San Lorenzo in Carmignano, quanta storia e quanta fede

Devo a Raffaele De Seneen (che assieme a Romeo Brescia ha dedicato alla festa di San Lorenzo un bel post sul FoggiaRacconta) la scoperta di questo interessante articolo di Mario Menduni, comparso sul Corriere di Foggia del 27 gennaio 1949.
Non sono in grado di stabilire la veridicità di tutte le notizie che vi si riportano, ma lo scritto di Menduni rappresenta una preziosa conferma della importanza storica che il sito di San Lorenzo in Carmignano ha avuto nel corso dei secoli.
Mario Menduni è stato un avvocato, giornalista e scrittore di un certo prestigio che ha operato a Foggia nella prima metà del secolo scorso. Autore di alcuni libri importanti sulla storia di Foggia (la cui amministrazione gli ha anche dedicato una strada) racconta a proposito di San Lorenzo di quando vi si svolgeva una festa particolarmente sentita dai bettolai foggiani, rilevando che già dal 1948 si trattava di una tradizione ormai scomparsa.
Menduni conferma anche che proprio presso San Lorenzo sorgeva la Domus Pantani di Federico II (che non è dunque la Masseria Pantano che sorge all’estrema periferia della città), e racconta altri interessanti episodi, come il fatto di sangue che portò alla resa del bandito Nicola Morra.
Potete leggere l’articolo, intitolato Vicende storiche del casale di San Lorenzo in Carminiano, di seguito. Cliccando qui invece potete scaricare il ritaglio, tratto dal Corriere di Foggia. Il disegno che illustra il post è dello stesso Menduni. Buona lettura. (g.i.)

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Chi s’avvia da Foggia per il tratturo San Lorenzo, dopo circa tre miglia, giunge alla masseria omonima attualmente appoderata dall’O. N. C.
Al centro di essa esiste tuttora una chiesetta, di modeste dimensioni costruita su di una amena collinetta lambita dal torrente Salice. La località è denominata San Lorenzo in Carminiano, fa forte del tenimento di Troia ed il tempietto dipende da quella Diocesi.

