Quando a Foggia la sosta sul corso era vietata. Ma ai pedoni.

È proprio vero che le antiche foto raccontano un’epoca. Quelle di oggi, colorizzate con l’algoritmo di intelligenza artificiale che gli amici e i lettori di Lettere Meridiane hanno imparato ad apprezzare, riguardano entrambe il cuore pulsante di Foggia: corso Vittorio Emanuele, ripreso da due punti di vista diversi: l’inizio, che coincide con l’attuale isola pedonale, all’incrocio con piazza Giordano e Corso Cairoli, e il tratto centrale, all’incrocio con Corso Garibaldi e piazza Oberdan, dove campeggiano i primi grandi magazzini aperti a Foggia, e cioè la Standa.
Le due foto sono state scattate a pochi anni di distanza l’una dall’altra. La più antica è quella che mostra l’inizio del corso, e risale agli anni Quaranta. La seconda fa vedere, invece, com’era Foggia negli anni Cinquanta.
Nell’una e nell’altra immagine, il corso sembra particolarmente affollato e vissuto. Si intravedono bar con tavolini, l’atmosfera complessiva è quella di una città non diciamo opulenta, ma non povera, capace di gustarsi la vita e di ritrovarsi in strada e in piazza.

Le automobili circolanti erano ancora poche, come pure le biciclette, a conferma del fatto che la popolazione foggiana non ama le due ruote, nonostante la città offra un habitat ideale per i ciclisti, essendo completamente pianeggiante.
Invece i pedoni erano tantissimi. E lo struscio per il corso doveva venire praticato con una certa lentezza, al punto tale da indurre le amministrazioni comunali dell’epoca ad adottare un provvedimento a dir poco curioso, che a distanza di decenni fa sorridere.
Se guardate bene la foto della Standa notate a sinistra un cartello che vieta la sosta ai pedoni. (È evidenziato con un cerchio rosso, per vederlo bene scaricate la foto in hd, come spiegato alla fine del post)
In realtà la misura aveva una sua ratio. Piazza Oberdan era in quegli anni una sorta di ufficio di collocamento plein air. I braccianti in cerca di lavoro per il giorno dopo, vi si recavano e sostavano in attesa di qualcuno che li ingaggiasse, il che doveva creare una certa confusione e più di un ingorgo… pedonale.
Era, in ogni caso, una città del tutto a misura d’uomo. Molto diversa da quella caotica di oggi. Non lo pensate anche voi?
La procedura di colorizzazione è stata attuata utilizzando un algoritmo fondato sulla intelligenza artificiale profonda, che applica la tecnica di Satoshi Iizuka, Edgar Simo-Serra e Hiroshi Ishikawa (Let there be Color!: Joint End-to-end Learning of Global and Local Image Priors for Automatic Image Colorization with Simultaneous Classification).
Ricordo che tutti i giorni, o quasi, durante il periodo estivo, Lettere Meridiane ha regalato ad amici e lettori antiche foto in bianco e nero, cui vengono applicate le tecniche prima descritte.
Trovate le immagini “colorizzate” precedenti qui.
Qui sotto, invece, i collegamenti per scaricare le foto offerte oggi, in alta risoluzione.

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Author: Geppe Inserra

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