Il Grand Ghetto prima di essere sgomberato e bonificato |
Fino a ieri pensavo si trattasse di sciatteria. Oggi non più. È protervia. Intollerabile supponenza di chi sbaglia sapendo di sbagliare e mente sapendo di mentire, ma è troppo pigro o troppo arrogante per ammetterlo.
In ogni caso, è una vergogna che tratteggia i contorni della più grande bufala mai propalata dai mass media del Bel Paese.
Solo che nessuno lo dirà mai, anzi – sono pronto a scommetterlo – c’è chi ergendosi a maestro difenderà i bugiardi e mi accuserà di pedanteria o di facile moralismo o di prossimità con chi, come i grillini, nutre qualche (fondato) dubbio sulla serietà dei media.
Qui c’entra solo la verità. Anche ieri, da Sky a Mediaset, passando per i maggiori quotidiani nazionali, le vicende che hanno ancora una volta infiammato ed insanguinato il Grand Ghetto del Tavoliere (che sorge nella campagna di San Severo, tra San Severo e Foggia e che nulla ha da spartire con Rignano Garganico) è stato impropriamente definito “ghetto di Rignano”.
Come accade da anni. Un drammatico, increscioso errore che si consuma sulla pelle della comunità rignanese.
Tutto nasce da un equivoco di qualche anno fa, quando una della prime baraccopoli del Tavoliere sorse nei pressi di Rignano Scalo. Per comodità si cominciò a chiamarla “ghetto di Rignano”, ma anche in quel caso la bella cittadina garganica veniva impropriamente chiamata in causa, perché lo scalo non sta nel perimetro del suo territorio, ma in pianura, in agro di Foggia.
Distrutto il primo ghetto da un incendio, i suoi abitanti si spostarono più ad est, dall’agro di Foggia a quello di San Severo, in contrada Torretta Antonacci , comunque a un tiro di schioppo da Foggia cui è collegato in modo celere dalla SP “Sprecacenere”.
In tutti questi anni, il nome di Rignano Garganico e di conseguenza dei rignanesi è stato associato nell’immaginario collettivo ad una comunità di razzisti e schiavisti.
Lo scorso anno il consiglio comunale adottò una delibera nella quale protestava duramente per l’evidente danno d’immagine patito dal comune garganico e minacciava di adire le vie legali nei confronti di testate e giornalisti che avessero perseverato nella colpevole disinformazione.
L’Ordine dei Giornalisti organizzò perfino un seminario sul tema della cattiva informazione in tema d’immigrazione, cui intervenne anche l’allora sindaco di Rignano Garganico. Per un po’ le cose sembrarono tornare finalmente a posto, ma la correttezza geografica durò poco.
Al successivo episodio di cronaca si tornò a parlare di ghetto di Rignano fino a raggiungere l’acme in questi giorni, quando la baraccopoli di Torretta Antonacci è tornata sotto i riflettori della stampa e delle televisioni nazionali, per lo sgombero forzato e per il rogo.
La bufala impazza e colpisce gli attoniti ed inermi cittadini rignanesi. Che a questo punto potrebbero seriamente riflettere sull’opportunità di cambiare nome al paese.
Per restare in tema di bufale, potrebbero scegliere di chiamarsi Rignano sul Membro, dal nome dell’immaginaria località assurta agli onori della cronaca per la più grande bufala mai ordita sul web, quando durante il referendum costituzionale del 4 dicembre scorso venne diffusa la notizia che a Rignano sul Membro (forse con vaga allusione a Rignano sull’Arno, città ove risiede l’ex premier Matteo Renzi) erano state rinvenute 500.000 schede già votate, a favore del sì.
Ma la bufala del ghetto di Rignano Garganico è così grossa che fa impallidire quella delle schede prevotate di Rignano sul Membro .
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Ma seriamente vediamo il dramma di centinaia di persone, schiavitù, caporalato, prostituzione, 2ragazzi morti carbonizzati, esseri umani senza una sistemazione, ecc… e il problema è il nome del ghetto? Perché se si chiamava il ghetto di Foggia faceva meno orrore? I Rignanesi di indignano? Mi vengono in mente solo improperi per commentare…
si potrebbe denunciarli!?
Caspita che scoop!