OGGI
Il grande cinema si guarda sempre con piacere, e regala sempre godimento estetico, a prescindere dal genere, e perfino dalla storia che viene raccontata. Spartacus (domani sera su Iris, alle 21.00) ne è la dimostrazione più evidente. Si inserisce nel genere storico kolossal, assai di voga negli anni Sessanta. E, del resto, la dimensione storica che strizza l’occhio a quella epica, si addice particolarmente alla macchina del cinema, alla innata vocazione del cinema a produrre spettacolo.
Figuriamoci poi se Kirk Douglas, produttore e interprete della pellicola, chiama a girarla Stanley Kubrick. Che esegue il compito senza imprimere al film il tocco personale che costituisce una costante del suo cinema, ma lo fa alla perfezione. Non c’è passaggio, non c’è sequenza, non c’è inquadratura che non sia sublime, e che non ti faccia pensare: Questo è cinema, grande cinema.
La storia è quella di Spartaco, gladiatore ed eroe proletario che capeggia una rivolta di schiavi contro lo spietato potere imperiale. I ribelli riescono a sconfiggere i legionari mandati da Roma. Non riescono a fuggire così come avevano progettato, per il mancato arrivo delle navi. Spartaco decide allora di assediare Roma, ma la rivolta verrà repressa nel sangue.
Cast d’eccezione con Kirk Douglas, Laurence Olivier, Jean Simmons, Charles Laughton e Peter Ustinov. La pellicola si aggiudicò 4 Oscar: a Ustinov come attore non protagonista, alla fotografia, alla scenografia e ai costumi.
DOMANI
Prendete una storia bizzarra, un attore (Jeff Bridges) che la interpreta in modo sublime, un paio di autori che conoscono a menadito ogni più piccolo ingranaggio dello spettacolo cinematografico, e il cult movie è servito. L’impresa è riuscita alla grande a Joel ed Ethan Coen formalmente regista e produttore (in realtà hanno curato insieme la regia) di uno dei cult più grandi e più citati di tutti i tempi: Il grande Lebosky, in onda su Italia 1 alle 0.35 della notte tra domani e dopodomani.
Scatenato, eccessivo, politicamente scorretto, pieno zeppo di trovate che avvincono lo spettatore dal primo all’ultimo fotogramma, sorretto da una sceneggiatura che rappresenta in se stessa un manuale di scrittura cinematografica (anche questa firmata, come il soggetto, dai fratelli Coen),
il film racconta la storia di Jeffrey Lebowski, detto Drugo (Dude nella versione originale), un fannullone che vivacchia senza troppi problemi tra partite di bowling con gli amici Walter e Donny, fumate di marijuana e grandi bevute di White Russian.
Fino a quando nella sua vita non irrompono due sgherri, che lo aggrediscono scambiandolo per un miliardario suo omonimo, picchiandolo brutalmente e rovinandogli un tappeto, cui Drugo tiene molto, al punto che decide di farselo risarcire dal suo facoltoso omonimo: viene così coinvolto in un’intricata serie di vicende che lo invischiano, suo malgrado, in rapimenti e riscatti, in compagnia di artisti pazzoidi e giocatori di bowling che si credono delle divinità.
Cast stellare: danno man forte a Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, David Huddleston, Julianne Moore, John Turturro e Ben Gazzara.
Il mondo e la concezione della vita di Lebowski sono diventati dopo l’uscita del film tema di saggi e di articoli anche di natura scientifica, comprese le migliori tecniche di preparazione del White Russian. A Louisville e in altre città americane, si svolge annualmente il Lebowski Fest, con visioni collettive della pellicola, concerti, dibattiti. Insomma, un vero e proprio oggetto di culto. Da vedere e rivedere, ogni volta che si può.
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