Diventa bipartizan il fronte della protesta dauna contro la campagna pubblicitaria di Pugliapromozione che ha quasi del tutto oscurato la provincia di Foggia nello spot istituzionale “La Puglia è tutto uno spettacolo”. Anzi, ancora più che bipartizan, perché se ci può stare che Giandiego Gatta, consigliere regionale di Forza Italia, Rosa Barone, consigliera regionale del M5S, e il presidente della provincia nonché sindaco di San Severo, Francesco Miglio (sostenuto da maggioranze di centrosinistra) concordino sulla (ennesima fregatura) comminata alla Capitanata, che sull’argomento si ritrovino lo stesso Miglio e il suo storico rivale Dino Marino (Pd doc, e anche lui sanseverese), è davvero cosa che fa notizia. Del tipo l’uomo che morde il cane.
Scherzi a parte, chi pensava che le polemiche fossero limitate alle effervescenze dei gruppi del social ha di che ricredersi: il malumore e il disappunto per l’opinabile spot di Pugliapromozione stanno conquistando uno spessore politico sempre più consistente.
La prima voce di protesta istituzionale a levarsi è stata quella di Giandiego Gatta, vicepresidente del consiglio regionale: “Puglia, ‘lo spettacolo è ovunque’, tranne che nel Gargano e in tutta la Capitanata, secondo la Giunta regionale. Scorci incantevoli che propongono un Salento da favola, ma anche arte e cultura di tutto il territorio fino a Bari. A parte, appunto, il nord della Regione (se non una velocissima ripresa della Basilica di Santa Maria Maggiore di Siponto). Eppure, giova ricordare che proprio la provincia di Foggia ospita la regina del turismo pugliese, ovvero Vieste, prima località per numero di presenze estive. E non è l’unica perla della Capitanata, che annovera moltissimi luoghi che ogni anno aumentano il loro appeal sul mercato nazionale ed internazionale. È vero – ha concluso Gatta – il titolo di questa campagna, ‘Puglia, lo spettacolo è ovunque’, ma è anche vero che risulti ormai insopportabile, grave ed ingiustificata, questa costante disattenzione verso un territorio ambito dai turisti di tutto il mondo e trattato con pochissimo riguardo dal governo regionale”.
Qualche ora dopo la presa di posizione di Gatta, ecco quella della consigliera regionale Rosa Barone, del M5S: “per la Regione Puglia, per Pugliapromozione, non esistono il Gargano, le Tremiti, la Foresta Umbra, Monte Sant’Angelo, i Monti Dauni, ma siamo appendici inutili e da non promuovere. Non è certo il primo gesto di scortesia e dimenticanza per un territorio che resta il più visitato, e che ci batteremo per difendere e promuovere, nonostante una Regione matrigna.”
Non le manda a dire nemmeno il presidente della Provincia, Francesco Miglio, che ebbe nella sua giunta a San Severo, come assessore alla sicurezza e alla legalità, proprio l’attuale governatore regionale Michele Emiliano. Miglio punta il dito contro lo spot, sottolineando che “non è assolutamente bilanciato, poiché riserva un ruolo davvero marginale all’intera Capitanata. Devo sottolineare con orgoglio che in nessun’altra zona d’Italia, e credo d’Europa, vi sia la stessa varietà ambientale, paesaggistica e culturale della provincia di Foggia.
Dall’arcipelago delle Isole Tremiti, alle lagune di Lesina e Varano, dal Parco Nazionale del Gargano al Tavoliere, per arrivare ai Monti della Daunia, è tutto un variegato scenario di incomparabile bellezza e di paesaggi diversi…magici.”
Miglio conclude chiedendo “che la Capitanata, senza prevaricare alcuna zona del territorio regionale, trovi il suo meritato e doveroso spazio.”
Dino Marino lancia una iniziativa social, pubblicando sul suo profilo di Facebook una serie di fotografie della Capitanata di grande bellezza, e proponendo la costituzione di una comunità virtuale che faccia quadrato per difendere gli interessi della Capitanata. “La Capitanata è bella di suo, ma quelli di #weareinpuglia non ci promuovono, facciamolo noi. Riempite i Social di queste meravigliose immagini del #Gargano, queste sono solo alcune foto, pubblicate le vostre, costruiamo il #FronteCapitanata.”
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CALIMERO IL PULCINO NERO, METAFORA DEL FOGGIANESIMO
Calimero “pulcino nero” diventa tale dopo essere caduto nella fuliggine e, non più riconosciuto dalla madre si appresta a vivere alcune dolorose disavventure.
