Ho letto con estremo disagio il grido di dolore lanciato da Geppe Inserra e lo sottoscrivo interamente. Lo faccio non solo per la vicenda in sé ma perché mi dà modo di riannodare un po’ certi fili della memoria.
Avevo poco più di 20 anni quando, dai microfoni e con le telecamere della neonata Teleradioerre, testimoniavo lo stato di degrado delle nostre strade urbane, compreso lo sconcio di marciapiedi e selciati stradali deturpati e, soprattutto, resi pericolosi dalle (innocenti: è bene ribadirlo!) radici dei nostrani Pini d’Aleppo.
Per la verità, a quel tempo e negli anni a seguire, quelle mie denunce giornalistiche – nonostante avessi cambiato emittente (nel 1979 passai a Radio Luna) – non diminuirono e non solo non si riusciva ad avere risposte pertinenti e pretenziosi interventi riparatori, ma, sul piano della denuncia civica, mi sentivo un pesce fuor d’acqua: le mie erano le classiche parole al vento.
Nel 2005, al tempo in cui con Angelo Renzulli curavamo sul web il famoso “Vadonline” (www.ilvademecum.it), pubblicai sull’ultimo numero, come manifesto di commiato, un provocatorio fantareportage. Partiva da un ipotetico viaggiatore del Nord Italia, che, giunto in città in treno, cominciava il suo percorso di conoscenza diretta della città. Vi evito le “immagini”, per nulla diverse da quelle di questi giorni. Ma anche allora, dodici anni fa, nessuno ne parlava sui giornali, in televisione, sul web. Come se la cosa non ci riguardasse in quanto Comunità, in quanto contribuenti, in quanto elettori…
Oggi vedo nascere un certo interesse. Non so quanto dettato da autentica passione civile e di amor patrio dal quale è mutuabile anche il ben più noto (e abusato) “senso di appartenenza”. Che a Foggia ha valore solo in senso cromatico: rosso e nero…
Lo dico, amaramente, perché leggendo i commenti sulla pagina FB di ‘Lettere Meridiane’, registro che l’età media dei commentatori è simile alla mia. Mi vien, quindi, da chiedere dove fossero nel 1976, nel 1979, nel 1984, nel 2005 e anche solo 3 anni fa quando, proprio su LM, denunciavo – irriso dai più – l’insostenibilità del nostro sistema stradale (marciapiedi annessi) e, soprattutto, il fatto che Foggia fosse destinata a implodere. O infine quando, solo un anno fa, passavo per insolente detrattore degli interessi cittadini nel chiedere ai miei concittadini quei gesti netti, quello scatto d’orgoglio che innescasse un vero e proprio processo in direzione di una trasformazione della città da luogo del nulla (dove però sembra esserci tutto) a Comunità autentica.
Due anni fa, prima che i grillini nostrani si svegliassero dal torpore, avevo cominciato un fotoreportage dentro la città (fanno testo le date dei fotogrammi). Se lo ricorderanno i tanti che mi vedevano fermare l’auto e cominciare a fare decine di scatti a strade, marciapiedi, pali e quant’altro. E quando spiegavo loro perché lo facevo, non mi pareva di intercettare un analogo senso di vergogna.
E allora?
E allora vorrei che si passasse dalle parole ai fatti. Non mi basta che le foto indignino per due giorni e poi tutti a nanna, a sognare le gesta miracolistiche del Foggia in serie B e magari tra due anni in serie A (che pure auspico!).
Voglio chiamare alla sbarra, con nomi e cognomi (alla sbarra digitale del web beninteso), coloro i quali – tecnici, dirigenti, assessori e sindaci degli ultimi 50 anni – hanno devastato questa città, con scelte inette, da perfetti ignoranti del mestiere. Basta chiedere all’URP del Comune di consultare gli atti amministrativi di chi decise, nei decenni passati, di piantumare in maniera colpevole gli alberi che oggi si stanno abbattendo e che in quasi tutta la città creano costante pericolo.
Prima di far ciò, si chieda a botanici seri e di professione e a esperti di costruzioni stradali, cosa è accaduto negli ultimi 50 anni.
Voglio, e lo pretendo, che si sappia chi ha ridotto Foggia in queste condizioni. So bene che non è colpa di Landella, di Mongelli, di Ciliberti ecc. Ma da una certa sindacatura in su possiamo farlo questo ragionamento.
Il discorso per il futuro lo dovranno fare i nostri giovani, la cosiddetta futura “classe dirigente” foggiana, sulla quale – è bene che lo sappiate chiaro e tondo – non ho alcuna fiducia.
Io continuerò a fare la mia parte di cittadino-vigile, contribuente incazzato ma onesto, elettore (deluso ma attivo). Continuerò a denunciare con le parole, le foto e le vignette l’orrido che ci circonda, ma non metterò mai un “Mi piace” ai tanti che oggi si lamentano, come se fino a ieri mattina avessero vissuto su Marte.
Cordialmente
(Maurizio De Tullio)
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