La pubblicazione dell’articolo del giornalista scrittore Curio Mortari, che paragonava Foggia a Barcellona e definiva il capoluogo Dauno “tropico d’Italia”, ha suscitato reazioni contrastanti tra gli amici e i lettori di Lettere Meridiane: qualcuno incredulo, qualche altro nostalgico, qualcun altro ancora decisamente scettico sulla funzione della memoria e sulla utilità della rievocazione degli antichi fasti della città.
Pubblicando il reportage comparso sul quotidiano torinese La Stampa il 9 marzo del 1934, non volevamo celebrare il passato, ma piuttosto mettere in evidenza le atroci contraddizioni della storia. Soltanto dieci anni dopo, i raid feroci degli alleati, nella tragica estate del 1943, avrebbero raso al suolo la “grande Foggia” così suggestivamente raccontata da Mortari, e prima di lui, soltanto qualche giorno prima, da Giuseppe Ungaretti.
Già questa (non fortuita) coincidenza dovrebbe, tuttavia, far riflettere. Per raccontare Foggia, laboratorio di un modello di intervento e investimento pubblico che ebbe valenza nazionale, nel 1934 si scomodavano poeti e penne di primo piano del giornalismo nazionale.
Ungaretti scriveva per la Gazzetta del Popolo, a febbraio del 1934. Nel mese di marzo dello stesso anno, La Stampa, giornale torinese come quello per cui scriveva il poeta, mandava in Capitanata il suo inviato speciale Curio Mortari, giornalista e scrittore specializzato in viaggi.
Tutto ciò è la conferma che Foggia era, all’epoca, al centro di una notevole attenzione da parte della stampa e della opinione pubblica nazionale: circostanza che non va enfatizzata più del dovuto, ma neanche rimossa o minimizzata, e che deve invece servire ad una più approfondita riflessione sulle ragioni che hanno portato la città all’attuale declino.
Tra i molti commenti, mi pare fotografi meglio lo spirito della iniziativa di Lettere Meridiane, quello dell’amico Nando Romano, che ha scritto: “Grazie come sempre per questa primizia purtroppo densa di banalizzazioni storiche se non errori: propaganda fascista e qualche verità. Chissà sé il cronista sapeva che era in programmazione anche il cosiddetto Centro Chimico poco oltre la Cartiera ove si sarebbe prodotta quella iprite che ancora oggi flagella i pescatori della marina.”
La storia non è mai lineare. Spesso, se non quasi sempre, procede a salti e a strappi. Per questo bisogna sforzarsi di capirla in tutta la sua complessità, e si rivela assai utile, a riguardo, la serie di reportage che Mortari dedicò a Foggia e alla Capitanata nella primavera del 1934, accomunati dall’occhiello, che recitava Tropico d’Italia.
Il titolo del secondo articolo fu:
Foggia, nuova città del Sud-Est
eccone il testo
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)- FOGGIA, marzo.
Siamo all’epoca delle architetture. Le città si rinnovano, specialmente in Italia. Segno fausto: dove l’architettura rinasce, è indizio di civiltà nuova. Il fenomeno colpisce soprattutto nell’Italia Meridionale. Qui il rinnovamento, anche per ragion di contrasti, è più palese. Si sono dovute picconare radici più profonde, aggrovigliate a una jungla sotterranea in cui evi, strutture, e talvolta anche terremoti hanno costruito, scomposto, sovrapposto, distrutto, rimescolato, creando babeli ignote. Nel Sud più che altrove si osserva come la tecnica edilizia abbia dovuto, da dieci anni a questa parte, marciare dì pari passo con un rivolgimento spirituale. Per scalzare le vecchie fondamenta è stato necessario demolire tutta una ossatura di tradizioni e, più spesso, d’abitudini; frantumare ruderi di particolarismi che facevano ostacolo ai piani regolatori.
Strati di secoli
Foggia può fornire un esempio tipico di questa Rivoluzione. E’ sufficiente interrogare uno qualunque degli abitanti per sapere da chi sia stato operato il mutamento. I sigilli mussoliniani, i segni di Roma sono evidenti ovunque.
A comprendere meglio l’importanza del rinnovamento bisogna rifarsi al paesaggio e ai costumi d’anteguerra. Foggia di quel tempo era la tipica città meridionale, uscita dalla sonnolenza borbonica. Era anche, senza dubbio, uno di quei pittoreschi conglomerati di evi che soltanto in Italia è possibile trovare.
