Viscardo di Manfredonia, il settimo capitolo del romanzo

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Sul castello di Monte Sant’Angelo si addensano scuri nuvoloni. Il barone Della Scala è intenzionato a concere la mano di sua figlio Gabriella al malvagio duca di San Giovanni Rotondo, Ugo Rocciglione, contro il volere della ragazza e della sua compianta moglie. Il destino sta per compiersi? Di seguito il settimo capitolo del romanzo d’appendice, Viscardo di Manfredonia, in cui l’autore Francesco Prudenzano, fa compiere alla storia un bel salto. Leggetelo.
Ricordo agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane, che per non perdere neanche una puntata e restare sempre aggiornati sull’intrigante storia, trovate in questa pagina, l’elenco dei personaggi, i collegamenti ai diversi capitoli, il riassunto delle puntate precedenti. Buona lettura.
CAPITOLO VII.
L’orgoglio del ribelle vassallo, capo del monopolio che i negoziatori de’ cereali e degli olii, ad onta delle leggi rigorose per la malannata che infieriva sulla misera gente cercavano fare in Manfredonia, già sollevata contro costoro ; fu domato e disperso coll’arrivo del conte Alderani. Un giudizio sommario lo condannava come usuraio sui poveri; e qual motore di pubblico disturbo, alla pena del laccio sulle forche. Se non che l’animo generoso di Viscardo, che abborriva le scene sanguinose, commutò la pena dell’ultimo supplizio a quella del remo a tempo; emanando ordini che il condannato venisse condotto lungi da quel lido per salvarlo dalla furia del popolo, adirato contro l’ usurpatore. Fece quindi aprire pubblici granai, dando a miti prezzi i frumenti, ed anche gratuiti, alle vedove, agli orfani e agl’ indigenti di qualsiasi ceto. Da quest’atto cotanto umano e di sovrana clemenza sorgevano generali grida di entusiasmo pel giovane Signore, alzandosi fino al cielo le benedizioni che su lui mandavano i poveri ; e ne’ sacri templi si cantò per la sua conservazione e durata nel dominio, alternativamente per parecchi giorni l’inno Ambrosiano.

Ne godea l’animo del conte a testimonianze di tanto universale affetto; ma pur calmatosi il sollevamento, e andatasi sedando la pubblica gioia, pensò lasciare per pochi giorni Manfredonia e salire al castello del barone Della Scala , come avea promesso a sua figlia, partendosi da lei.
E la nostra Gabriella? libera da quel giorno in cui le si parlò della domanda che avea fatta di lei il duca di S. Giovanni, da tal molestia che le veniva da questo cruccioso pensiero; innalzava dai secreti dell’anima fervida preghiera al cielo, perchè degnasse scamparla da sì fiero sinistro. E parendole ingrato l’essere stata fin’ allora lontana dal visitare il riposo della sua genitrice, si sforzò darsi animo; e spinta da sacro impulso divisò [pensò] farlo in sull’imbrunir della sera.
Viscardo intanto partito da Manfredonia di buon trotto era già sulle cime del Gargano verso l’ora del tramonto. Sceso da cavallo nella corte del castello, levò a caso gli sguardi e scorse uscire dalla porta maggiore degli appartamenti Gabriella vestita di bruno e col capo coverto da un velo. Al suo fianco andava la buona Elena, e le altre ancelle, tutte a nero vestite, la seguivano. Le quali passato il ponte, scendeano meste e silenziose la scala, dirigendosi alla chiesetta , ch’è a man dritta dell’atrio. Il conte pur troppo indovinando il pietoso ufficio , mandò un profondo sospiro, e tenne dietro alla mesta schiera. E appoggiatosi colla spalla alla prima colonna che sostenea la gotica arcata, mirava colle braccia incrociate sul petto quella scena commovente.
