“Da poveri vissero, da poveri lottarono, da poveri morirono, per noi alla patria lasciarono in eredità l’onore, agli immemori il disprezzo della storia”. Così l’amministrazione comunale di Sassuolo il 12 ottobre del 1947, tre anni dopo l’eccidio, ricordò il sacrificio di Walter Zironi e dei suoi undici compagni partigiani (nove dei quali di Sassuolo, come lui), accerchiati e massacrati dai nazisti a Manno: “insulto agli uomini e alla natura, in questo luogo il 12-10-1944, capestro e piombo nazifascista piegarono i corpi, non lo spirito dei partigiani sassolesi.”
Fino all’anno prima, Walter aveva inseguito altri sogni ed altre speranze. In particolare, sognava di portare il Foggia in serie B. Una famiglia con il bernoccolo del calcio, gli Zironi: il fratello maggiore Otello, anche lui attaccante, aveva giocato in serie A con il Modena e con la Lazio, approdando anche alla Nazionale della serie B.
Prima di indossare la casacca rossonera, anche Walter aveva assaporato l’ebbrezza della serie A, giocandovi tre partite col Livorno durante il campionato 1940-41.
Arrivò a Foggia due anni dopo, dalla Salernitana che militava in serie C. Il presidente rossonero Alceo Gigli, credeva molto in lui.
Proprio a Foggia e col Foggia, agli ordini dell’allenatore Angelo Benincaso, Walter avrebbe scritto le pagine migliori della sua breve carriera calcistica, stroncata, come abbiamo già detto, da eventi che con lo sport e il calcio non avevano nulla a che fare.
Nella compagine rossonera, giocò 19 partite, segnando 7 reti. In quel campionato, l’ultimo nel Mezzogiorno, prima della sospensione dovuta alla guerra, il Foggia disputava il girone M della serie C e concluse il torneo al quarto posto, dietro Lecce (che venne ammesso alle finali, ma non riuscì a centrare l’obiettivo della promozione), Taranto e Cosenza.
Gli attaccanti del Foggia della stagione 1942-1943: Lischi, Zironi, Bertè, Mirabello e Lotti |
Il 22 novembre del 1942, Zironi, schierato con il numero 8 (e con una insolita maglia viola che venne indossata quella domenica dal Foggia) pur non andando in gol, è protagonista della rimonta rossonera a spese del Taranto che si concluderà con il punteggio di 2 a 1 per il Foggia. Di quella partita il cronista annota che Zironi “non è il solito abituale insidioso attaccante” che il pubblico si era abituato a vedere, ma il suo cambio di passo della ripresa è determinante per la vittoria rossonera, dopo che un bolide tirato in porta dallo stesso attaccante era stato neutralizzato con un mezzo miracolo dal portiere tarantino Schiffini.
Il 10 gennaio del 1943, Walter fu protagonista della sfida di vertice che vide il Foggia affrontare allo Zaccheria (che non si chiamava ancora così…) il Cosenza. In un incontro ampiamente condizionato dall’arbitro che annullò due gol al Foggia e negò due evidenti rigori, Zironi segnò il gol dell’uno a uno (risultato con cui la partita si concluse) su calcio di rigore, con un tiro angolato che il portiere calabrese Galliani riuscì solo a sfiorare, prima che il pallone oltrepassasse la linea bianca.
La stele fatta erigere dal Comune di Sassuolo |
Zironi era il rigorista ufficiale del Foggia, ma la sua abilità dagli undici metri non si confermò la domenica successiva quando i satanelli andarono in trasferta al Littorio di Taranto per incontrare la Pietro Resta, che si sarebbe successivamente trasformata in Arsenale Taranto. Zironi sbagliò il tiro dal dischetto che avrebbe portato il Foggia in parità, al 45’ del primo tempo. I rossoneri riuscirono comunque a pareggiare nella ripresa, con un bel tiro di Bertè, e potevano anche vincere, ma quel giorno la porta tarantina risultò stregata per i rigoristi. L’arbitro fischiò un altro penalty a favore del Foggia. L’allenatore designò a batterlo non più Zironi, ma il terzino Ponzanibbio, il cui tiro finì tra le braccia del portiere Loi.
