Lucera è una città simbolo della Capitanata, più precisamente di quel declino che ha colpito la terra dauna, senza che si sia riusciti a invertire la rotta. L’immagine che illustra il post è tratta da una cartolina e raffigura quello che era una volta uno dei simboli riconosciuti e condivisi della città: il suo tribunale di questa città. Domani, ricorreranno quattro anni dalla soppressione, che fa il paio con un’altra, dolorosa, défaillance: quella del suo ospedale.
L’uno e l’altro erano una volta sede di illustri giuristi e medici. Erano l’onore e il vanto della cittadina.
Non succede spesso che un palazzo di giustizia finisca su un cartolina. Se a Lucera è successo, è proprio per i valore simbolico dell’istituzione e dell’edificio che la ospitava. Abbiamo voluto “colorizzare” la foto, che risale al secolo scorso, e che era originariamente in bianco e nero, a significare e a sostenere la speranza di riscatto e di futuro che la gente lucerina continua a nutrire. Potete scaricarla in alta risoluzione cliccando qui.
Come Massimiliano Monaco, docente, cultore di storia locale, e presidente del comitato di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, che celebra l’amara ricorrenza riscoprendo un vecchio articolo di Pasquale Soccio che, già nel 1945, rifletteva con la lucidità e la responsabilità sul diritto di Lucera ad avere la sede del Tribunale.
“Ricorre tra qualche giorno il funesto anniversario della soppressione – manu militari – del glorioso Tribunale di Lucera – ha scritto Monaco sul suo profilo Facebook – . La chiusura di un Santuario della giustizia italiana, improvvida quanto insensata, anche e soprattutto da un punto di vista economico, rimane una ferita aperta nella storia non solo di una Città, non solo di una Provincia o di una Regione, ma della stessa Repubblica Italiana e suona ancora come una condanna a morte. I risultati, dopotutto, sono sotto gli occhi di tutti: Foggia rimane una delle province meno presidiate di tutte da parte dello Stato. A quattro anni da quel fatidico 14 settembre 2013 ci piace riproporre una riflessione scritta nel lontano 1945 da un uomo di indubbia e rigorosa onestà morale e intellettuale, grande pedagogista e conoscitore del pensiero vichiano: Pasquale Soccio. Articolo disinteressato quello di Soccio, non essendo lo scrittore né foggiano né lucerino (era nato a San Marco in Lamis nel 1907), città a lui egualmente care e dunque non potendo egli essere tacciato di “partigianeria”.
L’articolo, dal titolo emblematico: “Non si uccide una Città”, apparve su L’Azione Democratica del 18 gennaio 1945, giornale da lui diretto, che raccolse tra 1944 e 1946 le migliori energie intellettuali della nostra terra. Il grido di allarme – conclude Monaco – rappresenta ancora oggi, per autorevolezza e oggettività, uno dei più sinceri appelli a condividere, a beneficio di tutti, i punti di forza e i punti di debolezza tra i centri della nostra provincia.
Apprendiamo, dunque, dalla viva voce del Preside Soccio questa grande lezione di civiltà.
[…] Le ragioni, che alimentano la contesa, possono tutte allinearsi in due ordini: quelle d’ordine pratico (geografico-economico-amministrativo), da una parte, e d’ordine storico-morale dall’altra. Ponendo le prime in bilancia, il piatto foggiano, a primo occhio, può sembrarci più pesante. Ma anche su questo ci sarebbe lungamente da discutere […]. Né ci si venga intanto a ripetere e a riproporre quella burocratica e barbarica esigenza moderna che è la così detta uniformità amministrativa: si deformano e snaturano così i più delicati e alti istituti civili. Si guardi in proposito alla chiesa, onusta di accorta sapienza storico-politica, quale sacrosanto rispetto conserva, per esempio, a tante antichissime circoscrizioni diocesane. E veniamo così a dover tenere conto maggiormente dell’altro ordine di ragioni: quelle cioè storico-morali. Ma se poniamo queste al peso, la bilancia ha un tracollo: il piatto lucerino grava pesante di diritti al fondo e quello foggiano [o di altra media città della provincia – ndr] salta clamorosamente vuoto, in aria. Esistono diritti storici acquisiti che il manometterli è non solo offesa alla giustizia, ma sacrilegio contro la civiltà. Se già in questa ormai misera vita proprio noi italiani ci spogliamo anche di questo forte sapore di storicità che ci accompagna e conforta, con tutti i suoi motivi ideali e valori spirituali conquistati, non sappiamo che cosa possa più distinguere l’uomo colto civile e umano da quello della selva e della caverna. L’odierna barbarie della cosiddetta praticità tende purtroppo, per dirla col Vico, a fare di alcune città, selve. Bisogna invece muovere da quei motivi ideali e storici nella questione; e in una definitiva soluzione della controversia, come di altre consimili, qualsiasi futuro riformatore di circoscrizioni giudiziarie non può non tener conto di così gravi ragioni senza offendere il nostro sentimento di persone civili. Sull’insegnamento di Vico e di Foscolo (dal dì che nozze, tribunali ed are, diero alle umane belve esser pietose), riteniamo l’istituto della giustizia uno dei più alti contrassegni del viver civile e il luogo dove essa si celebra, un tempio; e i tempii, come si sa, sono inamovibili. Diversamente, molte, facili e ridevoli illazioni lasciamo alla penna! La verità è che Foggia, città di grande avvenire, posta fortunatamente su uno dei punti di convergenza delle grandi linee del nuovo traffico mediterraneo (e lo abbiamo notato in questa guerra), per essere la grande Foggia, che tutti noi desideriamo, non ha proprio bisogno di spogliare gli altri Comuni della sua provincia di qualche loro ufficio o pregio; e tanto meno di un tribunale, per il comodo di qualche avvocato [o magistrato – ndr]. E se Foggia è tutta protesa verso l’avvenire, Lucera invece, trae dal suo passato: figlia prediletta della storia, che vi ha deposto tanti segni gloriosi degli umani secoli, è, nel confronto con altre storiche regioni, la nostra miglior patente di nobiltà, il nostro vanto. Di questa cara città non c’è sito o via, anche secondaria, che non ci dica qualche cosa di vivamente umano, quasi un messaggio affettuoso d’altri tempi e d’altra umanità. Togliendole gli uffici giudiziari, magri sarebbero i vantaggi politico-economici di Foggia e d’altri Comuni, ma enorme la perdita morale di Lucera. Ebbene non si uccide una città; né è giusto e nobile respingere anche la nostra Lucera nel novero triste di tante città italiane del silenzio. Già Lucera, nei fortunosi tempi che volgono, ha molto perduto, e il tribunale, che le resta, è più una vestigia, un simbolo vivo di un glorioso passato. E si lascino intatti questi simboli, a chi nel passato, trova, specie nell’ora presente, grandi motivi di conforto. […]
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