Gabriella inginocchiala a piè della tomba, cui schiarava la fiamma di due lampade , vi mormorava su calda preghiera, bagnando que’ marmi di lungo pianto. Viscardo la contemplava immobile ; e vinto da commozione , il suo ciglio si gonfiò di lacrime, che tacite gli scendeano per le gote. Nel cuore di lui sorgeva una mesta fragranza, una soave poesia di affetti; e nello stesso tempo vi si componeva un elegia ed un divino romanzo. Era il romanzo d’una nuova vita! Egli fino a quel giorno avea amato la figliuola di Raimondo d’un amor puramente fraterno; ma tanto dolore, tanta pietà, tanto pianto di lei mutarono quell’amor semplice in uno più sentito e più augusto. La figura pallida e pietosa di Gabriella si rivelò in quel punto alla sua anima, come quella d’un angiolo all’anima di vergine moriente; ond’ei sentì l’immenso bisogno di addivenirle compagno per tutta la vita, e far lieti così i giorni di lei, tanto poveri e sconsolati. E mossosi dal suo luogo le si avvicinò, e :
— Gabriella — le disse soavemente sollevandola — Gabriella, deh tergete quel pianto che si desolatamente vi affanna. È paga quella benedetta ; ed ella oramai dal cielo ove s’è beata, prega per la sua figlia sulla terra.
Oh! com’ è soave una voce amica ne’ dolori e nell’abbandono! essa c’infonde nel cuore una dolcezza, che se non cancella, blandisce almeno le amarezze che lo consumano. Tanto avvenne al cuore della giovane. Sentire la voce d’un dolcissimo amico, e trovarsi fra le braccia di lui, le parve come le fosse apparsa una celeste visione.
— Viscardo ! — esclamò ella commossa dalla sorpresa , e composto il volto a mesto sorriso — Viscardo mio , è vero che non è più sola la vostra povera sorella?
— No — rispose l’altro con voce stretta nelle fauci, frenando a stento un singhiozzo , ed una nuova onda di pianto.— Io vi starò vicino e lungamente. Voi piangevate su questa tomba, ed io ho pur pianto e pregato per la nostra estinta da quell’angolo ove era a contemplarvi,
— Oh! vi ringrazio, amico mio… – Ma già so quanto n’è dolente il vostro cuore. — E spossata da dolore e insieme da consolazione si abbandonava su d’una sedia.
Viscardo la guardava commosso da tanti affetti, e leggendole quel che l’agitava nel seno, la pregò a voler ritornare nelle sue stanze, a dar calma allo stanco spirito. E volto un ultimo sguardo e un pietoso sospiro sul sacro marmo, uscirono dalla chiesetta e risalirono negli appartamenti.
Quella sera fu per Gabriella meno malinconica delle passate. Il pianto sparso verso il tramonto su quella cara pietra, l’inaspettata comparsa del suo compagno d’infanzia avean messo nella sua mest’anima un senso grato di affetto e di conforto. Straniera da tanto tempo a un po’ di pace , ben ella l’ assaporava in questi momenti. Quella notte fu per lei più tranquilla dopo molle affannate, e il suo occhio si chiuse a un placido sonno. Non così per Viscardo: le ombre della notte accendevano vie più la sua fantasia, e il viso pallido ed amoroso di Gabriella si appresentava al suo pensiero. Ei ricordò tutto il passato: il cuore di lei, la tanta pazienza nella sventura , quelle forme angeliche e modeste furono immagini eloquenti alla vergine anima del giovane che sentiva di amare per la prima volta. Egli che avea fino allora corsa la vita ne’ viaggi e nelle imprese cavalleresche, dove gli avea sempre arriso la gloria ; egli di cuor generoso e inchinato [incline] a prodigar benefizi, avea la coscienza di sentire in sé un vuoto che l’anima sua ardente non avea saputo ancora riempire. Ella aspirava ad un ideale che diffidava di rinvenir sulla terra. Inquieta, sitibonda di bene, d’amore, di gloria abborriva discender qua giù e riposarsi su cosa che non sapesse elevarsi fino a lei. Il fantasma dell’amore appariva leggiadro e soave al suo pensiero, e lo investiva e lo palpava e lo avvolgeva nel suo velo misterioso. L’immagine di Gabriella sorgeva pura e lontana dalle forme della creta, s’affacciava alla sua mente e a sè intera la rapia. Era un fascino, una magia, un amore ispirato dalla bellezza e dalla pietà. Viscardo già sentiva di amarla fino al delirio , e nella nobile alterezza del suo ingegno pur gioiva pensando com’ella s’era elevata fino a lui, e come la sua anima s’acquetava in lei, ed avea trovato in quella gentile la desiata prospettiva e l’ideale a cui aspirava da tanto tempo e vagheggiava nella sua fantasia.
