OGGI
Anche se RaiMovie lo manda in onda nello spazio settimanale riservato ai western (stasera, alle 21.20), Giù la testa non è un film western nel senso classico. La pellicola anticipa anzi alcuni temi – l’amicizia e il tradimento, ma anche l’immoralità della politica – che Sergio Leone svilupperà in modo epico nel suo ultimo film, che seguirà Giù la testa (penultima opera del grande regista romano), ovvero C’era una volta in America.
Accompagnato, come sempre, dalla superba colonna sonora di Ennio Morricone, la pellicola – che avrebbe dovuto intitolarsi C’era una volta la rivoluzione – è una storia di amicizie e di tradimenti che si incrociano, ambientata nel caldo Messico rivoluzionario.
John Mallory (James Coburn), esperto dinamitardo, rivoluzionario dell’IRA, deluso dal tradimento di un suo amico irlandese, si allea con il peone e bandito Juan Miranda (Rod Steiger), che diventa suo malgrado un eroe della rivoluzione.
I due verranno però traditi dal dottor Villega (Romolo Valli) e dovranno affrontare lo scontro finale con il mercenario Günther Reza. Sarà il sacrificio di Jonh a permettere ai rivoluzionari di vincere la loro battaglia.
Giù la testa, sceneggiato dall’autore assieme all’inseparabile Sergio Donati, è anche il film più politico di Sergio Leone. Indimenticabile il monologo di Juan, che è un po’ il manifesto programmatico del film: «Rivoluzione? Rivoluzione? Per favore, non parlarmi tu di rivoluzione. Io so benissimo cosa sono e come cominciano: c’è qualcuno che sa leggere i libri che va da quelli che non sanno leggere i libri, che poi sono i poveracci, e gli dice: “Oh, oh, è venuto il momento di cambiare tutto” Io so quello che dico, ci son cresciuto in mezzo, alle rivoluzioni. Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono: “Qui ci vuole un cambiamento!” e la povera gente fa il cambiamento. E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo, e parlano, parlano, e mangiano. Parlano e mangiano! E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti! Ecco la tua rivoluzione! Per favore, non parlarmi più di rivoluzione… E porca troia, lo sai che succede dopo? Niente… tutto torna come prima!»
DOMANI
RaiMovie rende omaggio stanotte ad uno degli autori più duri e puri del cinema italiano, e più indipendenti: Claudio Caligari, scomparso prematuramente nel 2015.
Saranno trasmesse, due sue pellicole: Amore Tossico (1983) all’1.00, preceduto da L’Odore della Notte (1998) che inizia alle 23.20.
La caratteristica di Caligari, che ha iniziato a muoversi nel mondo della settima arte come documentarista, è quella di offrire un cinema diretto ed esplicito senza mediazioni o spettacolarizzazioni.
Ambientato tra Ostia e la periferia romana, Amore Tossico racconta il progressivo radicamento dell’eroina nelle borgate pasoliniane attraverso le vicissitudini di un gruppo di amici tossicodipendenti.
Il film divenne un cult ma solo qualche tempo dopo la sua uscita, che fu posticipata di un anno rispetto alla fortunata presentazione a Venezia, dove conquistò il Premio speciale nella Sezione De Sica.
L’odore della notte uscirà ben 15 anni dopo Amore Tossico. Interpretato da Valerio Mastandrea (alla sua prima performance drammatica) con Giorgio Tirabassi, Marco Giallini ed Emanuel Bevilacqua, il film narra le vicende di una banda di rapinatori provenienti dall’estrema periferia romana, specializzata in colpi messi a segno nei quartieri alti della capitale.
Claudio Caligari morirà subito dopo aver concluso le riprese e il montaggio del suo terzo film, Non essere cattivo (2015) fortemente sostenuto e promosso da Mastandrea che dopo l’esperienza de L’odore della notte sarebbe diventato un fraterno amico del regista.
Il film, che costituisce una sorta di un’ideale continuazione di Amore tossico racconta una storia di amicizia e caduta negli inferi, nella periferia romana degli anni ’90, tra rapine, droghe sintetiche e la vita quotidiana di un gruppo di giovani di borgata. Dopo aver conquistato a Venezia il Premio Pasinetti al Miglior film, la pellicola venne scelta per rappresentare l’Italia ai Premi Oscar 2016.
Un tardivo riconoscimento per un autore la cui vicenda artistica rappresenta in se stessa una denuncia dei limiti del cinema italiano. Che un autore come Caligari abbia potuto girare solo tre film nella sua pur lunga carriera, è un’ignominia che grida vendetta. Ma fare film “fuori dal coro”, in Italia è una difficile impresa.
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