia ha bisogno di oscurità, del brutto che diventa costume di vita e, non a caso, alligna nelle aree dove più forti sono l’alienazione, la disgregazione, il disagio. La bellezza è fattore di sviluppo, dove è invece il sottosviluppo l’humus su cui la mafia può costruire le sue fortune.
Agli investigatori e ai magistrati il compito di individuare e punire i colpevoli.
Alle istituzioni nazionali, regionali e locali la responsabilità di mettere in sicurezza le aree archeologiche e i beni culturali, troppo spesso abbandonati a se stessi, senza custodia, senza vigilanza, alla faccia di tutti i roboanti proclami sulla cultura come risorsa e come investimento.
A noi cittadini spetta, però, il ruolo più importante: riconoscere la bellezza che comunque affiora anche dove dilaga il degrado, coltivarla, proteggerla, indicarla come strumento per costruire il domani e sconfiggere quelli che vogliono distruggere il futuro.
Giuliano Volpe, rettore emerito dell’Università di Foggia, presidente del Consiglio Superiore Beni culturali e paesaggistici, è l’archeologo che ha scoperto l’area archeologica di Faragola e ha contribuito a farla diventare un punto di riferimento: commenta affranto (“I longobardi non avevano distrutto la villa di Faragola, le avevano dato nuova vita e nuove funzioni. I nuovi barbari l’hanno incendiata!”) l’accaduto ma lancia un appello. A tutti. Reagiamo. Non si può non accoglierlo.
g.i.
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La minimizzazione di questo nostro patrimonio, ad Ascoli come in tutta la Capitanata, che affonda le proprie radici nella Preistoria passando per il mondo greco e romano, nasce nell'ambito di una visione ottusa, ma egemonica anche nel mondo politico ed economico, che antepone altri interessi (ad esempio, lungo la costa, il turismo estivo, legato essenzialmente al consumo del territorio). Altri interessi, di natura privatistica, antitetici e in competizione antagonista con il nostro patrimonio culturale che ha bisogno di regole, di tutele, di rispetto. Dove sono in concreto queste regole e queste tutele?
Riferendomi al Gargano, di cui ho una conoscenza più diretta, oggi sarebbe ancora più necessaria, come ha scritto Marina Mazzei nel testo "Gargano Antico", "una programmazione degli interventi che tenga conto delle enormi potenzialità offerte da una politica di valorizzazione dell' antico… nel caso del Gargano l'aspetto paesaggistico e ambientale del promontorio non può far passare, così come invece accade, in secondo piano il valore che l'antichità riveste… "
E' quello che accadeva quando la Mazzei scriveva ed è quello che accade oggi: un intero patrimonio culturale è stato sacrificato a logiche privatistiche difficili da comprendere dal punto di vista dell'interesse pubblico, che pure andava. e andrebbe, tutelato. Non è solo questione di piccola e spicciola criminalità legata ad interessi edificatori o di potente e organizzata mafia. E' anche il risultato della mafia dei "colletti bianchi" che poco e male si chiama in causa e di cui quasi mai si analizzano gli effetti devastanti.
Mi chiedo che interessi aveva la "mafia" per distruggere questo sito? Come mai se era stato costruito con materiali ignifughi è bruciato totalmente? Un locale come quello doveva o meno avere un impianto antincendio per tutelare i visitatori e i mosaici?