Gabriella era per lui non più la sorella, ma la sposa invocata dal cielo e l’angiolo che dovea ricoprirlo sotto le sue grandi ale. Quelle ore scorreaon lente , quelle coltri pesavano e parean di piombo sul suo corpo intollerante, siccome avviene ad infermo arso da febbre. L’occhio di lui spalancato nelle tenebre volea veder la luce del giorno , e colla sua ardenza parea ne sollecitasse l’alba a sorgere e rischiararlo. Ma la natura finalmente lo vinse ed un leggero sopore velò i suoi occhi.
La mattina si destò innanzi l’aurora, e la prima immagine che gli si affacciò al pensiero fu la Gabriella. Più tardi insofferente di quella incertezza, uscì a respirar libero ne’ viali del giardino, e col cupido sguardo contemplava intorno intorno l’immenso svariato orizzonte.
Il Gargano coverto di alberi, le cui verdi cime erano soavemente scosse dalle fresche aure mattinali; la estensione pura e trasparente d’una cascata ove il monte da un lato facea letto ed offriva alla vista un chiaro lago; i tortuosi suoi giri; ed in lontananza villaggi, promontori, coste ordinate in anfiteatro; la sua diletta Manfredonia che pur tante meste – e care memorie gli richiamava al pensiero, e tanti desideri gli desiava al cuore; il turchino Adriatico che batteva tranquillo a’piedi della montagna e ne lambia pacifico le sue mura; il sommesso murmure dell’aura imbalsamata dai fiori; il lucente raggio del sole in mezzo ad un ciclo più puro, ove vagava lenta rara nuvoletta bianca che parea una macchia di latte in campo azzurro, in mezzo al bel cielo d Italia; era tutto un linguaggio muto ed eloquente all’anima sua passionata, ed esilarata da tanta vita, e dal variato e provvido spettacolo della natura. Egli guardava maravigliato quelle mistiche scene, dal fondo delle quali esalava un’arcana armonia ed un affetto, di cui gli parea un eco quanto sorgeva nel suo cuore. Rapito il giovane da quell’estasi amorosissima, dall’olezzo de’ fiori d’una vita novella, il suo spirito vagolava in un mondo ideale e fantastico. Se non che nel girar dello sguardo gli parve di veder come un ombra a traverso lo piante d’un di que’ viali : vi figge su l’occhio: è Gabriella. Ei la contempla immobile; un tremito soave gli si diffonde per le vene e pe’ polsi; alla sua anima si rivela un sogno incantevole, una celeste visione ! Vuole accostarsi a lei, ma un interno sentimento lo rattiene. Alla fine il contrasto della volontà lo soverchia , e quasi spinto da mano arcana, ei muove i passi verso la fanciulla.
— Gabriella! — la chiamò avvicinatosele.
— Voi, Viscardo! —gli rispose ella con dolce sorpresa — Avea tanto bisogno di vedervi e sentir la vostra parola amica.—
Quel suo sguardo così bello e verecondo, quella voce così soave e penetrante destavano una confusione nel cuore del giovane, ed atterravano in un tempo quella nobile sua fierezza, e quell’altero coraggio che l’avean tanto elevato pe’ fatti cavallereschi in molte Corti d’Italia.
— Pure io era qui da più tempo a passeggiar solo in que’ viali — soggiunse egli con voce tremante, accennandole colla mano quella parte ond’ei s’ era partilo nell’avvicinarsele. Quante volte egli aveva parlato con lei le ore intere, ed era stato al suo fianco, e ne avea diviso i dolori e le gioie , e s’era in famigliari discorsi con lei intrattenuto senza che provasse senso alcuno di ripugnanza! Pure in quel momento una tal ritrosia lo assalì, una confusione gl’invase lo spirito,
talché nulla seppe più dirle ; onde tacilo passeggiava al fianco di lei. Dopo parecchi giri Gabriella manifestò una certa stanchezza , e sederono all’ ombra delle piante de’gelsomini, accosto alla fontana.
Viscardo guardatala in volto si accorse di un certo suo mutamento , e come nella pupilla le brillasse una lacrima.
— Perchè — le domandò egli accoralo— perchè il vostro ciglio è grave di pianto?
