Centottanta anni fa, il 20 luglio del 1837, concludeva la sua vita terrena, per salire a quella celeste, padre Antonio Silvestri, colpito dall’epidemia di colera che in quei mesi si era abbattuta sulla città di Foggia.
La fortuna di padre Antonio Silvestri a distanza di 180 anni dalla sua morte, è un altro capitolo – particolare, ed amaro – della perdita di memoria che colpisce i foggiani. Non soltanto in riferimento alle cose, ai monumenti, ai palazzi, ma anche ai personaggi che hanno scritto le pagine più importanti della storia cittadina.
La fortuna di padre Antonio Silvestri a distanza di 180 anni dalla sua morte, è un altro capitolo – particolare, ed amaro – della perdita di memoria che colpisce i foggiani. Non soltanto in riferimento alle cose, ai monumenti, ai palazzi, ma anche ai personaggi che hanno scritto le pagine più importanti della storia cittadina.
Antonio Silvestri potrebbe essere il primo Santo foggiano, come chiede un gruppo di cattolici ma anche di laici non praticanti, che da alcuni anni promuove un Memoriale per ricordare questa straordinaria figura e chiedere che riprenda il processo di canonizzazione.
La verità è che il percorso di don Antonio verso l’onore degli altari non è stato facile, fin da subito. Quando passò a miglior vita, il popolo lo invocò subito Santo. Il processo fu avviato dopo qualche tempo e si interruppe per la morte improvvisa del postulatore. Da allora, la fortuna, la fama del sacerdote si è andata stemperando. A Foggia le sue gesta sono conosciute da pochi, e solo una parte del clero ha sottoscritto qualche anno fa la richiesta che il processo venga ripreso.
Non è un problema di miracoli, che restano comunque l’ingrediente essenziale per il riconoscimento della santità: tutta la sua vita è stata un florilegio di episodi prodigiosi. È soprattutto lo spirito che padre Antonio riuscì a creare che ne fanno un personaggio di straordinaria statura morale e di enorme spessore storico. L’eredità che ci ha lasciato è giunta fino a noi: tanto per dire, in un certo senso è stato il fondatore del primo ospedale foggiano, i Riuniti di via Arpi.
È una questione di spirito, e non di cose. Don Antonio Silvestri realizzò le sue numerose opere di assistenza, grazie alla carità che continuamente chiedeva – e c’è chi dice talvolta pretendeva – dai foggiani più abbienti. Si dedicò soprattutto alle donne, che rappresentavano allora, e ancora oggi rappresentano la parte più debole, emarginata ed a rischio dei ceti poveri.
Padre Antonio riuscì a creare in città una solidarietà diffusa, intrisa di carità e di compassione. Fece di Foggia un posto meno invivibile, facendo stare le persone un poco meglio, perché il dono arricchisce sia chi lo riceve, che chi lo fa. Ed è questa la strada che si dovrebbe percorrere per riaprire l’agognato processo di canonizzazione. Come ebbe a dire qualche anno fa don Tonino Intiso, “non si tratta tanto di un’operazione di recupero storico o culturale della figura di padre Antonio, quanto di un’azione di condivisione e di coinvolgimento della chiesa locale e di tutta la città, all’insegna di quella solidarietà di cui Foggia si è mostrata tante volte capace. Si tratta di osare la santità, ricordare padre Antonio Silvestri ritessendo la trama di carità e di amore fraterno che egli elaborò in vita.”
Per conoscere meglio don Antonio, pubblichiamo il testo – rielaborato graficamente, per renderlo più leggibile -\, di una conferenza sulle opere di carità del sacerdote, tenuta nella chiesa di s. Eligio il 18.03.2011 da don Faustino Parisi. Buona lettura.
