Figlia d’arte, alla sua seconda opera, Ami Caan Mann (figlia del celebre Michael Mann, qui nelle vesti di produttore) si allontana e si emancipa definitivamente dall’eredità artistica paterna, per realizzare un giallo intenso e al tempo stesso delicato.
Uscito nel 2011, Le paludi della morte è stato molto apprezzato dalla critica, che ha sottolineato l’approccio delicato al racconto di fatti brutali da parte della regista.
Ispirato a eventi reali, questo thriller intenso e inquietante racconta la storia del detective Mike Souder (Sam Worthington), agente della Omicidi in una cittadina texana, e del suo partner, Heigh (Jeffrey Dean Morgan), un poliziotto appena arrivato da New York, alle prese con un serial killer che getta i corpi delle sue vittime in un’area paludosa chiamata ‘Killing Fields”.
Nonostante la scena del crimine sia fuori dalla loro giurisdizione il detective Heigh si sente in dovere di indagare su questi terribili omicidi. L’assassino intanto cambia le ‘regole del gioco”, stuzzicando i due detective e lasciando una serie di indizi sulla scena del crimine. Quando scompare una ragazzina del posto. Anne (Chloe Grace Moretz) i due detective iniziano una lotta contro il tempo per trovare l’assassino e salvarle la vita.
Il resto del cast è composta da Jessica Chastain (The Tree of Life, The Help). Jason Clarke (Nemico pubblico, Chicago Code) e Stephen Graham (Pirati dei Caraibi: oltre i confini del mare, Boardwalk Empire).
Commentando il film, Ami Mann ha ricordato come durante le ricerche preliminari abbia avuto modo di visionare la mappa delle vittime (ne furono contate una sessantina) pubblicata da un giornale locale. “Inserite sulla mappa rappresentavano un insieme di fantasmi bellissimi, mentre i loro occhi ti attraversavano e chiedevano di essere ascoltati. Credo che sia stato proprio questo a spingermi, assieme al cast e alla troupe, a cercare di raccontare questa storia cosi brutale nel modo più delicato possibile. Come potevamo descrivere questa vicenda? Come restituire una voce a persone che se la sono vista portar via?”
La risposta – importante e sorprendente – sta nel film, che merita veramente di essere visto.
Stasera alle 21.15, su Rai4.
DOMANI
Peccato per l’orario non proprio abbordabile (domani sera alle 23.50, su Rete 4), ma The boxer, girato da Jim Sheridan nel 1997 è un film che merita di essere visto. Racconta di Danny (Daniel Day-Lewis) e Maggie (Emily Watson), due ragazzi irlandesi cresciuti insieme in una Belfast insanguinata dalla guerra civile. Danny è un militante dell’Ira, il gruppo terroristico irlandese che combatte gli inglesi. Finisce in carcere e quando torna in libertà, trova Maggie che si è rifatta una vita sposando il suo migliore amico.
Un po’ per sfogare le sue frustrazioni, un po’ per offrire una chance di futuro ai ragazzi di Belfast, Danny apre una palestra di boxe. E scopre che lui e Maggie non hanno mai smesso di amarsi.
Film intenso, interessante, godibile. Ha scritto sulla pellicola Film Tv: “È onesto, pacifista, scabro e dubbioso come solo può essere oggi un film sull’Irlanda (come sulla ex Yugoslavia, sull’Algeria, sulle mille guerre di religione, razza, cultura che assediano il mondo). “The Boxer” non è sull’Ira buona e gli inglesi cattivi, e nemmeno sull’Ira buona e quella cattiva, ma sullo sfinimento di una guerra ormai “infinita”. Jim Sheridan, alla sua terza collaborazione con Daniel Day-Lewis (che è davvero molto bravo in una parte proletaria, in sottotono e neppure tanto fascinosa), mette giustamente la sordina a questa storia di persone che tentano di ricominciare a vivere, appunto, in sordina.”
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