Il Ministero dei Beni Culturali dovrebbe tassativamente vietare che film – anzi, beni culturali – come C’era una volta in America, vengano trasmessi dalla televisione pubblica in maniera così sciatta e pedestre, così come è avvenuto ieri sera su RaiTre. È stato un oltraggio alla memoria di Sergio Leone, al senso estetico e all’intelligenza degli italiani.
La terza rete ha fatto a pezzi il capolavoro del grande regista romano, il suo film testamento, proiettandolo come non si sognerebbe di fare neanche la più scalcagnata sala di ottava visione.
Il pressappochismo dei programmisti della televisione pubblica (quella per la quale noi tutti paghiamo un canone, e quindi abbiamo il diritto di pretendere una qualità all’altezza della situazione) è stato veramente esasperante.
C’era una volta in America è un film lungo, complesso, di quelli che andrebbero visti tutti d’un fiato: è il più epico della cinematografia di Sergio Leone, tutto giocato su continui flash back temporali. Storie che si intrecciano a storie, com’è giusto che accada in un film che è prima di tutto una grande, struggente riflessione sul tempo, sull’amicizia, sul tradimento.
Rai Tre mandava in onda ieri sera, probabilmente per la prima volta sulla televisione pubblica, e in prima serata, la versione estesa del capolavoro di Leone, che mostra scene che l’autore fu costretto a tagliare per le pressioni del produttore, Arnon Milchan (che fece anche di peggio, ma questa è un’altra storia).
Le sequenze sono state miracolosamente recuperate grazie all’impegno della famiglia Leone, che ha voluto così onorare la memoria e la volontà del più grande regista italiano (la valutazione è ovviamente del tutto personale…) che non si era mai arreso a quei tagli scellerati.
Il lavoro di restauro è stato un capolavoro: si è dovuto lavorare in condizioni di estrema difficoltà. Purtroppo non sono stati ritrovati i negativi delle scene tagliate, e si è dovuto quindi operare sui positivi, danneggiati dal tempo trascorso. È stata un’operazione lunga e certosina, ma ne è valsa ampiamente la pena, perché le aggiunte gettano luce nuova su alcuni passaggi della storia.
A realizzare il miracoloso recupero, il restauro e il nuovo montaggio è stata l’Immagine Ritrovata di Bologna, con il finanziamento di Gucci e della Film Foundation di Martin Scorsese. Insomma, un’operazione culturale di altissimo profilo, che non meritava lo scempio cui il film è stato sottoposto, ieri sera.
Le scene aggiunte (per 26’ in tutto) hanno portato la durata complessiva del film a 220’.
Un’autentica maratona cinematografica per godere della quale è indispensabile un minimo di concentrazione, senza le continue interruzioni pubblicitarie che hanno invece devastato la proiezione del film. Come se non bastasse, più o meno a metà della proiezione, in uno dei momenti topici della pellicola, i programmisti della Rai hanno infilato le edizioni del Telegiornale di Raitre. Che bravi.
Federico Fellini, verso la fine della sua luminosa carriera, lanciò una dura campagna contro gli spot che abbruttiscono i film, opere d’arte, secondo il maestro di Rimini.
Non si interrompe un’emozione, era lo slogan di quella campagna che suscitò un certo interesse e portò anche al pronunciamento favorevole di un tribunale. Poi, sapete che vanno le cose in Italia: nessuno controlla, e la guerra dell’audience si combatte senza esclusione di colpi.
Così RaiTre, ieri sera, l’emozione l’ha interrotta, eccome. Andando al di là di di ogni più fosca previsione.
Facciamo un po’ di conti. C’era una volta in America è cominciato alle 21.15, ed è finito all’1.50, per una durata totale, comprese le interruzioni pubblicitarie, gli onnipresenti e invasivi promo dei programmi Rai e i telegiornali, di 4 ore e 35 minuti, ovvero di 275 minuti.
Sottraendo 220′ a 275′, otteniamo 55’, che è la durata complessiva del minestrone ammannito da RaiTre ai suoi incolpevoli spettatori. Più o meno, in media un minuto di pubblicità o news per quattro minuti di proiezione. Assurdo.
Vi siete incazzati? Io sì, ed anche tanto. Ma aspettate, perché non è ancora finita.
RaiTre è riuscita a fare anche di peggio. Non è stato possibile doppiare le nuove scene inserite del film: sarebbe stato necessario rifare il doppiaggio punto e daccapo, con costi esorbitanti.
La soluzione (del tutto corretta, dal punto di vista filologico) utilizzata dai tecnici che hanno curato il restauro è stata quelle di utilizzarele voci originali degli attori, mandando contemporaneamente i sottotitoli in italiano.
E sapete RaiTre che ha combinato? Mentre sullo schermo scorrevano i sottotitoli delle nuove sequenze del film, i tecnici hanno mandato in onda il serpentone con l’annuncio della raccolta fondi per la ricostruzione delle aree colpite del terremoto. Sacrosanto, ma – accidenti – non si poteva aspettare un po’? Possibile che il moloch della pubblicità debba imperversare in questo modo inverecondo?
Ma che volete che importi alla gente di Sergio Leone? Mica è Checco Zalone…
Geppe Inserra
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