* * *
Le prime notizie circa l’attività caritativa di don Antonio Silvestri [1] si ricavano da un testo pubblicato nel 1837, anno della sua morte, da C. Perifano, dal titolo “Per pane agli orfanelli della mia patria dopo il colera. Discorso popolare in morte del sacerdote D. Antonio Silvestre” [2]. È un documento, meglio una commossa e pia commemorazione funebre di don Antonio, ricca di testimonianze e di ricordi anche personali. “Dal tempo felice della mia infanzia mi ricordo… ” o “quando ero fanciullo…” [3], sono le frasi che intercalano il racconto di fatti, spesso mirabolanti, colti de visu o nella loro immediatezza, da testimone oculare, appunto. A Perifano si deve una descrizione piuttosto dettagliata, quasi una fotografia, di P. Silvestri, del suo aspetto fisico e del suo camminare affrettato e fragoroso, difficile da non riconoscere, per delle rozze scarpe chiodate che soleva indossare, “sempre in compagnia di molti pensieri” [4].
D. Antonio Silvestri, scrive Perifano, era “di giusta statura, grassotto, di faccia un po’ fegatoso, con lunghi e grevi abiti talari, con un pajo di scarpe di forte tomajo e rumorose, con cappello sotto al braccio, e con cappotta succinta e afferrata nella mano sinistra“ [5]. Sempre in movimento tra una chiesa e l’altra, da un capo all’altro dell’allora, nemmeno troppo piccola, cittadina foggiana, “sortiva dalla Chiesa di S. Agostino, e prendeva la larga per fuori S. Antonio, e diritto traeva per la volta del Convento dei Cappuccini” [6].
Sempre nello scritto di Perifano troviamo un elenco, molto dettagliato delle opere caritative di p. Silvestri: l’ospedale per le anziane, la pastorale per “gl’incarcerati”, la casa per le “pecorelle smarrite” o “Conservatorio delle pentite ossia di S. Maria Maddalena”, e infine l”’Istituto Ritiro-Conservatorio del Buonconsiglio”, voluto, disegnato personalmente e costruito da P.Silvestri, sul terreno adiacente la chiesa di S. Eligio, di cui era cappellano [7].
Al testo di Perifano si rifanno un po’ tutti gli autori successivi, integrandolo variamente. F. Villani nel suo libro di personaggi illustri della città La nuova Arpi, pubblicato nel 1876, ha un capitolo dedicato a P. Antonio Silvestri [8]. Presso l’Archivio Diocesano di Foggia si trova un faldone (cartella P. Antonio Silvestri), nel quale tra i vari documenti ce n’è uno relativo alle Positiones et Articuli in causa Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Antonii Silvestri [9], ad opera del Sac. F. Bellizzi che porta la data del 1898. La causa di canonizzazione, iniziata quell’anno, fu richiesta qualche anno prima, nel 1893, da 153 notabili della città al vescovo dell’epoca Mons. Marinangeli [10] (o Marinangelo, come nel testo della petizione[11]). Essa non fu mai completata per la prematura scomparsa di Bellizzi. La prima vera biografia è del 1937, a cento anni dalla scomparsa, ad opera del sac. M. Melillo [12] Un testo a se stante è il Giornale patrio di C.M. Villani, una cronaca puntuale dei fatti di quel periodo, prezioso contributo alla conoscenza del contesto storico nel quale operò e visse p. Silvestri [13].
L’ospedale delle anziane
La prima sede dell’ospedale delle anziane doveva essere ubicata in una stradina di fianco alla chiesa di S. Giovanni di Dio, perpendicolare a via Arpi. Due ampie stanze prese in affitto, al piano superiore della palazzina nella quale D. Antonio Silvestri abitava con sua madre. Perifano ne ha un ricordo personale. Un bel mattino, ricorda, “quando ancora fanciullo al dar nell ‘ufficio”, si “avviava alla scuola” , vide nei pressi della cattedrale un insolito agitarsi di gente attorno ad una povera anziana che si era sentita male. Al grido “portiamola da D. Antonio Silvestre”, lui si era immaginato che dovesse trattarsi di estrema unzione o ultima confessione. Invece la folla portò la malcapitata nella casa di P. Silvestri, al “locale di soccorso alle povere inferme”. Si doveva trattare di un luogo ben conosciuto (ai soccorritori), evidentemente. Il giovane Perifano fu colpito da quanto andava ripetendo la gente in quel frangente: “ diceva taluno: In suffragio delle anime del purgatorio; tal altro: D. Antonio il Signore te lo renda; ed un terzo: Che Sacerdote santo, che Sacerdote caritativo! Egli pensa a tutto, non le fa mancare niente, che bravo Sacerdote: ed un quarto mi chiariva dicendo: Signore. Iddio, come può un Sacerdote povero fare tanta carità al prossimo col mantenere un Ospedale di povere femmine, senza rendite, e tutto a via d’elemosina!” [15]. E così doveva essere, per davvero, perché P. Silvestri riusciva a realizzare quest’opera ardita e assolutamente nuova per il tempo e per le persone accudite, e “non aveva commende e non aveva amministrazione, non aveva di che alienare, non aveva un piccolo fondo da locare, anzi l’Ospizio era condotto in fitto” [16].