E’ amareggiato (“E’ una ingiustizia però!”) perché nessuno lo vuole a causa del suo piumaggio annerito ma poi, incontra una fanciulla che risolve il problema immergendolo nel mastello con acqua e detersivo (Ava come lava!”). Ed ecco Calimero ritornare a galla lindo e contento!
Il foggiano è come Calimero e la fuliggine è fango, calunnia, infamia che un certo linguaggio trasversale gli addossa.
Gli utilizzatori di tale linguaggio, si limitano tuttavia ad un visibile non tradotto; vedono Calimero coperto di fuliggine e lo respingono pur essendo anch’essi figli bianchi (così appare) della stessa chioccia.
Così noi i Calimero, “… ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati” (citazione di Bertolt Brecht).
DA UNA METAFORA ALL’ALTRA: LE PULCI CHE SALTAVANO
… ma prima dobbiamo dare una definizione del colonialismo nella sua dimensione nazionale e regionale.
La definizione di colonialismo racchiude in se racchiude un sistema di dominazione e di comunicazione dei propri valori economici, politici e sociali esibendo per ciascuno di essi tutta la sua superiorità.
Pino Aprile a proposito della cosiddetta Unità d’Italia, scrive di “riduzione del Mezzogiorno a colonia interna” al servizio del Settentrione per la fornitura di braccia, cervelli e materie prime, una posizione subordinata che comporta meno diritti ed espone alla denigrazione ed all’insulto.
“Una minorità – egli scrive – che alla lunga è stata considerata anche da chi la subisce (questo è un passo importante per lo smascheramento della minorità detta foggianesimo), naturale, endemica, meritata dalla quale uscire, somigliando il più possibile a chi la impone”.
“I meccanismi di costruzione della minorità – continua l’autore – sono potentissimi, veloci e duraturi, come dimostrano gli esperimenti fondanti della psicosociologia”.
E infine si pone quella domanda che noi tutti dovremmo porci anche nel caso del colonialismo regionale baricentrico di cui accenneremo: “Perché i meridionali si fanno trattare così?” che, diventa nel nostro caso: “Perché i foggiani si fanno trattare così?”.
Pino Aprile ci offre una interpretazione: “Un entomologo volle sperimentare se fosse possibile indurre degli esseri viventi, a modificare in modo radicale e permanente i propri comportamenti. Scelse delle pulci, una specie che ha l’essenza della sua natura nel salto. Ne racchiuse alcune in un contenitore di vetro. Le pulci presero a saltare e a sbattere contro il vetro sino a che smisero di provarci. A quel punto l’entomologo tolse il contenitore di vetro ma le pulci smisero di saltare. Il loro modo di agire specifico era cambiato per sempre. Il Sud è in quel contenitore di vetro da 150 anni”. Per analogia lo è la Capitanata almeno dal 1970 anno di istituzione delle regioni a statuto ordinario.
Tutto ciò ci introduce al colonialismo regionale così come lo definisce il sociologo americano C. Wright Mills: “Il manifestarsi del capitalismo nel suo aspetto colonialista, non avviene solo tra paesi diversi, ma anche all’interno di un solo paese o di una stessa regione. Il sottosviluppo territoriale si è accresciuto contemporaneamente, ed è il risultato conseguente dello sviluppo regionale e metropolitano”.
Il baricentrismo è quello che C. Wright Mills definisce “colonialismo regionale” e per analogia è responsabile della riduzione della Capitanata a “colonia interna” a disposizione del capoluogo regionale, una posizione subordinata che comporta meno diritti ed espone alla denigrazione ed all’insulto.
Una minorità, potremmo affermare parafrasando Pino Aprile che, alla lunga è stata considerata anche da chi la subisce, naturale, endemica, meritata (i baresi sono levantini, più capaci, trafficanti più furbi e via dicendo) dalla quale uscire, somigliando il più possibile a chi la impone.
Continua…
CALIMERO IL PULCINO NERO, METAFORA DEL FOGGIANESIMO
Una delle componenti più visibili del colonialismo regionale detto baricentrismo, è il linguaggio del colonizzatore, prepotente, senza vergogna, intimidatorio, strafottente, incolto e senza timore di essere contraddetto.
Ecco cosa ebbe a dire Michele Emiliano da Bari a proposito dell’aeroporto Gino Lisa nel corso della campagna elettorale del 2015 a Foggia: “"Quì ho capito che c'è un totem. E' un pò come un bimbo che chiede in particolare un giocattolo, sa bene che questo giocattolo è importante perché i giocattoli per i bambini sono importanti, li formano, li fanno crescere, li fanno diventare adulti, questo giocattolo quasi inarrivabile nella vetrina delle cose belle è, l'aeroporto di Gino Lisa".
