Il Grand Ghetto tra bufale e silenzi

Mettiamola sul ridere. Per i giornalisti sembra proprio difficile collocare il Grand Ghetto dov’era realmente (nel Tavoliere, in agro di San Severo, non a Rignano Garganico, né a Foggia). Anche Bruno Vespa ci è cascato, situando il Grand Ghetto nel capoluogo. Almeno non ha infierito sulla povera Rignano Garganico, da anni esposta al pubblico ludibrio per un ghetto che non è mai esistito. Almeno, non a Rignano e neanche a Foggia.
L’errore non è sfuggito ad osservatori attenti come Giuseppe Vaccariello, notissimo tecnico di calcio, ma anche cittadino molto affezionato alla sua città, in prima persona impegnato in iniziative che favoriscono l’integrazione tra i foggiani e gli immigrati. Vaccariello ha pubblicato sulla sua bacheca l’immagine della puntata di Porta a porta andata in onda la sera del grave incendio. “Ennesima figuraccia della nostra città a livello nazionale – commenta Giuseppe -, ennesima stortura giornalistica. Nessuno interviene, nessun politico difende questo territorio.”
Il mister ha ragione, e perciò mettiamola sul ridere, ché incazzarsi sempre non giova alla salute: visti tutti i guai che incombono sulle due città, San Severo o Foggia non fa una gran differenza, e fare polemica sarebbe come sparare sulla croce rossa.
Qualche riflessione un tantino più seria, però, s’impone. Qualcuno mi ha accusato di pedanteria, o peggio ancora di insensibilità, nel momento in cui ho stigmatizzato la sciatteria e il pressappochismo dei giornalisti delle testate nazionali che si sono occupati del Ghetto collocandolo a Rignano (dove non è mai stato). Ma dove vai a pensare – questa l’accusa -, col dramma che si è consumato davanti ai nostri occhi?
Ma la questione non riguarda soltanto l’errore dell’ubicazione. Riguarda l’insipienza dell’informazione “mordi e fuggi” che rappresenta la regola del modo di fare oggi televisione o giornalismo in Italia. Del ghetto si è parlato soltanto quando ci è scappato il morto o l’arresto per schiavismo. Solo allora il Ghetto faceva notizia.
Non quando cresceva a dismisura, una polveriera che per un nonnulla poteva esplodere, come poi è stato. Guardate le foto sotto. Impressionanti. Sulla sinistra, il Grand Ghetto com’era nel 2015, quando per la prima volta si cominciò a parlare di smantellamento, e venne varata dalla Regione l’operazione Capo Free, Ghetto Off. A destra, il Grand Ghetto poco prima dello sgombero. Nel giro di un paio d’anni è cresciuto in maniera esponenziale. Ad occhio si direbbe che la volumetria della baraccopoli si è triplicata, nel silenzio e nel disinteresse generale, alla faccia delle istituzioni che pure avevano manifestato la volontà di chiuderlo, una volta per tutte.
Certo non è dipeso dalle ripetute bufale propalate dall’informazione nazionale, se il problema si è dilatato in modo così evidente e drammatico. Ma un’informazione più corretta e tempestiva avrebbe potuto forse attenuato l’emergenza.

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Author: Geppe Inserra

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