L’idea di metter su un ospedale per le donne anziane gli deve esser venuta certamente per quel suo continuo peregrinare per la città, da una chiesa all’altra. I tempi non erano affatto facili, come gli storici documentano [17], e la miseria per strada si doveva toccare con mano. Così dice M. Melillo: “Quante ne doveva vedere egli di vecchie malandate, abbandonate strisciarsi per le strade della città in cerca di aiuto e di conforto; e quante, egli sacerdote, ne avrà dovuto vedere abbandonate dalle famiglie, trascurate dagli stessi parenti!” [18].
Le “vecchie povere” furono, dunque, ospitate in un primo momento nelle succitate stanze al piano di sopra dell’appartamento di p. Silvestri, nel vicoletto di fianco alla chiesa di Giovanni di Dio: una stanza era per le anziane, malate e inferme, e un’altra per le ammalate di tisi, una malattia molto diffusa all’epoca. Questo primo alloggio, si deve essere mostrato da subito insufficiente. Una dimora più ampia, riferisce Melillo, fu offerta a p. Silvestri dalla famiglia Mastrolillo, accanto alla chiesa di s. Eligio. Poi, una volta ultimato il complesso del Buon Consiglio, le povere anziane furono trasferite in quella struttura, per essere poi definitivamente ubicate, vivente p. Silvestri, “nei pressi del Piano delle Fosse, in via, oggi, Piano delle Croce, N. 170, in un ampio palazzo che anche oggi presso il popolo serba il nome di ospedale, benché sia adibito a privata abitazione”, come ricorda Melillo. Si sa che alla morte di p. Silvestri in quella struttura “vi erano 45 vecchie malate e inferme”. Dopo la sua morte, ad opera dell’amministrazione comunale e provinciale, ci fu la definitiva collocazione dell’ospedale delle anziane in via Arpi, presso i locali annessi alla chiesa di S. Agostino.
Sabato 24 novembre del 1827, scrive C.M. Villani nel suo Il Giornale Patrio che “la rappresentazione che ebbe luogo ieri sera nel teatro fu destinata a beneficio de’ due orfanatrofi di questa comune e dell’ospedale delle donne”21. Nella nota di questa memoria c’è l’esplicito richiamo alla vicenda di questo ospedale, che fu a tutti gli effetti, il primo nucleo degli attuali “OORR.” (Ospedali Riuniti) di Foggia.
NOTE
[1] D. Antonio Silvestri nasce a Foggia il 17 gennaio 1773 da Michele e Paola Russo. Il 19 gennaio riceve il battesimo nella Chiesa Maggiore di S. Maria (l’attuale Cattedrale) dal sac. Francesco Ferrrucci. Nel 1797 fu ordinato sacerdote.Fece parte della congregazione di sacerdoti oratoriani di S. Filippo Neri. Fu rettore della chiesa di s. Agostino e durante la soppressione degli ordini monastici anche custode della chiesa di S. Maria di Costantinopoli dei pp. Cappuccini. Fu infine rettore della chiesa di s. Eligio e della Congrega della Madonna di Loreto. Spese l’intera sua vita dedicandosi alle opere di carità. Tra le principali, l’Ospedale delle donne anziane malate, l’istituto per le Pentite, l’lstituto per le giovani, detto Conservatorio del Buon Consiglio. Morì il 19 luglio 1837 durante un’epidemia di colera. (da D. D’AMBROSIO, Quaresimale 2002. Un prete amico dei poveri: Don Antonio Silvestri, Archivio Diocesano, Foggia 2002).
