Lavoratori pagati con voucher perfino a Grandapulia. In un anno, 750.000

Settecentocinquantamila voucher in un anno solo. Mentre in Capitanata il lavoro vero è calato, e il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 50 per cento (48,8 nel 2015, secondo l’Istat), quello sommerso tira come non mai.
L’avvio della campagna referendaria della Cgil denuncia senza mezzi termini l’equivalenza tra voucher e lavoro che non si può nemmeno definire precario: è semplicemente sfruttato, malpagato. Il voucher è divenuto un espediente per eludere e aggirare le norme.
“Quello che doveva essere uno strumento per compensare i piccoli lavori occasionali e sostenere l’emersione dal lavoro nero – ha detto il segretario generale della Cgil di Foggia, Maurizio Carmeno – è diventato invece uno strumento di ulteriore sommersione e precarizzazione del lavoro. Con i voucher non si hanno diritti, nemmeno quelli fondamentali. Non ci si può ammalare, esprimere le proprie opinioni, rappresentare istanze, non si hanno coperture previdenziali, né c’è un orario di lavoro di riferimento.”
Carmeno ha denunciato il ricorso eccessivo ai voucher anche in contesti come l’ipermercato Grandapulia che presuppongono da parte dei lavoratori prestazioni tutt’altro che occasionali. Fanno ricorso al sistema perfino alcuni Enti pubblici, come il Comune di Lucera.

L’abolizione dei voucher è la richiesta posta a base da uno dei due referendum promossi dalla Cgil (l’altro riguarda l’abrogazione delle norme che hanno limitato la responsabilità solidale negli appalti). Ha destato particolare emozione durante l’affollata assemblea che ha avviato la campagna referendaria la testimonianza di Alessio Postiglione, un giovane universitario che lavora nel settore della ristorazione per pagarsi gli studi: “Mi danno un voucher o al massimo due, per prestazioni di lavoro che raggiungono anche le dodici ore. Sogno un contratto di lavoro part time.”
Il voucher vale 10 euro, 7.50 dei quali vengono percepiti dal lavoratore. Fate un po’ voi i conti…
La sfida lanciata dalla Cgil attraverso i referendum è prima di tutto culturale. “Il lavoro è un elemento di civiltà. Dobbiamo arginare la caduta del valore del lavoro che fino all’anno scorso sembrava irreversibile – ha detto ancora il segretario Carmeno, con visioni che mettevano al centro la finanza, il mercato, l’impresa. Sta cominciando a profilarsi un nuovo modo di sentire.”
Sulla importanza sociale e morale del percorso avviato dalla Cgil è intervenuto anche il segretario generale della Cgil pugliese, Pino Gesmundo : “Vogliamo ricostruire un mondo, ripartendo dalla centralità del lavoro. La sfida della globalizzazione non può risolversi con vincitori e vinti. Il primo passo da compiere è liberare il lavoro, sempre più destrutturato dalle norme legislative degli ultimi anni, e sempre più ridotto a merce. A partire dalla Puglia, contrassegnata dalle piaghe profonde del lavoro nero, dei ghetti, dello schiavismo.”
Gesmundo non nasconde le difficoltà: “Non sarà una battaglia facile, perché si tratta di ribaltare il processo che ha visto in questi anni il lavoro sempre più destrutturato. Ma solo così si può sperare di dare prospettive ai nostri giovani. C’è bisogno di lavoro vero, di garanzie e non di espedienti, come quello del ministro del lavoro Poletti, che contrabbanda i dati dell’alternanza scuola-lavoro come nuova occupazione.”
I termini giuridici ma anche economici della campagna referendaria promossa dalla Cgil sono stati illustrati dal prof. Marco Barbieri, docente di diritto del lavoro all’Università di Foggia, che ha sottolineato come “pur orbati da quello sull’art.18, i referendum riguardano la totalità dei lavoratori, che sono stati vittime in questi decenni di un progressivamente spossessamento di reddito, di garanzie, di diritti, di potere.”
Secondo Barbieri, “questo processo si è aggravato con il jobs act. Il lavoro non garantisce più l’esistenza libera e dignitosa prevista dall’art.36 della Costituzione. Ridare valore al lavoro significa contrastare il processo di svalorizzazione di questi anni, aprire una nuova prospettiva”.
Il secondo referendum proposto dalla Cgil riguarda le norme che hanno limitato la responsabilità solidale negli appalti, che si chiede di abrogare per evitare che ci siano disparità di trattamento tra chi lavoro in un’azienda committente e chi lavora in un’azienda appaltatrice o subappaltatrice. Com’è successo a Paola Tortorelli, che lavorava presso la Coop. Futura, la cui testimonianza è stata ascoltata e applaudita dall’assemblea. In rappresentanza del mondo studentesco è invece intervenuto Valerio Larab, dell’associazione Link.
Hanno partecipato ai lavori i rappresentanti delle numerose associazioni che hanno aderito al gruppo di sostegno ai due referendum della Cgil. Tra gli altri, Arci, Acli, Auser, Legambiente, Federconsumatori, Libera, Uisp, Amici dei Migranti, Comitato No Eolico Selvaggio, Rete Associazioni No Triv, ConSenso, Lavoro & Welfare di Capitanata, Casa Di Vittorio, Smile, Comitato Insieme per la Costituzione di San Giovanni Rotondo, Donne in Rete, Uds, Link, Associazione Culturale Sandro Pertini di Castelluccio dei Sauri, Circolo Che Guevara Foggia.
Al termine dell’assemblea, in piazza Giordano, si è svolto un affollato flash mob durante il quale sono stati fatti volare centinaia di colorati palloncini, per liberare simbolicamente il lavoro.

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Author: Geppe Inserra

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