È strano, e meraviglioso al tempo stesso, come un artista possa leggere fino in fondo una terra che ama, e raccontarla con la sua tavolozza, nella sua bellezza, ma anche nel suo dolore. Succede ai grandi artisti come Wolfgang Lettl, che amò profondamente Manfredonia, dove trascorse le sue vacanze per quasi quarant’anni.
Abbacinato dalla luce della città sipontina ritrovò il gusto e la potenza dell’impressionismo, lasciando una serie di opere di bellezza stupefacente, con cui racconta ed esalta il mare, le campagne, le masserie, i paesi che punteggiano la riviera garganica e il Tavoliere.
Potete ammirarle in mostra fino al 3 settembre, presso le ex Fabbriche di San Francesco, a Manfredonia.
Come ha mirabilmente spiegato sul figlio, Florian, durante la manifestazione inaugurale della mostra che si è svolta sabato scorso, l’affetto che nutriva per la terra dauna ispirò anche buona parte della sua produzione surrealista, cifra stilistica che più frequentemente praticava.
Della mostra e del racconto che Florian ha fatto delle opere paterne, mi ha particolarmente colpito Salmo 22, che vedete nella immagine che illustra il post e che rappresenta in un certo senso un’opera simbolica della Capitanata, del Mezzogiorno d’Italia.
“Nell’opera si notano due profonde esperienze di Wolfgang Lettl – ha detto suo figlio Florian – . La prima, la vista della croce nella cattedrale di Foggia. La seconda, l’incidente chimico successo a Manfredonia domenica 26 settembre 1976: all’Anic di Manfredonia esplose la colonna di lavaggio dell’arsenico dell’impianto per la produzione di urea. L’incidente provocò l’ immissione nell’aria di tonnellate di anidride arseniosa e di ossido di carbonio; quella mattina, le strade dell’area dello stabilimento erano colorate di una polvere gialla sollevata da terra di qualche centimetro.”
Lettl si trovava in vacanza a Manfredonia, nella sua villa allo Sciale delle Rondinelle, quando si verificò l’incidente che mise a nudo la fragilità del modello di sviluppo industriale di Manfredonia e della terra dauna.
La trasfigurazione surrealista del Crocifisso di Foggia, il disperato protendersi del Redentore sui bidoni di rifiuti chimici, con quel cielo giallo di sfondo che ricorda un’incombente Apocalisse è il grido di dolore che Wolfgang Lettl lancia per la nostra terra, incapace di apprezzare la sua bellezza, e di tradurla in risorsa di futuro.
Lo stesso grido di dolore, in fondo, che indusse Pietro Frasa a dare al suo Crocifisso (tra i pochi che rappresenti Gesù morto, e non agonizzante) quel sembiante così drammatico e realistico, che gli creò seri grattacapi con la Santa Inquisizione.
Con quella scelta il chierico svelava la sua idea di mondo da rivoluzionare attraverso la misericordia e la pratica dell’amore cristiano.
L’amore predicato da Wolfgang Lettl in Salmo 22 è più laico, ma lo stesso fortemente provocatorio, come è sempre l’amore, visionario, universale, totalizzante.
Foggia e la Capitanata dovrebbero adottare Salmo 22 come simbolo del loro sviluppo mancato, il prezzo tremendo pagato alla rinuncia della bellezza, che Wolfgang Lettl denuncia con una potenza ed un’efficacia assai più pregnanti di quanto potrebbero fare mille saggi di sociologia.
Views: 0