Cinemadessai | Non tutti gli spaghetti western vengono per nuocere

OGGI
La stagione degli spaghetti western inondò le sale italiane di b-movie di scarso valore artistico ed estetico. Ma non mancarono lodevoli eccezioni, per lo più sfuggite alla critica, che riteneva l’intero genere indegno delle sue attenzioni. Tra le eccezioni non c’è soltanto Sergio Leone, ma anche grandi e purtroppo dimenticati maestri come Giulio Questi, autore dello spaghetti western più violento e atroce (Se sei vivo spara, dove ebbe come aiuto regista nientemeno che Gianni Amelio) con cui cercò di trasferire sul grande schermo atmosfere e truculenze della lotta partigiana, che aveva vissuto in prima persona, come partigiano.
Tra le pellicole da recuperare mi piace ricordare (anche per rendere omaggio alla memoria del grande Tomas Milian) La resa dei Conti di Sergio Sollima, che uscì nelle sale nello stesso anno di Se sei vivo spara (1967). Il regista noto al grande pubblico soprattutto per la serie televisiva di Sandokan, strizza l’occhio ai temi politici, per raccontare (con molta efficacia e con notevole compattezza narrativa) una storia intrisa di differenze di classe. Jonathan Corbett (Lee Van Cleef) è un cacciatore di taglie che vuole darsi alla politica. Un ricco capitalista decide di assecondare le sue aspirazioni, ma in cambio il bounty-killer dovrà catturare Cuchillo (Tomas Milian), uno poveraccio messicano accusato di violenza carnale e omicidio. Corbett scoprirà che Cuchillo è accusato ingiustamente. Ottima prova degli interpreti, un film da vedere, soprattutto per gli appassionati del genere. Stasera, alle 23.20, su RaiMovie.
DOMANI
Diretto da Margarethe von Trotta, e sceneggiato dall’autrice assieme a Pamela Katz, Rosenstrasse è un film complesso e al tempo stesso intenso, tenero, illuminante sulla importanza della memoria, tratto costitutivo della identità.
Ruth è una donna ebrea scampata da bambina all’Olocausto, e giunta negli Stati Uniti dopo la fine della Guerra. I ricordi sono pesanti, tanto che ha preferito rimuoverli. La morte del marito le provoca una crisi d’identità. La donna si rifugia nell’ebraismo, fino al punto da proibire a sua figlia Hannah di sposare il fidanzato, non ebreo. Per comprendere le ragioni profonde del comportamento materno e ricostruirne la storia personale, Hannah torna in Germania, e con l’aiuto di Lena Fischer, apprende che sua madre partecipò alla protesta di Rosenstrasse (episodio effettivamente accaduto), che vide centinaia di donne ariane scendere pacificamente in piazza per protestare contro la deportazione dei loro mariti ebrei, ottenendone la liberazione. Recuperare le proprie radici e la propria memoria permetterà a Ruth di ritrovare l’equilibrio.
È un film interpretato tutto al femminile Katja Riemann è Lena Fischer (all’età di 33 anni), Maria Schrader interpreta Hannah Weinstein, Doris Schade  Lena Fischer all’età di 90 anni, Jutta Lampe è Ruth Weinstein,  all’età di 60 anni, Svea Lohde, Ruth, all’età di 8 anni.
David di Donatello come miglior film europeo 2004, Coppa Volpi per la Miglior interprete femminile a Katja Riemann, a Venezia 2003. Domani sera, su Tv2000, alle 21.05.

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Author: Geppe Inserra

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