L’estate 2017 verrà ricordata come una stagione di particolare tensione nei rapporti tra i diversi territori pugliesi, con particolare riferimento al tema, sempre caldo, “baricentrismo e foggianesimo”.
Da un lato, c’è la tendenza del capoluogo regionale a polarizzare investimenti ed interventi (culminata con il treno diretto per Roma che bypassa Foggia, tenacemente voluto dal sindaco barese Decaro, i cui risultati dal punto di vista dei “numeri” sono però inferiori alle aspettative). Dall’altro, l’attitudine foggiana al lamento e al piagnisteo, che porta a vedere dappertutto segnali di congiure perpetrate ai danni delle comunità daune.
Sul tema si è anche sviluppato un intenso dibattito, scaturito da un interessante articolo di Enrico Ciccarelli, che rispondeva ad una mia precedente lettera meridiana (trovate tutti i collegamenti al termine di questo post).
Come benzina sul fuoco, è arrivato poi lo spot di promozione turistica di Pugliapromozione in cui la Capitanata risulta praticamente oscurata. E giù altre polemiche.
Per discutere seriamente e serenamente della questione, che non è di lana caprina, ma rappresenta uno dei problemi più seri per la Capitanata, ed un serio vincolo anche per il suo futuro, è necessario capire da cosa e da dove trae origine il fenomeno del foggianesimo. Ed è quanto cercherò di fare, prima di rispondere all’articolo di Ciccarelli, che tra l’altro mi trova almeno in parte d’accordo.
A tal fine, ripropongo agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane quanto ebbe a scrivere l’allora direttore della Biblioteca Provinciale di Foggia, Franco Mercurio (che oggi dirige la Biblioteca Nazionale di Napoli) intervenendo su un altro tema caldo, quale quello dell’aeroporto Gino Lisa.
Studioso di storia locale, Mercurio pubblicò un contributo molto interessante prendendo parte al dibattito che sul gruppo Facebook Basta chiacchiere… Aeroporto, si era aperto a proposito di un post di Lettere Meridiane sulla centralità dell’aeroporto Lisa nella operazione Avalanche che costituisce una pagina cruciale della seconda guerra mondiale.
Il bell’intervento di Franco Mercurio è una utilissima chiave di lettura per capire la genesi del foggianesimo, ed interrogarsi sulla necessità di esplorare strade nuove, come l’autore stesso auspica nelle sue conclusioni. Buona lettura.
C’è una maledetta rimozione della nostra storia che spesso passa attraverso la mitizzazione di alcuni eventi. Durante la seconda guerra mondiale Foggia fu un obiettivo militare strategico -consapevolmente strategico.
Dopo che gli alleati erano sbarcati in Sicilia e si erano resi conto che l’esercito italiano era in fase di disfacimento, compresero che il punto debole dell’Asse era proprio la penisola italiana. Tanto è vero che decisero di congelare, nonostante le insistenze sovietiche, l’operazione OVERLOAD (lo sbarco in Normandia) che era stato pianificato già nel 1943.
Fu alla metà di luglio del 1943 che gli alleati decisero di pianificare l’operazione Avalance (Valanga) che aveva come obiettivi strategici il porto di Napoli e il complesso sistema di aeroporti di Foggia.
I famigerati bombardamenti di quella terribile estate erano destinati a far saltare il sistema aeroportuale foggiano, senza tuttavia distruggerlo, come si capirà dopo, perché doveva diventare il caposaldo aeronautico alleato per colpire le raffinerie dell’asse nei Balcani e per colpire le città tedesche. A quel tempo i bombardieri avevano un raggio di azione molto limitata che poteva variare fra gli 800 ed i mille km. Foggia era da questo punto di vista strategica. Prendere i suoi aeroporti significava da un lato impedire l’azione di disturbo dell’aeronautica dell’Asse nel Mediterraneo e dall’altro costruire una testa di ponte molto potente in grado di consentire agli alleati di colpire per la prima volta efficacemente al cuore la Germania.
Come dice Geppe, questa storia è molto nota e, perfino studiata, nelle accademie militari americane. Da noi è praticamente sconosciuta.
Ed è così viva negli americani che mi viene in mente un aneddoto di qualche anno fa.
Non esisteva ancora la SEAP. All’epoca ero segretario del consorzio Gino Lisa e fui testimone di un increscioso e però simpatico incidente fra la torre di controllo e un gruppo di ormai attempati americani che erano atterrati al Gino Lisa senza alcuna autorizzazione preventiva. Era un gruppo di avieri che avevano avuto sede al Gino Lisa nella seconda guerra mondiale e che, alla maniera del come eravamo, avevano deciso di ritornare su quell’aeroporto dopo tanti anni.
Nonostante le proteste della torre di controllo, loro atterrarono con un piccolo aereo da turismo e tranquillamente se ne ritornarono.
Proprio per rimarcare come il nostro aeroporto sia sentito in America.
Ma per tornare a quegli anni 1943-45, devo dire che la stampa dell’epoca mise in evidente mostra come Foggia sia stata in qualche modo dimenticata.
Le altre province pugliesi non subirono mai l’occupazione militare, nel senso che al “Regno del Sud” e a Vittorio Emanuele rifugiato a Bari fu concessa l’autonomia amministrativa e gestionale del territorio pugliese. La sola provincia ad essere occupata militarmente anche nelle funzioni civili fu quella di Foggia, e rimase in questa condizione fino al 1945 dopo la resa di Berlino. La stampa del tempo riconosceva unanimemente che la Capitanata stava dando, oltre ai lutti ed ai danni materiali immani, uno straordinario contributo in termini di sofferenza e di disagio. Tutti a quel tempo dicevano che la città doveva essere sicuramente risarcita.
Ma passarono pochi mesi: la liberazione, la ricostituzione dell’integrità territoriale del nostro Paese e Foggia ripiombò nella sua marginalità. Adesso a memoria non ricordo esattamente la data della prima riunione postbellica sulla ricostruzione in Puglia, ma avvenne tra la fine del 44 e i principi del 45. Si tenne a Bari e non fu invitato nessun foggiano, proprio perché non vi era ancora l’amministrazione civile.
Fu da quel momento che Foggia cominciò a scivolare progressivamente verso l’oblio. Ritentò il sindaco Sbano di ricollocare al centro della discussione politica la questione della ricostruzione, ma con scarsi risultati pratici, benché il ministro dei lavori pubblici del tempo appartenesse al suo stesso partito. Insomma i giochi erano in gran parte già stati fatti ed era complicato togliere soldi promessi ad alcuni territori per darli a Foggia.
Fu in questo contesto oggettivamente frustrante per la giovane classe dirigente foggiana, che maturarono intorno alla città “incompresa e bistrattata” alcuni stereotipi dei foggiani un po’ queruli e piagnoni, da cui purtroppo non riusciamo ancora a liberarci. Questo senza nulla togliere alle ragioni che vi erano da vendere. Ma è pur vero che questa caratteristica di lamentarci di essere bistrattati che dura da settant’anni finora non ha procurato molti benefici alla città, anzi…
Forse sarebbe il caso di tentare qualche strada nuova. L’esperienza almeno questo dovrebbe insegnarcelo.
- Geppe Inserra, Altro che foggianesimo. Baresi pigliatutto
- Enrico Ciccarelli, Foggia e i Foggiani devono far pace con la realtà
- Salvatore Speranza, Riequilibrare la Puglia, missione della Regione
- Baricentrismo o foggianesimo? Intervengono De Tullio, Consiglio e Fatigato
- Michele Lauriola, Facciamo della Capitanata un territorio smart
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