OGGI
Bello e discusso film di Ermanno Olmi, che prende a prestito dall’ultimo Rossellini una certa idea calligrafica del cinema, per raccontare gli ultimi giorni di vita del condottiero e soldato di ventura Joanni Medici, meglio noto come Giovanni delle Bande Nere.
Ne Il mestiere delle armi, Giovanni guida le truppe pontificie che debbono contrapporsi ai lanzichenecchi luterani al comando del veterano Georg von Frundsberg, sceso in Italia con l’obiettivo di saccheggiare Roma e punire il voltafaccia del Papa, che si era alleato con Francia e Repubblica di Venezia per contrastare lo strapotere dell’imperatore spagnolo del Sacro Romano Impero, Carlo V.
Le forze lanzichenecche sono molto più numerose e per questo Giovanni adotta una strategia che consiste nel non attaccare il nemico in campo aperto, ma ritardarne l’avanzata con scorribande e schermaglie per privarlo delle vettovaglie.
Ma dovrà arrendersi di fronte ai cannoni ottenuti in dono dalle truppe imperiali grazie agli accordi politici e diplomatici tra gli emissari di Carlo V e il duca di Ferrara. Morale: il “mestiere delle armi” di Giovanni delle Bande Nere è ormai inadeguato a fronteggiare i nuovi strumenti di morte, che segnano anche la fine del medioevo: le armi da fuoco come i cannoni dell’esercito di Georg von Frundsberg, in grado di perforare le armature.
Pellicola rigorosa, filologicamente attentissima, interpretata da Christo Jivkov, Sergio Grammatico, Sandra Ceccarelli e Giancarlo Belelli, Il mestiere delle armi procurò a Ermanno Olmi un’autentica pioggia di premi e riconoscimenti: ben 9 David di Donatello (tra cui miglior film, miglior regista e migliore sceneggiatura); 3 Nastri d’argento, 2 Globi d’oro (miglior film e migliore fotografia), nomination per la Palma d’Oro al Festival di Cannes e diversi altri.
Un film da non perdere. Stasera, alle 21.20, su Tv 2000.
Sempre stasera, da segnalare, alle 21.10 su Paramount Channel il capolavoro di Stanley Kubrick, 2001. Odissea nello spazio e alle 21.15, su Cielo, Avere vent’anni, insolito film sul ’68 e sulla rivoluzione sessuale, del regista foggiano amato da Tarantino, Fernando Di Leo.
DOMANI
Il 13 novembre del 1974 Karen Silkwood, operaia in uno stabilimento nucleare, parte per incontrare un reporter del New York Times. Ma non arriverà mai all’appuntamento.
Da questa storia (vera) trae lo spunto il film denuncia Silkwood di Mike Nichols, uscito nel 1983.
I panni della combattiva operaia sono indossati da una superba Meryl Streep, che mette anima e colore nella narrazione di un personaggio complesso e affascinante . Con un passato di alcol e droga alle spalle, Karen Silwwood cerca di riscattarsi realizzandosi nel lavoro. Resta però contaminata dall’esposizione alle radiazioni dell’uranio e del plutonio che vengono lavorati nello stabilimento. Allora inizia a documentarsi sul rischio che quelle attività comportano per la salute dei lavoratori. Si iscrive al sindacato ma ben presto si trova contro i suoi stessi colleghi, ignari degli effetti delle radiazioni, e timorosi di perdere il posto di lavoro. Karen rimane più volte contaminata e decide quindi di alzare il tono della sua battaglia. Ma dovrà fare i conti con forze oscure che non vogliono che la verità venga a galla.
L’interpretazione di Meryl Streep (Nomination come Miglior attrice protagonista agli Oscar) è splendida, così come quella di Cher (Nomination come Miglior attrice non protagonista agli Oscar, e Golden Globe come Miglior attrice protagonista), che dà vita ad un’amica della protagonista.
Quindici anni dopo Il laureato, e dopo una pausa di quasi dieci anni (l’ultimo film girato era stato Due uomini e una dote, nel 1974) Mike Nichols torna al cinema di denuncia che aveva sperimentato con successo nel 1970 con Comma 22. La pellicola è convincente, il ritmo serrato, i temi trattati – il difficile equilibrio tra lavoro, ambiente e sicurezza – ancora oggi attualissimi (vedi l’Ilva a Taranto…). Insomma un film da vedere. Domani sera, alle 21.10 su Rai Storia.
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