[2] C. PERIFANO, In memoria di D. Antonio Silvestre. Sacerdote Foggiano, Foggia 1837. Di questa memoria si ha sia il testo manoscritto che il testo dato alle stampe nel 1837, presso l’Archivio Diocesano. Qui si fa riferimento al testo stampato. Perifano usa il nome di Famiglia Silvestri al singolare. Dal certificato di battesimo si trovano entrambe le diciture. (Archivio Diocesano di Foggi, cartella P. Silvestri), nei documenti successivi si utilizza solo il nome al plurale P. Antonio Silvestri. Del giorno della morte si ha una testimonianza diretta nel “Il Giornale Patrio”: “Il degno sacerdote don Antonio Silvestri, rettore e fondatore dell’Orfanotrofio di S. Maria del Buonconsiglio, à cessato di vivere questa notte, attaccato da pochi giorni dalla malattia dominante. Egli è morto nella sacristia della stessa chiesa, poiché ivi abitava, e questa mattina le sue spoglie mortali sono state trasportate al camposanto” (C.M. VILLANI, II Giornale patrio (1831-1840),(a cura di Pasquale di Cicco), C.Grenzi Editore, vol. I, Foggia 2007, 334 (20 luglio 1837). Le spese del
funerale furono sostenute dalla confraternita di s. Eligio (Archivio s. Eligio, Libro Contabile 1837),
[3] C. PERIFANO, In memoria, 1
[4] C. PERIFANO, In memoria, 1
[5] C. PERIFANO, In memoria, 1
[6] C. PERIFANO, In memoria, 1. La descrizione del Perifano ha come sfondo la recente soppressione degli ordini religiosi e quindi la necessità di tener in vita e non perdere il possesso dei luoghi sacri, un tempo affidati ai religiosi. Da lì a non molto quel convento sarà trasformato in stalle per la cavalleria piemontese. Il Convento “fu costruito ad istanza e spese di Cola Zuccaro e Rosa Del Vento cerignolana… che i frati chiamavano “mamma Rosa” e col consenso di mons. Prospero Rebiba, vescovo di Troia. Superiore Provinciale p. Lorenzo da Montepulciano. La chiesa venne consacrata il 6 maggio 1611. Fu sede della Curia, dell’infermeria e di uno dei lanifici della provincia. In detta chiesa si sono verificate varie apparizioni della Madonna dei Sette Veli di cui la prima avvenne il 22 marzo 1731. Fu soppresso il 3 luglio 1811 per la legge di soppressione murattiana. Vi abitavano allora ben 14 religiosi. Fu riaperto nel 1817. Soppresso nel 1867 anche ad opera di p. Urbano da S. Marco in Lamis. Non fu riaperto. Divenne caserma della Cavalleria e la chiesa stalla. Oggi rimangono dei ruderi protetti da una recinzione metallica. Fonti e Bibliografia: CLEMENTE ANNA E GIUSEPPE, Soppressione degli Ordini Monastici in Capitanata nel decennio francese 1806-1815, ed. tip. Bari 1993; Dl lORIO (PADRE) EDUARDO, I Cappuccini della religiosa provincia di Foggia o di S. Angelo in Puglia (1530-1986), Tomo I-Il, Campobasso 1986; GABRIELE DA CERIGNOLA, Memoria della fondazione di questa nostra provincia dei cappuccini di s.Angelo e dei suoi luoghi con catalogo di tutti i Vicari e ministri Provinciali che I ’hanno governata 1529-1667, manoscritto, Archivio Provinciale Capp. Foggia; TRIGGIANI LEONARDO, I Conventi dei Cappuccini di Foggia, storia e cronaca, ed. Voce di Padre Pio, S. Giovanni R. (FG) 1979 (www.cappuccinifoggia.it).
[7] Cfr. C. PERIFANO, In memoria, 26.
[8] F. VILLANI, La nuova Arpi, Salerno 1876, 315-320.
[9] F. BELLIZZI, Positiones et Articuli in causa Beatifationis et Canonzationis Servi Dei Antonii Silvestri, Archivio Diocesano, Cartella P. Antonio Silvestri, Foggia 1898. Di questa Positio si conserva una specie di promemoria suddiviso in XXI capitoli e 236 accapo, con la parola “Che…”. Esso ripercorre la vita e le virtù eroiche di P. Silvestri. La Positio si conclude con Summarium, ossia con una lunga lista di testimoni interpellati dal Bellizzi. Purtroppo non si ha il testo di queste testimonianze, appartenute con molta probabilità ad un altro, faldone, andato forse disperso.
