Giuseppe Messina, autore del bel libro “Papaveri rossi – Il soffio caldo del favonio”, di cui abbiamo parlato in questa lettera meridiana, interviene nel confronto sulla questione meridionale, che da qualche settimana sta appassionando i lettori del blog.
Messina risponde, in particolare, all’articolo Il vero problema è il Sud in cui Maurizio De Tullio aveva affrontato, tra l’altro, il delicatissimo problema dell’editoria e della informazione locale, che a suo giudizio sono fonte di ulteriori diseguaglianze nel tessuto economico e civile del Mezzogiorno, determinando, appunto, tanti Sud nel Sud. Ecco l’interessante contributo di Giuseppe Messina.
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Non si può non essere d’accordo con Maurizio De Tullio. Andando un poco più lontano troviamo Gaetano Salvemini, che sosteneva che il Sud avrebbe dovuto risolvere da solo una certa “Questione” (quella “Meridionale”, per intenderci): credeva che il Sud ne avesse la capacità, ma, al tempo stesso, temeva che la conduzione della cosa pubblica finisse in mano a quel ceto che ” è, nella vita morale, quel che è, nella vita fisica del paese, la malaria” . Il molfettese lo scrisse alla fine dell’Ottocento: aveva uno sguardo lungo sulle cose e sugli uomini, e aveva valutato che al Sud sarebbero toccati quelli sbagliati per realizzare la sua crescita, uomini di vedute corte, di media se non bassa cultura, partoriti da quella piccola borghesia, che diventerà grande all’ombra della politica.
Tommasi di Lampedusa e “Il gattopardo” sono significativi in questa denuncia, con i Sedara che prendono il posto dei Salina.
Il vento da Bretton Woods, nel 1944, viene colto da quelli e partorisce la Democrazia Cristiana, che veglia sul Sud e lo riempie di grandi stabilimenti, inventando una inesistente vocazione industriale e cancellando quella agricola autentica e millenaria: dal 1954 al 1970 in cinquemilioni lasciano le campagne. Pare che neppure il PCI se ne accorga.
Aldo Moro, la politica pura, e i Gava, il mondo dei faccendieri, con tutte le sfaccettaure del puro interesse personale, si fronteggiano con i risultati che vediiamo: campagne abbandonate, un altissimo tasso di disoccupazione, i nostri “cervelli” costretti a migrare, la percentuale più bassa nella lettura dei giornali e dei libri (un pugliese legge lo 0,67% di un libro all’anno contro la media nazionale dell’1%) il numero dei fallimenti nei più svariati settori…..
L’articolo di De Tullio trasuda amarezza totale nella denuncia della stampa e dell’informazione nella nostra città, dove c’è una Foggia nella Foggia, dove la presunzione, che è madre dell’ignoranza, fa a gara con la superficialità ed il pressappochismo, dove vanno avanti e appaiono quelli che meglio sanno vendersi, dove l’umiltà non si sa cosa sia.
Eppure, uomini colti non mancano, ma solo pochissimi ci fanno respirare un poco, quando “quelli” glielo consentono, giusto il tempo perché la protesta e la rabbia non esplodano: e noi, purtroppo ci accontentiamo e stiamo zitti.
Geppe Inserra sa che ho fatto un’ esperienza recente con un mio libro, un libro che un gran numero di Foggiani ha letto (oltre a non pochi Padovani, Milanesi, Torinesi, Romani…), Foggiani ai quali il libro è arrivato attraverso varie presentazioni e canali di distribuzione, ma non per la sola via che, nella nostra Città, sembra obbligatoria anche per la presentazione in alcune scuole, una via che passa attraverso una struttura, che relega gli scrittori locali in un angoletto nel pieno rispetto de IL SUD NEL SUD e nella mancanza di rispetto per la città che la ospita e le consente di sopravvivere.
Per fortuna, ho incontrato alcuni dei “pochissimi” (Saverio Russo, Luigi Miranda, Gloria Fazia, Simonetta Bonomi e non solo) che mi hanno sostenuto alla faccia del “nemo propheta in patria” e del ” nemo foveano in Fovea” . Ma ho detto non solo, perché ho trovato tanti tanti cittadini disponibili all’incontro con la cultura e al bisogno di questa.
Bisogna inventare e pretendere più spazi, stanare le persone giuste e mettere a disposizione di tutti le proprie capacità: c’è una Foggia nella Foggia che può ancora alzare il livello di vita di tutti e battersi per creare una migliore offerta di vita per i giovani e che consenta anche ad uno scrittore non più giovanissimo di pubblicare un suo libro con un editore Foggiano, che, insieme al suo campanilismo, gli concretizzi l’ambizione di portare lontano “il suo lascito sapienziale”, come sostiene Graziano Infante.
Giuseppe Messina
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