— Ahi Viscardo — gli rispose sospirando la fanciulla — ben vi dee ricordare che qui un giorno sedevamo…- e ci eravate anche voi, con la madre mia…
— Ella è in paradiso — la interruppe il giovane — ed è più felice di noi, che certo siamo ben miseri al cospetto della pace che gode. Tal pensiero vi consoli. Non isfiorate la vostra bellezza nel pianto e nel dolore.  “Fate lieta la mia figliuola — mi dicea quella benedetta prima di morire — Vegliatela, perchè non si consumi nell’affanno; consolatela del vostro consiglio e della vostra assistenza”.
— È vero , e vi ringrazio — gli disse la vergine con mesto sorriso. — È vero , e voi le prometteste l’adempimento.
— Non v’ha per me maggior dolore che saperti sconsolata… Ma di che potete esser mesta voi?… voi cui arrise il cielo e la sorte de’suoi doni? Ah sì… io lo promisi alla madre vostra… io lo giurai al suo letto di morte, e quel giuramento non può cancellarlo neanche Iddio!… Gabriella, il mio consiglio e la mia affezione non vi abbandoneranno mai!…
— E ne ho d’uopo. Ella mori consolata, falla sicura di vostra promessa. Voi siete buono, e certo non oblierete l’orfana sua figlia.
— Obbliarvi?… Oh Gabriella!. Così potessi assistervi sempre, essere ognora al vostro fianco, e dirmi il compagno dell’intera vostra vita! — Ed alzò uno sguardo in viso a lei per leggerne i suoi movimenti.
Ella che avea compreso il senso misterioso di quelle parole , chinò gli occhi per natio pudore; e ‘l suo volto si tinse d’incarnato.
— Gabriella — segue egli animato da nuovo ardire — voi siete all’anima mia una luce, un universo, un’idea rivelata da Dio! Oh potessi, bella creatura, esser riamato da voi! la gloria sarebbe sempre con me sul campo dell’onore, e l’amor vostro mi farebbe ogni ora docile e buono al governo del mio popolo!…
— Il mio amore!… Ah, Viscardo, e non l’avete voi il mio amore!— rispose tremante la fanciulla; e due lacrime gli caddero sulle gote.
— Gran Dio ! — esclamò egli stupefatto — ed io cieco che sono non me n’ avvertiva. Oh momenti adorati!… Oh celeste passato!—e le prese in ciò dire la mano tremante, ma quel caldo che usciva da essa gli penetrò, in nelle vene, nelle fibre, e addentro nelle ossa; e la lasciò subito, che non reggeva a tanto commovimento. Nel ritirarla una lacrima di lei cadde sul dorso della sua mano, ed egli la intese come goccia di piombo liquefatto, tutto accendendolo d’un fuoco indefinito; e avvicinatala silente alle labbra sorbì quella lacrima e la sentì scendere in fondo all’ anima anelante , che la dissetò e ristorolla, come la rugiada del mattino il fiore appassito. E pieno di fede continuò: – Ma ditemi in nome del cielo, è vero dunque che voi mi amavate?!
— Si , Viscardo, e fui muta con tutti; e appena osai palesarlo alla mia coscienza. Voi compagno de’ miei teneri anni, così generoso, sempre provvido ed umano col povero, foste per me l’oggetto della venerazione; ma le cure apprestate all’ inferma mia genitrice , il vostro pianto sulla sua tomba… Viscardo, quella stima si convertì in amore , e ne’ miei silenzi io vi guardai con più fiducia perchè credei di esser sola ; e nelle mie preghiere il nome vostro fu il primo ad esser confidato a Dio!
— Noi alzeremo insieme la preghiera alla Provvidenza e alla madre estinta che dal cielo ci guarda e benedice… — Volea proseguire, ma la sua commozione era al colmo. E sedato alquanto quel primo impeto di gioia, ripigliò — Se non foste ancora conturbati dal lutto, svelerei il mio cuore al barone chiedendogli la vostra mano; ma crudo destino vuole che si aspetti.
Gabriella era sulle mosse di confidargli la domanda che avea fatta di lei il duca di S. Giovanni ; ma sen rattenne [si trattenne], pensando e all’urto ingrato che ne avrebbe ricevuto quel cuor di lui tanto amoroso, e alle funeste conseguenze d’un duello, indispensabile in simile incontro. E il dubbio insorto nella sua mente sul modo di rispondere alle ultime parole di Viscardo, fu al momento stornato dalla venuta che fece Raimondo nel giardino.
(continua)

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Author: Geppe Inserra

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