[10] “Domenico Mariangeli nacque il 4 agosto 1831 Rocca di Cambio, da Carmine e Rachele Tomassi, membri di una
famiglia distinta, agiata e profondamente cristiana, cardine che fu alla base della sua vocazione sacerdotale. Iniziò i propri studi nel paese natale ed il suo primo educatore fu lo zio Eusanio Marinangeli, abate-parroco di Rocca di Cambio. Successivamente, frequentò il collegio di San Francesco dei gesuiti dell’Aquila ove compì studi di letteratura e filosofia, trasferendosi quindi a Roma ove ottenne la laurea in utroque iure. Ordinato sacerdote, fece ritorno all’Aquila
ove venne richiamato dal vescovo di quella città come insegnante presso il medesimo seminario ove aveva studiato.
Distintosi per eloquenza ed ingegno, venne promosso “motu proprio” da Leone XIII nel marzo 1882 alla sede episcopale di Foggia. Il 1° luglio 1893 venne nominato arcivescovo e trasferito alla sede di Trani, Barletta e Bisceglie. Nel 1898 venne chiamato a Roma ed elevato alla dignità di patriarca di Alessandria d’Egitto. Morì all’Aquila l’8 marzo 1921, nel palazzo di Via Cimino. Le esequie furono celebrate nella cattedrale cittadina e l’elogio funebre venne tenuto
da mons. Pietropaoli” (http://it.wikipedia.org/wiki/Domenico_Marinangeli)
[11] La petizione all’Arcivescovo di Foggia, Mons. Domenico Marinangeli, porta la data del 1 febbraio 1893 e la firma di
ben ‘153 notabili della città. Significativo il testo della petizione: “Le virtù eroiche praticate in vita dal Reverendo Sacerdote D. Antonio Maria Silvestri di questa città fondatore del Monastero di Maria SS. Del Buonconsiglio non devono essere poste in oblio. Egli passava da questa vita nel 1837 e lasciava di sé la stima di un santo, molti si raccomandarono a lui dopo la morte, ed ottennero grazie. Poiché sono in vita persone di età contemporanee del detto Sacerdote, stimiamo che vengano unite in un Processo di autentiche testimonianze presso la Reverendissima Curia Vescovile. Noi sottoscritti animati da sentimento cristiano cattolico desideriamo che venga onorata così presso dei posteri la memoria di un cittadino che si distinse nel sacerdotale Ministero.” (Archivio Diocesano di Foggia, Cartella P.
Antonio Silvestri).
[12] M. MELILLO, Il servo di Dio, D. Antonio Silvestri, Foggia 1937.
[13] C.M. VILLANI, Il Giornale patrio. (A cura di Pasquale di Cicco), 4 voll., Claudio Grenzi Editore, Foggia 2007.
[14] C. PERIFANO, In memoria, 10.
[15] C. PERIFANO, In memoria, 12.
[16] C. PERIFANO, In memoria, 13.
[17] V. SALVATO, Foggia. Città territorio e genti, C. Grenzi ed. Foggia 1978, 181-208; A. VITULLI, Varietà di storia della Capitanata in Età Moderna, C. Grenzi ed. Foggia 2008; 165-172; M. FREDA, I fatebenefratelli a Foggia. L‘assistenza ospedaliera tra XVI e XIX secolo, C.Grenzi ed., Foggia 2002, 37-44; S. RUSSO (a cura di), All ’ombra di Murat. Studi e ricerche sul Decennio francesce, Edipuglia,Bari 2007; F. MERCURIO, Dauniafelix. Società, economia e territorio nel XVII secolo, C. Grenzi ed., Foggia 2000, 77-97; S. RUSSO, Alla volta del Tavoliere. Mobilità di uomini e fortune nella “Puglia piana” di età moderna, C. Grenzi ed., Foggia 2007.
[18] M. MELILLO, II servo di Dio, 37.
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