Verrebbe da dire: “Ma come si permette di parlare in questo modo del nostro aeroporto, Lei che è presidente di una regione (inventata nel 1947 in modo meramente statistico), Lei che dovrebbe proprio in quanto presidente, rappresentare gli interessi di tutto il territorio regionale, Capitanata inclusa?”
Altro esempio di linguaggio colonialista, offensivo nei confronti nei nostri confronti, quello emerso dalla lettura delle intercettazioni tra il capo di Gabinetto di Nichi Vendola (di Bari anch’egli) Francesco Manna (campano) e del senatore Alberto Tedesco. Viene fuori il disvalore attribuito ai consiglieri foggiani nel consiglio regionale.
Roba da far percepire il termine “foggianesimo” come un romantico retaggio di una terra che in passato ha saputo chiedere al governo regionale. Nei colloqui confidenziali tra i due, viene facile l’accostamento ad un periodo particolarmente difficile per le coste pugliesi: lo sbarco degli albanesi negli anni Novanta. Sembra una forzatura, ma non lo è. Le carte dell’ordinanza del gip barese Desirèe Digeronimo nell’ambito della maxinchiesta sulla sanità pugliese parlano chiaro.
I due ridono
Manna: Vabbè insomma i problemi si sa, qua si sono presentati spontaneamente tutti i foggiani…
Tedesco: Caccia a tutti. Quando vedete uno di Foggia dovete cacciarlo, per definizione
Manna: Tutti insieme?
Tedesco: Tutti insieme!
Manna: Quindi ci vogliono i gommoni dall’Albania, guarda…
CALIMERO IL PULCINO NERO, METAFORA DEL FOGGIANESIMO
Ci rimangono a questo punto soltanto alcune riflessioni sulla chioccia bianca, gli altri pulcini bianchi e Calimero che non era stato riconosciuto in quanto annerito dalla fuliggine e respinto.
Costoro, i pulcini bianchi che non riconoscono Calimero, ci fanno riflettere sulla definizione di classe dirigente del Meridione al quale la Capitanata geograficamente e culturalmente appartiene. Ad essi rimproveriamo di continuare a non andare a fondo nella questione del baricentrismo e di cercare invece di giustificare se non somigliare a chi ci ha resi figli di un Dio minore.
L’interpretazione storica di alcuni autori, consiste nell’accusa alle classi dirigenti (in senso esteso) del Mezzogiorno (e della Capitanata) non di colpa, ma di un reato più grave, il dolo, imputando loro di avere deliberatamente ritardato lo sviluppo economico e civile del Sud Italia (e della Capitanata), a vantaggio dei propri interessi. Come pure sull’incapacità della classe media ad essere protagonista dello sviluppo economico e sociale. E questo vale anche per la nostra terra.
Noi Calimeri (quelli ammalati di foggianite) vogliamo che la nostra città cambi e per questo abbiamo bisogno di avere una classe politica capace di trasformarla in tempi ragionevoli e renderla competitiva, moderna, attraverso progetti di trasformazione del tessuto urbano, di mobilità, di attività industriali, commerciali, del terziario avanzato e per questo necessità di dotazioni infrastrutturali come un aeroporto funzionante, una nuova stazione sulla linea Bari Napoli che agganci i treni veloci, di collegamenti urbani rapidi legati al trasporto su rotaia come linee metropolitane di superficie e tramviarie che uniscano i nodi delle intermodalità tra i quali collocherei il nuovo casello autostradale dell’area industriale, l’aeroporto, la stazione centrale, la nuova stazione San Lorenzo da costruire in una visione di città policentrica ove il policentrismo costituisce dal punto di vista teorico, una sorta di opposizione alla interpretazione tradizionale della gerarchia urbana.
Non possiamo più permetterci che i baresi (gruppo di potere incentrato nella città di Bari) creino un bypass ferroviario a poche centinaia di metri dalla Stazione centrale di Foggia con il semplice cambiamento di un avverbio (da esclusivamente a prevalentemente treni merci che vuol dire anche passeggeri) o che s’inventino letteralmente una procedura di aiuti di Stato per bloccare l’allungamento della pista del Gino Lisa mentre la normativa europea non era ancora in vigore.
E, non ultimo , riteniamo che il presupposto di tutto ciò, sia impedire a Bari di nuocerci ulteriormente, utilizzando uno strumento di democrazia diretta previsto nella Costituzione, un referendum consultivo che porti la Capitanata fuori dalla Regione Puglia. Referendum che noi del Comitato referendario “Daunia chiama Molise” perseguiamo dal 2012 ma questa è una storia piena di ostacoli frapposti dalla politica che avremo modo di raccontare.
Concilio Vincenzo
Presidente del Comitato Referendario
“Daunia chiama Molise”