Commentando il post Quando il passato si illumina di colore (con relativo filmato su Manfredonia, Siponto e il Gargano negli anni Trenta, basato su fotografie “colorizzate” attraverso tecniche di intelligenza artificiale) Francesco Salvemini scrive: “Ottimo lavoro. Sarebbe interessante ri partire da quelle immagini. ps: la tecnica di colorazione è di notevole pregio.”
Ringraziandolo per il giudizio lusinghiero, e sentendomi particolarmente intrigato dalla ri-partenza evocata nel suo commento, gli ho chiesto cosa intendesse con l’espressione “ripartire da quelle immagini”.
La risposta, che potete leggere più avanti, è una lucidissima e stimolante riflessione sulle immagini della memoria, sul loro potere evocativo, ma anche sulla loro utilità rispetto all’oggi, anche quando si riferiscono ad un paesaggio e un territorio che ormai non esistono più. È sorprendente come Salvemini abbia colto l’essenza stessa della colorizzazione: il voler dar colore al passato ma nella maniera meno artificiosa ed artificiale possibile. Ritessendo i fili cromatici spezzati, potremmo dire.
Ho cercato una immagine che meglio di altre si prestasse a rendere tangibile il discorso di Salvemini. Mi è sembrata perfetta quella che apre il post. È stata scattata dal fotografo di San Severo Antonio Luigi Venditti, negli anni Trenta del secolo scorso. La location è Castelpagano. Venditti ritrae da un punto di vista squisitamente cinematografico, il “trincerone” settentrionale di valle Maltempo. È un momento nevralgico dell’antropizzazione del Gargano, che sta per spezzare il suo endemico isolamento con la ferrovia. Eppure, guardate con quanta delicatezza il binario si insinua nel trincerone, sommesso e discreto, rispettando la sacralità della valle che prorompe dopo la curva.
È raro trovare in una foto che mostra solo un paesaggio antropizzato tanta poesia.
Ed ecco le belle considerazioni di Salvemini. Trovate alla fine del post i link per scaricare le immagini in alta risoluzione.
[Ri partire da queste immagini significa] Cercare di traslare quelle immagini sul piano delle categorie politiche, quel piano razionale, dialettico che attiene alla polis.
È indubbio che alcune fotografie evocano una dimensione prepolitica, riflesso dell’indomabile oscuro imperscrutabile selvatico che riesce però, in quegli anni, ad essere integrato nel contesto urbano.
Si avverte una armonizzazione della presenza antropica con il contesto naturale, un reciproco ri conoscersi che denota una apertura verso tutto ciò che ora, invece, con le nuove opache neoarchitetture commerciali e politico/utilitaristiche, armate di cemento, ci si ostina a relegare fuori le “mura” della fortezza ormai pronta ad implodere a causa della iperantropizzazione.
La tecnica usata per la colorazione ci mostra come quella passata dimensione non sia frammento inerte ma parte del tutto, vivo e relato al presente, seppur purtroppo asfissiato dall’invadenza di una crescita del tessuto urbano disordinata e disorientata, mossa da logiche temporalmente piccole, frenetiche, egoiche, prive di una “visione” alta della dimensione civile e della vita dell’uomo che sempre rischiano di riportare la città nella dimensione dualistica, orizzontale, bidimensionale, del bianco e del nero.
Ri partire da quella intesa tra uomo e ambiente che troppe volte è messa in discussione dalla stessa politica che dovrebbe, al contrario, farne un lume di riferimento. (Francesco Salvemini)
- Cliccare qui, per scaricare la fotografia di Venditti “colorizzata”;
- Cliccare qui per scaricare la fotografia in bianco e nero, restaurata digitalmente;
- Leggere questo post per altre informazioni sulle tecniche di colorizzazione.
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La foto è scattata vicino la stazione di San Giacomo, la stazione costruita per rifornire l'idroscalo, motivo che diede il via alla costruzione della ferrovia stessa