Duecentottantasei anni fa, il 20 marzo del 1731, Foggia subiva il più disastroso terremoto della sua storia. Le vittime si contarono a migliaia tra i foggiani e i residenti nei centri della provincia maggiormente colpiti, come Cerignola.
Studi più recenti hanno collocato l’epicentro ad una ventina di chilometri dal capoluogo, nel Basso Tavoliere, tra Stornara e Stornarella.
A tal proposito, Lettere Meridiane ha pubblicato, in due puntate, l’ampia scheda dedicata al terremoto foggiano del 1731 dal CFTI – Med 4.0 (Catalogo dei forti terremoti dal 461 a.C. al 1997).
Chi non l’ha letta trova qui i due articoli:
- Il terremoto del 1731? Non fu a Foggia
- Il terremoto del 1731. Oltre al sisma, maremoto e poi tempeste di vento e di neve
Il tragico evento è legato a filo doppio alla storia della città, per un prodigioso episodio: due giorni dopo, la Madonna dei Sette Veli manifestò per la prima volta il suo volto alla popolazione, e fu l’inizio di una lunga serie di apparizioni..
Non è un caso che il capitolo dedicato al disastroso sisma nei Cenni storici su la origine della Città di Foggia di Casimiro Perifano è intitolato L’Anno 1731. Apparizione di M.SS. della Icona-Vetere.
Studioso di storia e scienze naturali, scrittore, Casimiro Perifano fu il primo Direttore della Biblioteca Comunale di Foggia. Del libro citato pubblichiamo l’inizio del capitolo suddetto, che reca la descrizione del terremoto.
La foto è quella che adorna la copertina.
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L’Essere Eterno per vie ignote ed arcano superiori all’ intelletto dell’uomo, abbatte, suscita , affanna, e consola. Il silenzio della notte del 20 Marzo 1731, era successo al rumore diurno della popolosa Città di Foggia. Le ore nove, e tre quarti erano vicine a battere. Il più terribile dei fenomeni, il terremoto spinto dalla mano dell’Eterno, scrolla il sovrapposto piano della nostra Città, ed in cinque minuti di scossa, e forse più , chiama i Foggiani col suo rimbombo, dal male aurato sonno di quella notte funesta. Tremendo il fenomeno, e luttuosa la scena delle ruine del pianto, e dalla morte , restano fredde le lagrime sul ciglio, quanto l’ uomo si riconosce in un solo momento privo degli oggetti più cari , delle sue sostanze nel paricolo della propria esistenza. I palazzi della nostra Città rovinarono in buona parte dalle fondamenta , le strade restarono ingombrate dai diruti massi , e gl’infelici abitanti della Città di Foggia, barcollando sulle rovine, compravano la propria morte.
Le autorità del paese spiegarono una energia senza pari, ed il terrore che raddoppiava lo spettacolo si confondeva con un vento impetuoso , e freddo che incominciò a spirare dopo la prima scossa, e feriva gl’individui, rabrividiti dallo spavento , e della mancanza del vestire cagionato dall’istantaneo abbandono delle proprie case.
La nostra Chiesa Maggiore reste rovinata, in vari punti , e i monasteri di clausura della SS. Annunziata , e S. Chiara , crollarono in parte , e già sortiva piangente ed impaurita la folla di quelle sacre vergini , che comparivano al coppetta di una popolazione desolata le figlie di Sion nel pianto e nella miseria.
Si offri un ricovero nel giardino dei PP. Alcanterini , e due monache dell’Annunziata restarono sotto le rovine , poi una sola fuvvi rinvenuta malconcia, ma in vita , e cessò dopo pochi giorni . Il Convento dei padri Cappuccini e quello della Maddalena fondato da Monsignor Cavaliere, rimasero intatti. La popolazione prese la via della campagna , dalla parte delle possessioni Comunali di Pila, e Croce. Ivi precisamente si fermarono i PP. Domenicani , e la maggior parte delle famiglie distinte del paese, delle autorità municipali , e dei magistrati della Dogana. Nel parosismo della terra , nel terribile flagello che insisteva, la terra , nel terribile flagello che insisteva, poiché i movimenti si succedevano consecutivi, restava ancora illesa la Cappella della Icona-Vetere. Verso la sera del 20 Marzo, animato dalla fiducia in Dio , e dallo zelo di pietà , il Sacerdote D. Giovanni Tudescho, attraversa le rovine , penetra nella Cappella, si fa sacrato incarco della Icona-Vetere e delle Sacre Pissidi.
Il popolo segue il Sacerdote , e tra i pianti fu portata la sacra icona nella Chiesa dei PP. Cappuccini .
Il Preside della Provincia , il Presidente della Ragia Dogana Ruoti, gli Agenti Municipali subito cercarono disotterrare i cadaveri. Il numero dei morti non si trova ben distinto , mentre in una relazione stampata in Napoli nel 1731 ò letto che quasi mille furono le vittime di questo flagello , ed in un manoscritto del 1736 se ne contano 164.
Casimiro Perifano
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