Il 14 febbraio fu una rete di Zironi ad aprire la goleada (5-0) con cui i rossoneri subissarono il Barletta. È appena il 5’ quando l’attaccante foggiano “con abile finta – scrive il cronista della Gazzetta del Mezzogiorno – inganna con forte tiro il portiere avversario.” Qualche minuti dopo l’attaccante viene colpito duro da un difensore barlettano, si fa male al polpaccio ed è costretto a restare fuori dal campo per una ventina di minuti.
Il 14 marzo il Foggia affronta nell’ultima partita del torneo in casa il Molfetta, battendolo per 2-0, e sarà quella anche l’ultima partita di Walter con la maglia dei satanelli. Due mesi dopo, il 28 maggio cominceranno i terribili raid aerei degli alleati che alla fine dell’estate lasceranno nelle strade migliaia di vittime e provocheranno la distruzione o il danneggiamento dell’80 per cento degli immobili.
Walter Zironi farà in tempo a non vedere questo orrore. Ma anche per lui la tragedia è dietro l’angolo.
Il giovane centravanti torna nella sua Emilia, che non sta più nel Regno d’Italia, ma ricade nel territorio della Repubblica Sociale Italiana. Al Sud, occupato dagli alleati e ormai teatro di guerra l’attività calcistica è sospesa. Il campionato di guerra voluto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio vedrà la partecipazione soltanto di squadre del centro-nord. Zironi vi partecipa indossando la casacca del Modena, dove gioca accanto al fratello Otello.
La legittimità di questo campionato, vinto dallo Spezia, fu al centro di roventi polemiche. La Lazio vinse il girone dell’Italia centrale, ma non poté (né volle) prendere parte alle finali del campionato (che si svolsero nella estate del 1944) perché nel frattempo Roma era stata liberata. Dopo non ci fu più tempo di pensare al calcio e allo sport.
In Walter Zironi scattò la molla dell’orgoglio, l’anelito per la libertà. Scelse la clandestinità unendosi alla Resistenza.
Tra le montagne emiliane faceva freddo, la notte del 12 ottobre del 1944. Casa Gatti veniva ritenuta un rifugio sicuro dai partigiani, in quanto sorgeva in una posizione strategica, nella campagne di Manno di Toano, poco dopo il corso del fiume Secchia nei pressi di un mulino. Là era accantonato il distaccamento Bertoni, composto quasi esclusivamente da giovanissimi sassolesi, con poca esperienza di lotta armata.
Gli uomini stavano però tranquilli. Casa Gatti veniva ritenuta inespugnabile, perché si poteva raggiungerla soltanto da un canalone, sconosciuto ai nazisti, e noto soltanto agli abitanti del posto. Qualcuno dovette fare la soffiata.
I soldati nazisti circondarono Casa Gatti con le armi in pugno proprio mentre a fare la sentinella c’era Walter Zironi. Ormai non più attaccante, non più calciatore. Soltanto un ragazzo che difendeva la libertà. Zironi reagì, ma fu freddato dai colpi dei mitra tedeschi. Fu il primo a cadere ma riuscì a salvare la vita di alcuni suoi compagni che avvisati dall’allarme e dagli spari, come scrive Ermanno Gorrieri ne La Repubblica di Montefiorino, “riuscirono a salvarsi fortunosamente, fuggendo o nascondendosi.”
“Dieci giovani partigiani, sorpresi nel sonno, mancando dell’esperienza necessaria in quei frangenti data l’ età, si arresero: Luigi Cervi (18 anni), Nino Fantuzzi (20 anni), Enrico Gambarelli (24 anni), Walter Gandini (20 anni), Alete Pagliani (22 anni), Vittorio Roversi (19 anni), Francesco Spezzani (18 anni), Vincenzo Valla (34 anni), Mario Veroni (24 anni ), sassolesi, e Clodoveo Galli (43 anni) di Gorizia.”
“Quattro vennero fucilati sul posto; gli altri sei furono condotti a Villa Gherardini di Manno dove furono torturati orrendamente e poi impiccati ad alcuni alberi con fili di ferro strappati dai filari delle viti.”
I sogni calcistici di Walter Zironi finirono così, nella fredda notte emiliana del 12 ottobre del 1944, a Casa Gatti. Chissà se sarebbe diventato un grande attaccante, se non fosse stato strappato alla vita dalla barbarie nazista. Forse no, forse sì. Non potremo mai saperlo. Ma una cosa possiamo dirla, e con orgoglio: questo ragazzo che ha indossato con onore la maglia rossonera, è stato sicuramente un grande uomo, un eroe.
Geppe Inserra
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