Quando la politica foggiana contava (e vinceva)

La festa popolare in piazza Cavour ancora colma di macerie,
a Foggia, per la vittoria della Repubblica

Il 2 giugno del 1946, quando il Paese tornò alle urne dopo l’oscura parentesi della dittatura, per scegliere tra  Monarchia e Repubblica, e per eleggere  l’Assemblea Costituente, la provincia di Foggia stabilì un record, rendendosi protagonista di un exploit che non si sarebbe mai più ripetuto: oscurò le altre province pugliesi per “peso” dei capilista dei maggiori partiti e per numero di eletti.
Allora sì che la Capitanata contava, ed è il caso di ricordarlo, visto che 71 anni dopo, la Festa che ricorda il ritorno alla democrazia in Italia e la fine della monarchia capita in un momento in cui in Capitanata è molto vivo il malessere per una classe politica che non sembra essere capace di difendere con la necessaria energia ed efficacia gli interessi del territorio.

Si votava allora su base circoscrizionale: gli elettori  foggiani votavano assieme a quelli baresi, mentre le province di Lecce, Brindisi e Taranto erano raggruppate nell’altra circoscrizione pugliese.
A guidare le liste dei partiti maggiori, nella circoscrizione Bari-Foggia, sentite un po’, c’erano tre dauni, a testimonianza di uno spessore e di un peso della classe dirigente e politica di allora, che facevano della Capitanata un faro e un punto di riferimento per tutto il Mezzogiorno. 
I magnifici tre erano: per il Pci, il segretario generale della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, di Cerignola, per la Dc Raffaele Pio Petrilli, lucerino (sarebbe divenuto sottosegretario nel governo De Gasperi) e per il Psi Domenico Fioritto, di Sannicandro Garganico, che era stato segretario nazionale di quel partito, dal 1921 al 1923.
Come se non bastasse, a conferma della grande importante della federazione comunista della provincia di Foggia nello scacchiere della sinistra meridionale, a guidare la lista del Pci  nella circoscrizione salentina c’era un altro foggiano, Ruggero Grieco, che era stato segretario nazionale del Pci dal 1934 al 1938. 
Inutile dire che un tale schieramento ai nastri di partenza della competizione elettorale per l’assemblea costituente si fece sentire al momento del voto e influenzò l’esito delle urne, premiando come non sarebbe mai più accaduto la rappresentatività della terra dauna.
La provincia di Foggia  mandò a Roma ben dieci deputati costituenti su 45 complessivi espressi dalla Puglia: Giuseppe Di Vittorio, Ruggero GriecoLuigi Allegato e Giuseppe Imperiale, per il Pci, Raffaele Pio Petrilli, Gerardo De Caro e Raffaele Recca per la Dc, Domenico Fioritto e  Carlo Ruggiero per il Psi, Leonardo Miccolis per l’Uomo Qualunque.
Della rilevante (e purtroppo dimenticata) importanza politica della Capitanata all’alba della ritrovata democrazia bisognerebbe tornare a parlare e a riflettere, se non altro per capire com’è stato possibile che nel volgere di così pochi decenni la provincia di Foggia abbia del tutto perso rappresentatività e peso politico.
La Capitanata offrì un significativo contributo anche alla vittoria della Repubblica: fu infatti la quarta provincia del Mezzogiorno per numero di voti alla Repubblica (c’è comunque da dire che anche in Capitanata, come nel resto del Sud vinse la Monarchia).
La provincia di Foggia fece anche registrare una vertiginosa partecipazione alle urne, con il 90,6% degli aventi diritto che si recarono alle urne. A favore della Monarchia votarono 155.852 elettori (54,57%), per la Repubblica si espressero 129.743 cittadini (45,43%), percentuale che, come già detto, rappresentò una delle più elevate del Mezzogiorno a favore della Repubblica. Tanto per citare qualche esempio, la Repubblica ottenne appena il 24,7 nella circoscrizione pugliese che raggruppava Lecce, Brindisi e Taranto, e il 34,9 in provincia di Bari, addirittura solo il 22% nel Napoletano.

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Author: Geppe Inserra

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