Dopo il successo di Per un pugno di dollari e Per qualche Dollaro in più, per Sergio Leone era difficilissimo ripetersi. E invece ci riesce, che meglio non si potrebbe, nell’ultimo capitolo della trilogia del dollaro: Il buono, il brutto e il cattivo. Secondo Quentin Tarantino, si tratta di una delle pellicole più belle di tutti i tempi. Di certo, il celeberrimo “triello” finale che oppone i tre protagonisti è materia di studio nelle scuole di cinema, per la perfezione formale delle inquadrature, per la maggior parte giocate su primi e primissimi piani, e per il montaggio.
Ancora una volta Leone sfida le convenzioni del cinema western, e le riscrive. Demistifica la violenza gratuita e fine a se stessa che anima i tre protagonisti, denuncia la brutalità della guerra di secessione, mettendo in discussione i capisaldi stessi del sogno americano (critica che vedrà le sue massime espressioni in C’era una volta il West e C’era una volta in America)
Un film indimenticabile, in cui i protagonisti danno il meglio di sè. Clint Eastwood (il Buono) è un biondo cacciatore di taglie, che cattura ripetutamente Tuco, (il Brutto, Eli Wallach) un bandito, per rimetterlo in libertà e poter incassare nuovamente la taglia. Il giochino non sfugge a Sentenza (Lee Van Cleef, il Cattivo), sergente dell’esercito unionista che a sua volta dà la caccia a un certo Jackson, soldato confederato scomparso con la cassa del reggimento, contenente 200.000 dollari.
La caccia al tesoro costituisce il leit motiv del film, e vedrà i tre protagonisti rincorrersi continuamente, fino al già ricordato, famosissimo triello finale, la cui drammaticità è esaltata dalla musica di Ennio Morricone.
Molta bella ed efficace, anche per la carica pacifista che lo sorregge, la parte dedicata alla guerra, con il capitano nordista (magistralmente interpretato da Aldo Giuffrè) che stufo della violenza e della morte che lo circonda, vorrebbe far saltare il ponte, al centro di una lunga e cruenta battaglia tra i due eserciti, per salvare la vita ai suoi uomini. Verrà accontentato dal Biondo e da Tuco.
Alla sua uscita, il film divise la critica (che si è successivamente ricreduta), ma il pubblicò decretò uno straordinario successo.
In una intervista Leone disse che all’interno di ciascuno dei tre personaggi c’è qualcosa di autobiografico: “Nel mio mondo, sono gli anarchici i personaggi più veri. Li conosco meglio perché le mie idee sono più vicine alle loro. Io sono fatto di tutti e tre. Sentenza non ha anima, è un professionista nel più banale senso del termine. Come un robot. Non è questo il caso degli altri due personaggi. Considerando il lato metodico e cauto del mio carattere, sono simile al Biondo: ma la mia profonda simpatia andrà sempre dalla parte di Tuco… sa essere toccante con tutta quella tenerezza e umanità ferita. Ma Tuco è anche una creatura tutto istinto, un bastardo, un vagabondo.”
Stasera, su RaiMovie, alle 21.20. Come per ogni film di Sergio Leone, un imperdibile gioiello.
DOMANI
Amo i fratelli Cohen perché sono la quintessenza del cinema. Per le loro sapienti e spesso sconvolgenti alchimie tra realtà e funzione. Fargo – in onda domani sera alle 23.20 su RaiMovie – è in questo senso un film particolarmente rappresentativo del modo con cui i due fratelli vedono ed intendono la settima arte. All’inizio del film si legge : “Quella che vedrete è una storia vera – I fatti esposti nel film sono accaduti nel 1987 nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati usati dei nomi fittizi. Per rispettare le vittime tutto il resto è stato fedelmente riportato.”
In realtà la trama è totalmente inventata, come viene chiarito nei titoli di coda: “Le persone e gli eventi rappresentati in questa produzione sono fittizi. Nessuna somiglianza con persone reali, vive o decedute, è intenzionale o dovrebbe essere desunta.”
Secondo Joel Coen “se il pubblico crede che una cosa sia basata su un evento reale, questo ti dà il permesso di fare cose che altrimenti la gente non potrebbe accettare.”
Ed è questo assioma che sta dietro la macchina perfetta della storia raccontata in Fargo. Venditore di auto in crisi finanziaria, Jerry Lundegaard (William H. Macy) decide di inscenare un finto rapimento della moglie, allo scopo di chiedere il riscatto al ricco e facoltà suocero. Allo scopo, ingaggia due sicari (Steve Buscemi e Peter Stormare), che effettivamente rapiscono la donna. Le cose prenderanno però una piega del tutto inaspettata, soprattutto quando nella vicenda farà il suo ingresso Marge Gunderson (Frances McDormand), capo della polizia locale al settimo mese di gravidanza.
Scritto da Joel ed Ethan Coen, e diretto da Joel Coen, Fargo è il noir perfetto. Il ritmo è incalzante, tutto fila alla perfezione. La violenza di cui la pellicola è disseminata non è mai gratuita, ma risponde alla logica della storia.
Secondo Morandini, “uno dei migliori film dei fratelli Coen, il più classico almeno nella forma, pur essendo impregnato di quell’umorismo macabro che è il loro marchio di fabbrica.”
Premio per la miglior regia a Cannes, ha anche vinto due Premi Oscar, per la Miglior sceneggiatura originale e per la Miglior attrice protagonista, Frances McDormand.
Nel 2006 è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
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