Ricorre oggi il centottantesimo anniversario del ritorno in cielo di padre Antonio Silvestri, il sacerdote oratoriano nato e vissuto a Foggia a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, e morto in odore di santità, dopo aver vissuto una vita al servizio dei poveri e dei derelitti. Il Comitato per la beatificazione di don Antonio Silvestri e la Confraternita di Sant’Eligio hanno diffuso un comunicato stampa che sottolinea le eccelse ed eroiche virtù del pio sacerdote. Eccone il testo.
20 luglio 1837- 20 luglio 2017, centoottant’anni dalla salita al cielo di quello straordinario figlio di Foggia, figlio della Chiesa, eroe della carità, Don Antonio Silvestri, che ha dato eccellente prova delle sue virtù, lasciando inebriata tutta la città, che lo ricorda ancora con grande amore e al quale ricorre per intercessioni.
E’ il 14 di luglio, il morbo del colera imperversa anche a Foggia, dopo essersi diffuso in alcuni paesi del Gargano come a Rodi Garganico, a Ischitella. I morti aumentano di giorno in giorno, la voce disperata della popolazione correva di casa in casa: “disgrazia, Don Antonio è stato colpito dal morbo del colera, è in fin di vita!” Lo aveva predetto: “Morirò di colera”, ed infatti soltanto dopo pochi giorni di sofferenza il pio sacerdote in un estasiato volto sorridente ed appagato “volò” verso la casa dove avrebbe incontrato la sua Vergine del Buonconsiglio, con la quale aveva un filiale e confidenziale rapporto di fede profonda. Don Antonio era stato infettato dal morbo del colera da una sua povera vecchietta che volle assolutamente confessarsi dal suo pio sacerdote. Quel segno premonitore ne aveva data la certezza della sua morte imminente, infatti dal pozzo scavato all’interno del costruendo Conservatorio del Buonconsiglio non dava più acqua, il secchio veniva su sempre vuoto. E si gridava : “disgrazia, disgrazia!”. Sempre attento a tutto, Don Antonio il 19 luglio fece chiamare il notaio Saverio Altamura al quale dettò le sue ultime paterne volontà. “E’ mia volontà, e prego la Congregazione di Santo Eligio di voler continuare con la stessa attenzione e cura sinora praticata ad assistere in detta chiesa, sia sulle sue funzioni d’obbligo e sia con tutte le altre funzioni che verranno fatte dal Conservatorio, in modo che reciprocamente(Congrega e Suore Oblate del Buonconsiglio) collaborassero nelle particolari loro funzioni, volendo che serbino tra di loro la massima armonia”.
E’ confermato, Don Antonio è morto. La notizia si diffonde in tutti i vicoli, in tutte le vie, e nelle campagne della città. Don Antonio, al termine di una straordinaria vita di carità e di fede integerrima, stesso su di un lettino, confortato da nove frati cappuccini, viene esposto alla pia venerazione della popolazione foggiana. Fu un accorrere da ogni angolo della città: da una via all’altra, da un vico all’altro, da una campagna all’altra, da un palazzo reale all’altro, file interminabili di foggiani ,che avevano per tutti i 64 anni di vita di don Antonio, ammirato la sua incrollabile fede nell’ esercizio del suo ministero sacerdotale, si riversano in quella piccola chiesa di Santo Eligio, eretta nella distesa piana delle Croci, gridando: “SANTO, SANTO SUBITO”. Il Villani, un noto cronista del tempo, così descrive la scena dell’ultimo” a Dio” a quell’instancabile figlio di Foggia, eroe della carità gioiosa : ”l’esemplare ecclesiastico, che ha dato bastante prova di sue virtu’ nel ramo del suo Ufficio, è pianto generalmente da tutta la popolazione di Foggia. Al passaggio delle sante spoglie le sue suore piansero teneramente e, salite sul belvedere del Conservatorio, non potendo reggere a tanto dolore, proruppero nel più profondo pianto. Ad esse si unirono il pianto e le strazianti grida della popolazione accorsa.”
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