Qualcosa torna a muoversi nell’amara vicenda della chiesa romanica di Santa Maria di Devia e dell’annesso parco archeologico, che sorgono nel territorio di Sannicandro Garganico. Dopo un silenzio di mesi, c’è chi prova a smuovere le acque.
Giovanni Fabbri ha creato una petizione on line al Vescovo di San Severo (la proprietà della chiesa è della curia di San Severo mentre la parrocchia sannicandrese del Carmine si occupa della gestione), per chiedere che il tempio, di eccezionale interesse storico ed artistico, venga restituito alla pubblica fruizione.
“La chiesa di S. Maria di Devia – si legge nel testo – sorge su Monte D’Elio, in territorio di San Nicandro Garganico. L’importanza dell’edificio è data dalla sua storia e dagli affreschi che sono conservati al suo interno.
Questo ne fa, oltre che un edificio di culto, un monumento nazionale che dovrebbe essere visibile a tutti.
Fino a pochi anni fa l’apertura della chiesa era garantita da giovani volontari della Lega per l’ambiente (Legambiente, n.d.r.) , ed era possibile visitarla d’estate secondo un calendario fissato a inizio stagione, e durante tutto l’anno su appuntamento.
Purtroppo però per decisione del parroco da alcuni anni la chiesa è chiusa, le visite sono interdette ed è impossibile accedervi.
Chiediamo pertanto a S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Checchinato Vescovo di San Severo di adoperarsi affinché la chiesa di S. Maria di Devia sia restituita alla pubblica fruibilità, così da farla tornare ad essere centro di spiritualità ma anche veicolo di crescita culturale collettiva.
Tutto questo per la maggior gloria di Dio e della Vergine Maria, titolare della chiesa di Devia.”
Iniziative apprezzabile, anche se va precisato che le difficoltà di accesso alla Chiesa non sono purtroppo il solo problema del sito, che a suo modo è un modello alla rovescia di gestione di beni storici, artistici, religiosi ed archeologici: una cattiva prassi.
Il parco archeologico ambientale è stato praticamente distrutto dai vandali. E per quanto riguarda la Chiesa di Santa Maria, autentico gioiello del romanico pugliese, non c’è soltanto il problema delle difficoltà di fruizione: sono infatti a rischio i preziosissimi affreschi bizantini (che potete ammirare cliccando qui…) a causa dell’accumulo di salnitro e dell’assenza di un’organica politica di salvaguardia e tutela.
Dal profilo Facebook di un amico, don Peppino D’Aniello, attuale parroco di S. Biagio e per anni viceparroco del Carmine, si difende e contrattacca: “Le solite bufale dei soliti opportunisti anticlericali che vogliono a tutti i costi mettere le mani anche sulla chiesa. Scusate lo sfogo ma una bugia più grande non potevano inventarla. Chiarisco subito che la chiesa è visitabile sempre e molti gruppi durante l’anno vengono a visitarla testimone il signor Nico Moscatelli di Foggia che porta diversi gruppi e non trova mai problemi, poi la chiesa è aperta in estate dalla domenica dopo la festa della Madonna del Carmine fino all’ultima di agosto, il 14 agosto a sera si va in pellegrinaggio a piedi e a mezzanotte si celebra la santa messa, il 15 mattina processione in mare con il simulacro della Madonna di Monte Devio nel pomeriggio santa messa e processione nel sito archeologico. Per visitare la chiesa basta telefonare al parroco niente di più. Fino a qualche anno fa i cosiddetti volontari percepivano un contributo comunale e alcuni anni anche dalla provincia, i volontari della parrocchia lo hanno fatto e lo fanno tuttora assolutamente gratis. Riguardo ai volontari degli anni passati, alcuni (altri si sono dimostrati seri), si sono comportati male verso il parroco e la parrocchia per questo sono state ritirate le chiavi. Una cosa è certa, per tenerla aperta sempre ci vuole un custode, non è cosa di volontari. Per avere un custode ci vuole un mensile, l’assicurazione, i vari versamenti a norma di legge ecc.
La parrocchia non può mantenere un custode, se il signore che propone la petizione magari insieme a chi la firma offrono questo contributo, la parrocchia e tutta la comunità del Carmine è molto contenta e chiunque potrà trovare la chiesa sempre aperta, ma se sono bravi solo a parlare dimostrano di essere quello che sono.”
Con tutto il rispetto per il Parroco e per gli amici di Sannicandro, mi pare che Santa Maria di Devia continui a scontare gli effetti di un localismo (deteriore) che finora ha procurato soltanto guai, e che rappresenta il limite più serio ad una positiva soluzione. Bisognerebbe unire gli sforzi, fare rete, anziché dividersi. E soprattutto, partire da un dato che viene del tutto trascurato: Santa Maria di Devia e i suoi preziosi affreschi (a rischio) sono patrimonio dell’umanità, e chi li ha dipinti lo ha fatto proprio perché fossero visti, ammirati: per l’edificazione del popolo.
Su una cosa, però, don Peppino D’Aniello ha certamente ragione. Il volontariato, da solo, non basta e occorre pensare a soluzioni più certe per garantire la fruibilità del luogo di culto.
Un primo passo sarebbe quello di superare l’assurdità del doppio binario tra la gestione pubblica del parco (vandalizzato) e quella privata della Chiesa (chiusa). Altrove il modello misto, la cooperazione tra istituzione locale e chiesa ha dato risultati di eccellenza. Alle cattive prassi di oggi andrebbero sostituite buone prassi. Che accadono. Anche in Capitanata.
Il miracolo di Ascoli Satriano, l’exploit di presenze turistiche dovuta ad un altro patrimonio dell’umanità, in questo caso laico, quale i Grifoni e i marmi policromi, è stato reso possibile perché il Comune di Ascoli e la Chiesa hanno messo in comune i rispettivi patrimoni ed hanno affrontato in modo sinergico il problema della fruibilità dei beni (i Grifoni sono ospitati nel polo museale di proprietà della Chiesa) della gestione. Nell’occasione la Chiesa ha manifestato un ammirevole spirito conciliare.
Il modello Ascoli andrebbe imitato ed esportato in tutti i contesti dove pubblico e chiesa condividano patrimoni significativi, come a Santa Maria di Devio.
Perciò ho sottoscritto la petizione, e suggerisco di farlo anche ad amici e lettori di Lettere Meridiane. Perché rappresenta il classico sasso gettato in un’acqua che non può più restare stagnante. Come giustamente suggerisce il sito Sannicandro.org, “l’unica via d’uscita sarebbe una convenzione pubblico (Comune, Parco del Gargano, ecc.) – privato (Curia vescovile), che
consentirebbe una gestione ottimale, con l’impiego di personale specializzato, semmai del posto, attraverso l’erogazione di fondi pubblici che, considerato lo stato della chiesa, sarebbero più facili da rinvenire anche per i richiami conservativi di cui necessita.” Il coinvolgimento del Parco del Gargano è fondamentale, io aggiungerei anche la Regione Puglia. L’importante è tessere reti.
Nella immagine che illustra il post: uno splendido acquerello di Nazario Bizzarri.
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