Come molti ricorderanno “a feste de Sande Lavrinze” era solennizzata dai bettolai foggiani i quali, su “i’ traini” carichi di gente, vi si recavano tra canti, suoni, strilli e… barili di vino. Le numerose comitive, giunte sul posto, seguivano devotamente in processione la immagine del Protettore, assistevano a varie funzioni sacre ed indi organizzavano bivacchi allietati da musica, balli folkloristici, palii, corse di asini ed altre attrattive del genere, che divenivano sempre più chiassose man mano che i decalitri venivano dimezzati.
Purtroppo però anche questa tradizione, come tante altre, è scomparsa ed anche il ricordo si va estinguendo. Affinchè la storia remota della località non si perda con la fine della tradizione, giova riferirne le sue alterne vicende che interessano particolarmente il periodo medievale delle dominazioni straniere in terra di Puglia.
Nel 1069 Roberto il Guiscardo invase la nostra Provincia, a quell’epoca popolata di molti casali, ed in tale circostanza costruì in uno di essi la chiesa di San Lorenzo donandole un Ostensorio d’argento, contenente alcune reliquie del grande Martire, con alla base la seguente leggenda S. Laurentius in Carm. Rob. Dux A. D. MLX.
Essendo il casale sin dalla sua origine un centro abitato ed avendo un proprio tenimento, passò nel 1092 in proprietà del Capitolo di Troia, retto dal Vescovo Gerardo, per donazione di re Ruggiero. Con altro diploma di re Guglielmo nel 1156 la concessione fu rinnovata ed il rescritto venne successivamente trasfuso ed inserito in una Bolla Pontificia da Papa Clemente IV e confermato con una Bolla da Innocenzo III. A seguito di tali sovrane concessioni si autorizzò anche il Vescovo di Troia a portare il titolo di Barone di San Lorenzo in Carminiano.
Stabilitosi, poi a Foggia Federico II dispose che nelle vicinanze della città sorgessero cartelli e ville ad uso di caccia e di diporto. Così anche San Lorenzo ebbe una splendida villa ed un magnifico castello ove spesso l’Imperatore amava concedersi brevi periodi di riposo e lieto soggiorno.
Nel 1225 la villa, con i suoi casamenti che venivano chiamati domos valde pulcras, ebbe l’onore di ospitare — oltre che la Corte di Federico – Giovanni di Brienne re di Gerusalemme, suocero del Re svevo.
Scomunicato dalla Curia Romana Federico II, che si trovava inoperoso in Palestina, venne a sapere che molte città del suo regno si erano ribellate e passate sotto la protezione del Papa. Decise allora di rientrare in Italia per rioccupare i suoi domini. Tra le tante città del regno dimostratesi ostili v’era anche Foggia la quale si rifiutò di accogliere nelle sue mura il potente sovrano ed il suo esercito. Di fronte a tanta ingratitudine Federico fu costretto a ritirarsi con i suoi nella Villa di San Lorenzo da dove, preso da sdegno, lanciò la famosa minaccia:
Fogia, cur me fugis? cum te fecit mea manus?
Ut Video tibi est rector de capite vanus.
Non bene noscebam tuos, mala vipera mores.
A longe credebam te mihi pandere fores.
Pe facta maiorum capiuntura facta minorum;
Aspiu Barletum, quae manet vertice tristi.
Doleo si cogor te loedere factio nostra,
Sed si vis loedi, culpa erit et laesio tua.
Nox funditur terris; quid sit actura videbis.
Ut hodie si cras incoepta lege manebis; 
Per caput hoc juro semper sine fine dolebis.
L’epigramma fece il suo effetto: i foggiani riconobbero il torto, riaprirono le porte ed accolsero nuovamente il loro Re.
Morto Federico gli successe il figlio Manfredi.
Anche questi era in lotta con il Papato. Nel 1264 le truppe pontificie occuparono Foggia, ma non potendo questa città accasermare tutto il grande esercito, una parte dovette sostare nel castello di San Lorenzo in Carminiano.
Lo svevo, che si trovava a Bari, saputa la notizia, radunò l’esercito e marciò verso la Capitanata. A Foggia intanto i nemici si erano fortificati col materiale sottratto alle magnifiche case della riviera di San Lorenzo, deteriorandone di conseguenza la superba villa fatta costruire dall’Imperatore Federico.
Perché i due eserciti del Papa, l’uno assediato u Foggia e l’altro a San Lorenzo, non si riunissero, Re Manfredi si diresse prima in questa ultima località e avutane ragione, rivolse quindi le ormi sul capoluogo che egualmente espugnò.
Ridotto dunque il feudo ad una semplice borgata, gli abitanti abbandonarono a poco a puro il sito e si trasferirono nella vicina Foggia, contribuendo in tal modo ad aumentarne la popolazione, come risulta da antichi documenti esistenti nell’Archivio Episcopale di Troia.
Lo spopolamento della zona fu dovuto anche alla sua insalubrità, de terminata dal ristagno delle acque del Salice durante la stagione estiva ed Inoltre dalla eccessiva abbondanza di rettili che pullulavano per ogni dove mettendo a soqquadro la tranquillità delle famiglie sin nell’interno delle abitazioni.
Scomparso il borgo, un Vescovo di Troia ordinò il trasferimento dei beni della chiesetta di S. Lorenzo presso la Chiesa Maggiore di Foggia che accolse quindi, oltre le suppellettili ed
i corredi sacri, le reliquie del Santo. A tutt’oggi, però, si ignora la fine dell’urna vetusta. Si sa solamente che nel 1667 Monsignor D. Sebastiano Sorrentino. Vescovo di Troia, visitando per la prima volta la nostra Cattedrale, inventariò tra l’altro l’Ostensorio proveniente da San Lorenzo.
Nel XV secolo, con la Istituzione della R. Dogana, il tenimento veniva esentato dal pascolo delle pecore. L’Economo della Mensa di Troia, nel 1763, ricorreva alla R. Corte pretendendo 140 carra, versure 15 e corde 3 sul fendo S. Lorenzo; e la Corte assegnava invece carra 58 e versure 17, essendo il dippiù riscattato dal fisco come tratturo.
Per la cronaca rileveremo che, nel 1278, la direzione del lavori di costruzione del castello Lucera venne affidata al valente architetto maestro Francesco da Monte, chierico della chiesa di San Lorenzo in Carminiano.
E ci piace chiudere queste note col riportare un episodio degno di rilievo risalente a quel periodo in cui le nostre campagne erano infestate dal brigantaggio.
Chi non ricorda il famoso bandito Cola Morra che per anni dette filo da torcere alle autorità di polizia? Le sue leggendarie imprese ebbero termine proprio nel pressi della cappella di San Lorenzo.
Ecco come 1l’illustre storico Carlo Villani ne ricorda il fatto nella sua Cronistoria di Foggia:

“il 4 agosto 1880, Nicola Morra in compagnia del fido compagno Buchicchio (altro pericoloso brigante pur esso di triste memoria) cavalcavano entrambi in prossimità di San Lorenzo. Ad un tratto fu avvistata la carrozza del proprietario foggiano Giovanni Barone, che veniva dalla città alla sua masseria. Sedeva accanto al cocchiere un guardiano, ed entro, con lui, vi si trovava un altro giovane fattore, tal Domenico Grassi. Alla intimazione di fermarsi, il guardiano sollecitato dal suo padrone, rispose con una fucilata, che raggiunse il Morra al gomito; al che questi col Buchicchio fecero parlare anch’essi i loro fucili, e molto più sapientemente, perché ne rimasero uccisi il cocchiere ed il Grassi. In tal punto il Barone col guardiano ebbero il destro di aprire lo sportello e di darsela a gambe levate, mentre i due banditi, abbandonata l’ulteriore preda, si allontanarono di galoppo.
Alla distanza di quattro giorni il Morra, dopo essere rimasto celato in una casa a Cerignola, temendo che l’arto si cancrenasse per mancanza di cure, si vide nella necessità di scompagnarsi dal Buchicchio e di dare un addio alla vita brigantesca per presentarsi spontaneamente a quel pretore”.

Testo e disegno di MARIO MENDUNI

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Author: Geppe Inserra

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