Il bel video di Antonio Fortarezza sul degrado di Masseria Pantano, di cui abbiamo parlato in una lettera meridiana di qualche tempo fa, ha ispirato in Franco Antonucci questa appassionata e coinvolgente riflessione. Da leggere tutta d’un fiato. Su cui meditare. Da condividere. Grazie, Franco.
Sono disarmato. Senza voglia di. Senza speranze di. Senza più coraggio di.
La città che mi ha cresciuto non è mai stata giovane. Soggiogata da transumanze imposte, anche moderne, ancora quotidiane. Non è nemmeno mai invecchiata. È e non è. Ferma lì.
Non ci riconosce più. Non riconosce nemmeno i suoi amici e i suoi ricordi. Quando Federico era qui con noi, nei dintorni, dappertutto. Federico che popolava questa fovea calda di passione e di colori esotici sgargianti. Oggi solo imbuto di torrido caldo meteorologico.
Ora che i tanti comuni Cittadini foggiani, ammutoliti, guardano ai pochi archi sfondati di Federico, i denti cariati già cadono, ingoiati per lo stomaco. O aspettano che tutto inciampi negli sterpi e nei rifiuti.
In attesa meditativa senza luce i personaggi che contano, invece, contano solo i numeri della grigia edilizia di contorno. Ultimo illusione per uno sviluppo senza sangue, e voltano lo sguardo altrove. Verso asettiche modernità più remunerative.
E tu Federico muori la seconda, la terza, la quarta volta. Reale figura, ti dimenticheremo per scelta dei realisti senza meta. Loro che dicono di capire tutto.
Quello che resta? Solo romantico di…
Eustacchiofranco Antonucci.
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Una splendida poesia. m.d.t.