“La seconda stazione di Foggia è importante, e a noi pare anche molto utile. Abbiamo già cominciato a lavorarci tecnicamente. Quindi la risposta emersa dall’incontro è positiva. Adesso dobbiamo cercare le risorse. Ma sono fiducioso che assieme a RFI, agli enti locali, alla Regione, troveremo il modo per dare concretezza a questa che adesso è una ipotesi su cui lavorare.”
Così si è espresso il ministro ai trasporti e alle infrastrutture, Graziano Delrio, davanti ai microfoni di SharingTv, l’emittente foggiana che ha seguito con le sue telecamere l’atteso vertice romano, i cui risultati sembrano aver fatto segnare un bel passo in avanti nella definizione dei problemi del polo ferroviario di Foggia.
La soluzione individuata (la costruzione di una seconda stazione, nella zona del Salice-San Lorenzo in Carmignano, sulla linea AC/AV Napoli-Bari) è la più realistica, perché è la più coerente con la necessità di far quadrare i conti, a fronte dei costi particolarmente ingenti del progetto.
È impensabile che Rfi e Trenitalia possano rinunciare a cuore leggero a un bacino di utenza, quale quello foggiano valutato in circa un milione e 600.000 unità, e che risulta soltanto leggermente inferiore quanto a peso specifico, rispetto a quello dell’area metropolitana. Una cifra importante che viene fuori proprio dal tradizione ruolo di cerniera svolto dal polo ferroviario di Foggia: sulla seconda stazione graviterebbero infatti non soltanto i viaggiatori foggiani, ma quelli di un vasto hinterland comprendente anche ampie zone del Molise, dell’Irpinia, della Basilicata.
Adesso bisogna fare quadrato tutti quanti e, soprattutto, marciare nella stessa direzione, perché le insidie e le criticità non mancheranno. A cominciare dalla questione, tutt’altro che marginale, del reperimento delle risorse finanziarie che però, paradossalmente, dovrebbero già essere disponibili, se si rilegge la storia del progetto.
La seconda stazione nei pressi dell’abitato è infatti resa possibile ripristino della bretella di Incoronata, opera che ha permesso all’azienda ferroviaria di risparmiare un bel po’ di quattrini. Come si ricorderà, il progetto originale prevedeva la variante più a sud, all’altezza di Cervaro, con costi assai più elevati. A negoziare con Rfi il ripristino della vecchia bretella, che passa assai più vicina all’abitato e che fu realizzata durante la guerra, per evitare il transito di merci pericolose, fu Augusto Marasco, allora assessore all’urbanistica della giunta di centrosinistra, guidata da Gianni Mongelli.
Il baffo di Cervaro sarebbe costato 97 milioni. Il ripristino della bretella di Incoronata è venuto a costarne solo 10. C’è una differenza di 87 milioni, che può e deve essere spesa nel territorio, cercando di evitare contrasti e divisioni, che farebbero soltanto il gioco di chi vuol penalizzare Foggia.
Potete guardare qui sotto il servizio messo in onda da SharingTv.
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