Dominazioni e stili, sovrapponendosi e ibridandosi, avevano lasciato nella struttura urbana quell’amalgama di eclettismo, in cui era possibile sceverare volta a volta i segni dei Normanni e degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi, degli Spagnuoli e dei Borbonici. La città, benché fondata soltanto verso l’800, ebbe momenti illustri. Fu cara a Federico II che vi lasciò l’impronta del suo imperiale sigillo. Si osserva ancora, nella facciata d’una casa comune, il resto di un arco di curva romanica, sotto il quale una iscrizione perfettamente leggibile, testimonia dell’esistenza del palazzo imperiale. La Cattedrale, che sboccia da un quartiere un po’ angusto, ma pittoresco secondo la vecchia maniera, conserva sotto il campanile barocco, l’impalcatura normanna. Ma altri monumenti e documenti sono sparsi ovunque nelle chiese e nelle case. Si scoprono frammenti di colonne, gioielli di pietra, particolari d’arte chiusi, presi nel tufo giallo degli edifici ottocenteschi, come l’insetto nell’ambra. Talvolta le pietre squadrate che formano ancora le case dei poveri, rivelano la loro origine. Pietre antichissime indubbiamente, se è vero che Foggia, città di nascita medievale, fu costruita coi materiali derivati dall’antichissima Arpi, la città italiota che fu fedele di Roma, anche quando Annibale, ciclone africano, passava vittorioso su queste terre.
Vecchio folk-lore
Tuttavia, attorno a questo nocciolo gentilizio, crebbe anche la Foggia posteriore con tutto quel pittoresco brutto che mandava in visibilio gli acquerellari del passato.
Era l’epoca in cui, nella zona perimetrale della città, la popolazione viveva ancora in tane trogloditiche, a fior di terra, dette, nel linguaggio del paese, grotte. In questi abituri non era difficile vedere la convivenza dell’uomo e della sua prole con la pecora e l’asino. La città era pressoché senza risorse idriche.
La maledizione dell’arsura gravava su di essa, specialmente durante l’estate, quando le vampe canicolari alitavano dal Tavoliere. L’approvvigionamento dell’acqua era fatto da una schiera d’acquaioli stentorei, che versavano nelle loro botticelle affusolate, l’acqua dei pozzi sparsi per la città e la distribuivano poi alle case. Quanto al rifornimento quotidiano del latte, circa 250 mucche e mezzo migliaio di capre erano condotte, due volte al giorno, per le strade della città, anche dove più intenso era il traffico. Fra urla, mugli (mugghi, verso dei buoi, n.d.r.) belati e rintocchi di campàni, i lattari mungevano davanti alle soglie, alla presenza degli acquirenti.
La panificazione, esercitata in casa, soprattutto dalle donne, avveniva in modo curioso, certamente contrario a ogni norma igienica. In certi casi la farina veniva addirittura impastata coi piedi e la lievitazione, veniva effettuata nei letti, da poco abbandonati dalla famigliola, fra le lenzuola ancora calde.
Il mercato delle carni, del pesce, della verdura e della frutta si faceva nelle pubbliche vie, in baracche di legno, tra un disordine impressionante. In compenso c’erano molte, ahimè troppe, sale da barba, cioè quelle che oggi chiamiamo più modestamente parruccherie. Ma i pennelli giravano sempre nel medesimo ciotolino e i rasoi venivano lavati in un’acqua che rimaneva sempre la stessa. Quanto alle condizioni delle fognature e dei resti della convivenza umana, sarebbe doloroso rievocare qui un quadro che può ben dirsi a fosche tinte.
Non scrivo in base a mie ricerche: non faccio che citare dalla relazione che con il titolo Cinque anni di amministrazione fascista, il Podestà di Foggia, avv. Alberto Perrone, ha pubblicato recentemente, per dimostrare in qual modo, a questi quesiti del Passato, abbia risposto l’amministrazione fascista.
Rinnovamento
Soltanto da questo confronto puoi emergere l’enorme lavoro che è stato fatto, quello che si fa e quello] che è in progetto, per trasformare completamente una città che, oltre ai suoi meriti storici, ha la fortuna di sorgere al centro di una delle zone eminentemente granarie e più promettenti d’Italia: il Tavoliere. Ed ecco le risposte, eloquenti anche nella loro lapidarietà.
OPERE PUBBLICHE. — Radicale sistemazione stradale. Nella relazione presentata nel ’27 al Duce, veniva fatto presente come l’81% della superficie di Foggia fosse, dal punto di vista della viabilità, pressochè impraticabile. Oggi la città, sistemata da un piano regolatore, è in tutti i punti vitali solcata da un sistema d’arterie nuove diritte, lastricate o asfaltate; ha piazze chiare e alberate; è aerata da giardini e da zone verdeggianti. Nel solo giardino della Villa Comunale — una meraviglia verde della lunghezza di oltre un chilometro — gli alberi lussureggiano. In complesso, uno sviluppo di piantagioni per circa 9 chilometri.
