Quella prima foggiana di Paolo Villaggio

Il compianto e indimenticabile Paolo Villaggio non è mai stato a Foggia, però quel tempio della settima arte che è stato il Falso Movimento ha ospitato la prima di un film che lo vedeva protagonista (uno dei migliori, che andrebbe rivisto e rivalutato). Io c’ero e voglio ricordare il grandissimo Villaggio raccontandovi la storia di quella serata.
Accadde nel 1994, per iniziativa dell’Aiace, associazioni di cinefili presieduta da Vittorio Affatato e diretta da Mauro Palma. Il film era Cari fottutissimi amici… ed  portarlo a Foggia fu l’autore, Mario Monicelli, padre della commedia all’italiana. Ambientata nella Toscana del 1944, la pellicola racconta la storia e gli espedienti di un gruppo di amici guidati da Ginepro Parodi detto “Dieci” (interpretato appunto da Paolo Villaggio) che tirano a campare improvvisando incontri di pugilato nelle fiere di paese.
Personalmente lo ritengo tra i film più belli che Monicelli abbia mai diretto, sempre in bilico tra i toni della commedia e quelli del dramma. Cari fottutissimi amici… ha un retrogusto picaresco che lo avvicina più a Brancaleone che non ad Amici Miei. Di certo rappresenta uno degli esiti più alti di una commedia all’italia che non si accontenta più di far ridere e basta, ma produce anche emozione e riflessione.
Villaggio si trova a suo agio nei panni del vecchio ex pugile, che affronta le insidie e la miseria della guerra, mettendo su la sgangherata compagnia di pugili itineranti, che durante il viaggio incontrerà tanti personaggi e vivrà tante storie, anche drammatiche. Monicelli riesce a descrivere con la consueta maestria il particolare contesto di quegli anni, con il fronte lontano ma la guerra ancora incombente nella vita quotidiana.
Ebbi il piacere di presentarlo io al pubblico che quella sera affollava il Falso Movimento. Monicelli confessò di aver scritto la parte pensando proprio a Villaggio, e di essere stata ripagato dalla interpretazione eccellente dell’attore genovese.
Di lì a poco, il film avrebbe ricevuto la menzione speciale al Festival di Berlino.

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Author: Geppe Inserra

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