Cinemadessai | Cesare deve morire, gioiello di fiction e di verità

OGGI
Film non film. Oppure film che sublima il film. Cinema assoluto. Cinema che arriva alla verità dopo aver attraversato i territori più alti e più impervi della fiction per eccellenza, quella di William Shakespeare.
Tutto questo è Cesare deve morire dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani, in onda domani notte, all’1.00 su Rai Storia. Girata interamente all’interno del carcere di Rebibbia, la pellicola racconta – utilizzando come attori gli stessi detenuti che avevano preso parte ad un laboratorio teatrale – la messinscena del dramma del Bardo, Giulio Cesare, all’interno della prigione romana. Le vicende dei personaggi shakespeariani s’intrecciano con quelle dei protagonisti, che si confrontano così su temi forti come il potere, la mancanza di libertà, il rimorso, la colpa, il pentimento.
“Con tutto il rispetto per Shakespeare — che per noi è sempre stato un padre, un fratello e adesso, con l’avanzare dell’età, un figlio – hanno detto della loro opera i due fratelli registi – , noi siamo andati oltre il suo Giulio Cesare, decostruendolo e riscrivendolo. Ne abbiamo mantenuto inalterato lo spirito originale da tragedia, così come la narrazione, ma allo stesso tempo lo abbiamo semplificato adattandolo ai tempi di una rappresentazione da palcoscenico. Noi abbiamo cercato di costruire quell’organismo audiovisivo che chiamiamo cinema e che è al contempo figlio degenere di tutte le arti che lo hanno preceduto: un figlio degenere che Shakespeare avrebbe sicuramente amato!”
Ha scritto FilmTv del film: “«Ora questa cella» dice uno dei detenuti dopo la recita «diventa una prigione». Il film, in realtà, è riuscito a trasformarla in qualcos’altro. Il ring dove combattere per dimostrare che nessun reato può privare nessuno di un riscatto.”
Cesare deve morire ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino 2012, riconoscimento che mancava al cinema italiano dal 1991. Ha ricevuto inoltre otto nomination ai David di Donatello 2012, vincendone 5, tra cui quelle per miglior film e miglior regia.
DOMANI
È un tour de force, visto l’orario di messa in onda (alle 2.00 di sabato notte, su Rai 3) e la durata (170’, con tagli sostanziali rispetto alla versione originale presentata a Venezia, che raggiungeva i 204’) ma vale la pena non perderlo, Noi credevamo, di Mario Martone, che FilmTv definisce come “ un affresco di cupo e impassibile nitore che ci fa ascoltare il passo della Storia attraverso il sussurro del complotto, l’inganno della politica, la perennità del dominio sociale. Un coro possente in un teatro antico e secolare dai velluti consunti, gli specchi opachi, le macchie d’umido sulle pareti, che intreccia voci e volti di Toni Servillo, Luca Zingaretti, Valerio Binasco e Luigi Lo Cascio, sopra tutti gli altri.”

Girato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il film racconta la storia di tre ragazzi del sud Italia, in seguito alla feroce repressione borbonica dei moti che nel 1828 vedono coinvolte le loro famiglie, maturano la decisione di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Attraverso quattro episodi che corrispondono ad altrettante pagine oscure del processo risorgimentale per l’Unità d’Italia, le vite di Domenico, Angelo e Salvatore verranno segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari, sospese come saranno tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche.
Sullo sfondo, la storia più sconosciuta della nascita del paese, dei conflitti implacabili tra i “padri della patria”, dell’insanabile frattura tra nord e sud, delle radici contorte su cui sì è sviluppata l’Italia in cui viviamo.
Un film, una storia, una denuncia, che, manco a dirlo, sono ancora di straordinaria attualità.

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Author: Geppe Inserra

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