EDILIZIA. — Foggia non è più la città delle grotte. Essa è oggi tutto un cantiere di costruzioni nuove. Nel suo cuore stanno per essere ultimati i solenni edifici che simboleggiano il prestigio dell’autorità: il nuovo Palazzo del Governo, le sede dell’Intendenza di Finanza e dell’amministrazione provinciale e il nuovo Palazzo del Podestà, opera dell’architetto Brasini. E tutt’intorno crescono palmizi adolescenti. In una vasta zona di terreno (10.000 mq.) prospiciente la piazza XXVIII Ottobre sta sorgendo il Palazzo degli Studi (architetto Marcello Piacentini). Il Duce, al quale si deve l’impulso diretto ed energico pel rinnovamento di Foggia, volle questo palazzo « non fastoso ma bello ». La sua sobria ed elegante massa occuperà circa 6000 mq. del terreno. E, con l’edificio massimo, altre costruzioni scolastiche fatte o in costruzione: le palestre dell’O.N.B. (progetto D’Autilia), la Casa dei Balilla, l’Istituto delle Marcellino (progetto Russo), il Campo sportivo del Littorio (progetto Marchini), il Deposito Cavalli Stalloni (architetto Placentini) che tanta parte ha nell’economia zootecnica della Puglia e dell’Abruzzo. Ma nei progetti per il rinnovamento edilizio della città meritano specialissima attenzione l’istituzione dell’Ente Autonomo Case Popolari, oltre agli altri provvedimenti intesi a facilitare questo genere di costruzioni.
Dare case al popolo. Questo programma ha un valore tanto più alto qui dove le condizioni d’abitabilità, specialmente nella periferia, erano scese in passato a un livello indegno della dignità umana. Perciò l’Amministrazione comunale provvide a far chiudere, dichiarandole inabitabili, oltre 350 grotte e cercò di accelerare sia pure tra alterne vicende, il ritmo delle nuove costruzioni.
BORGHI RURALI – In questa vasta opera iniziale intesa a dare nuove case al popolo, merita soprattutto attenzione il progetto, pel borgo dell’Incoronata, il primo d’una serie di « borghi rurali» che tendono a ricondurre nei campi una parte della popolazione agricola che vive ancora in città. Questo decentramento dei ceti agricoli costituisce un aspetto originale e interessante della nuova vita del Tavoliere, di cui parleremo più diffusamente in altri articoli.
MERCATI – I mercati sono, nel Sud, la vita stessa che diventa spettacolo: pittoreschi, sonori, ridenti; ma soprattutto essi sono i grandi gangli d’una vita economica speciale Essi richiedono la più assidua cura di coloro che presiedono alle sorti d’una città. I vecchi mercati, disordinati e antigienici, di Foggia, sono scomparsi. Si è pensato a creare un mercato coperto, con completo impianto d’idranti, fontanini e fognature; pavimentazioni in asfalto e in cemento. Per il mercato del pesce, at mìssimo, si sono studiate pavimentazioni in asfalto e in cemento. Per il mercato del pesce, attivissimo, si sono studiate pavimentazioni in pietrini rossi, greificati, inattaccabili dagli acidi.
Così, in dipendenza del mercato, anche il problema della macellazione è stato modernamente risolto. Foggia ha un grande macello pubblico, con tutta una attrezzatura di servizi veterinari, igienici e di trasporto.
ACQUA E FOGNATURE. — Il gravissimo problema dell acqua fu risolto, per la Puglia in generale e per la Capitanata in particolare, con l’attivazione del grandioso Acquedotto del Sele. Esso è uno dei più grandi, luminosi meriti del Regime. Un altro problema fondamentale che la nuova Amministrazione potè risolvere grazie all’acqua del Sele, fu quello delle fognature, La vecchia rete di fognature creava uno stato di congestione, per così dire patologica, a tutta la città. Ora Foggia ha una rete quasi completa di nuove fognature, con appositi impianti idrici. Contemporamente è stato provviso a tutto un nuovo complesso di servizi – nettezza urbana, con autogrue, autopompe,carri e carretti a mano
SERVIZI ANNONARI. — Sono stati attuali radicali provvedimenti soprattutto per la panificazione e l’approvvigionamento del latte. Si tolsero molte licenze di panificazione privata; si chiusero forni antigienici; si provvide a incoraggiare l’istituzione di forni moderni; si esercitò una scrupolosa sorveglianza sul latte, sulla mungitura e sui recipienti, favorendo l’istituzione di una Casa del Latte, data a gestire all’azienda Fiorini.
PROVVEDIMENTI VARI. — Nell’opera intrapresa dall’amministrazione fascista vanno infine enumerate le provvidenze ospedaliere: funzione degli ospedali, progetto per la istituzione d’un sanatorio antitubercolare, lotta contro le malattie sociali, profilassi antimalarica, assistenza pubblica, « Croce Verde »,ecc, ecc. Infine va ricordato un esemplare servizio di vigili urbani e di vigili del fuoco.
E’ per quest’opera, che si potrebbe chiamare di bonifica urbana che Foggia si presenta oggi fresca, nitida, ariosa, pulsante di vita nuova, protesa verso nuovi destini. La sua posizione, al centro d’una vasta zona agricola è una promessa sicura.
Non esiste più la vecchia città del marasma meridionale: esiste una nuova grande città del Sud-Est.
CURIO MORTARI
Trovate qui, la pagina originale del quotidiano torinese.
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