Foggia salverà la Fiera, e la Fiera salverà Foggia (di Franco Antonucci)

La Fiera di Foggia nel 1777,
in un acquerello di Luigi Del Giudice

Il pezzo di Geppe Inserra sulla Fiera di Foggia come una inaspettata risorsa intelligente per la città di Foggia, ma anche nei confronti dell’intero territorio, mi riporta immediatamente ai casi di tante città, che, di fronte alla loro crisi di ingolfamento o di mancato nuovo sviluppo, utilizzano le “aree dismesse” come polmoni in cerca di nuovo ossigeno. Ovvero di ribaltamento delle situazioni stallate.
Nel caso della Fiera di Foggia in crisi, in effetti, non si tratta di una “area dismessa” classica (in genere sono spazi lasciati vuoti da industrie in crisi, che con l’espansione inesorabile delle città, vengono a trovarsi in posizione scomoda, al tempo stesso diventando risorse nuove per la città in deficit di Aree utili al nuovo sviluppo-intelligente), ma di un’Area strategica rispetto ai nuovi potenziali di sviluppo, visti dalla città capoluogo verso il suo vasto territorio policentrico e viceversa. Si pensa, così, ancora una volta, alla città-territorio (ovvero alle città-territorio).
Diversamente la Fiera di Foggia rischierebbe il collasso definitivo in solitudine. Per cause, che, come dice Geppe, sono difficilmente spiegabili. Forse si aggiunge anche l’effetto di “marginalità e/o auto-marginalità“, cui la città si è auto-condannata da tempo, per mancanza, troppo spesso, di iniziativa interna, in ciò favorita dalle furbizie esterne.

Allora, con il dovuto e nuovo coraggio, sulle linee tracciate da Geppe, l’Area della Fiera di Foggia, pur ristretta, da una parte, nella sua pertinente funzione fieristica, e, dall’altra, intelligentemente “liberalizzata” in una consistente parte residua per uso funzionale globale, potrebbe tornare ad essere “strategica” in modo nuovo e diverso. Rispetto alla sua città ospitante, Foggia, ma soprattutto nei confronti del grande “territorio policentrico“. Una strategia assolutamente inedita, che può risolvere capre e cavoli.
Da qui potrebbe partire la proposta della “Pianificazione di Area vasta”, con nuovi significati. Che vedrebbe l’Area Smart della Fiera di Foggia (la nuova parte residua) come vero “cuore pulsante” dell’intero sistema territoriale.
In tal caso integrata alla vicina alla “Cittadella dell’Economia”, che è ad un tiro di schioppo. E con l’aggiunta del vicino Parco dei Campi Diomedei. Verde su verde, visto che la Fiera di Foggia non è povera di verde.
Con il pratico valore aggiunto di un’Area “già attrezzata” come dice Geppe.
La soluzione adeguata è ovviamente quella di un “Masterplan” di iniziativa pubblica, come credo ha ipotizzato la stessa attuale Amministrazione fieristica, in uno con i soggetti che sovrintendono alla stessa struttura fieristica attuale. Strumento capace di delineare una vera fisionomia strategica complessiva. Di città e di territorio. Che deriva direttamente dal PTCP provinciale di Capitanata, ma soprattutto dal Piano strategico di Capitanata 2020.
Ovviamente in tutto questo, come centro della spirale complessiva, ritorna la mia idea di localizzazione nell’Area Smart ex-Fiera di una struttura complessa come quella di un grande  “Urban Center“, ancora più vicino alla “Cittadella dell’Economia“.
Con la definizione di struttura “grande” e “complessa” si intende specificare la sua valenza  essenzialmente “territoriale vasta”, per ricomporre il mosaico disparato delle tante città di Capitanata e riallacciando il grande sistema dei collegamenti territoriali, che la storia di Capitanata ci ha dato e non abbiamo mai utilizzato a dovere.
Più precisamente assume una valenza maggiore la proposta della “Pianificazione di Area vasta”, se, in particolare, contestualizzata con l’Urban Center territoriale. E viceversa. Con un’articolazione complessiva assai interessante, tanto da poter assumere la veste di Piano-pilota nei confronti dell’intero contesto nazionale.
Del resto sarebbe assurdo pensare a cinque o sei città in competizione perenne, sia pur tra loro legate da un importante assetto radiale-anulare, allo stato attuale asettico, e contemporaneamente con cinque, sei Urban Centers autonomi, continuando nel “difetto originale” della disgregata Capitanata di oggi.
Sarebbe la centralità di un “Urban Center di Capitanata”, localizzato nel più affascinante centro di territorio, la Fiera di Foggia, a rappresentare il vero simbolo e motore globale di una territorialità riunificata.
Quindi un Urban Center non rigidamente centralizzato/puntualizzato in una struttura localizzata, sia pure di eccezione territoriale, ma allargata al suo TERRITORIO poli-strutturato, basandosi su specifici pendoli di delocalizzazione decentrata nelle varie città e territori di Capitanata, valorizzandone la funzione vasta.
Esaltando e riunificando, quindi, il mondo produttivo, ancora divaricato nei vari bacini territoriali slacciati. Coinvolgendo opportunamente Imprese, Società di sviluppo, Reti di imprese, e gli altri soggetti che girano in vario modo attorno allo sviluppo, e che allo stato attuale faticano nel loro stato di isolamento. E che, invece, potrebbero trovare nuova linfa vitale in un sistema integrato e disteso al tempo stesso, come quello di un “Urban Center territoriale in Area Vasta”.
Parallelamente si deve tener conto del fatto che le esigenze della Fiera sono anche quelle di una parallela economia di ritorno. Giusto.
In tal senso l’Urban Center territoriale deve auto-sostenersi. E può farlo anche attraverso strutture complementari di Co-working, Incubatori d’impresa, Reti di imprese, Servizi di Impresa, altro, che producono reddito, in primo luogo per l’auto-sostentamento delle strutture principali, e, quindi, di successivo investimento nell’ambito di specifici programmi pubblici di sviluppo urbano e territoriale. Compreso lo sviluppo della nuova Fiera, in ciò intesa come uno dei fattori essenziali dello sviluppo globale.
Eustacchiofranco Antonucci.
02-02-2017

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Author: Franco Eustacchio Antonucci

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