La Capitanata vista da Google Earth |
In diversi dei suoi precedenti articoli sui temi dello sviluppo, Franco Antonucci, ingegnere ed urbanista che ha diretto per decenni il Consorzio Asi a Foggia, ha rilanciato la necessità di un piano strategico per la Capitanata. Ma da dove cominciare? Perché, per esempio, la programmazione strategica passata alla storia come Capitanata 2020 non è ancora riuscita a sortire gli effetti attesi, pur essendo il frutto di una concertazione intensa tra i diversi attori dello sviluppo? Cosa è mancato?
In questo articolo, Antonucci aggiungere al puzzle una tessera importante. Dobbiamo cominciare veramente a guardare al territorio provinciale in termini di area vasta. Nella pianificazione strategica che ha ispirato Capitanata 2020, l’area vasta era una sorta di surrogato dell’area metropolitana.
Il punto è che sappiamo molto bene cos’è un’area metropolitana, mentre è più difficile identificare, e soprattutto costruire, un’area vasta.
La pentapoli o l’esapoli erano una bella intuizione, ma da sole non sono bastate ad innescare un nuovo modello di sviluppo. Occorre individuare strategie ad hoc che per la Capitanata, proprio per la sua unicità, proprio per la sua naturale attitudine ad essere area vasta, potrebbe rappresentare una grande occasione di futuro.
Per questo mi pare che l’articolo di Franco Antonucci che pubblichiamo di seguito rappresenti un contributo fondamentale, alla cui lettura invito tutto quanti hanno veramente a cuore le sorti e il futuro della nostra terra (G.I.)
Ci sono molte Province e loro città capoluogo che, in ragione di un tessuto urbano circostante particolarmente diffuso, pensano già di inglobare una serie di piccoli Paesini vicini, tutti a breve distanza l’uno dall’altro, e soprattutto quasi attaccati alla loro città capoluogo, che nel frattempo si è espansa per fatti propri. Con questo preparandosi ad una “pianificazione di Area metropolitana” di nuova generazione. Una città a me nota in questo senso è la città di Pescara, che si riconosce come città lineare costiera lunghissima, intrecciata ortogonalmente ad una grande sequenza diffusa lungo l’intera vallata del Fiume Pescara.
Il processo di espansione metropolitana ha sempre proceduto attraverso un meccanismo di metabolismo circostante. Come una lava che nella sua lenta discesa dalla bocca del vulcano tutto travolge ed incorpora.
La metropolizzazione progressiva estende l’effetto-città oltre l’attuale centro urbano consolidato, inseguendo una maggiore consistenza urbana. Ma trasformando, in bene ed in male, la sua entità urbana, in un nuovo gigante onnicomprensivo. Sono gli odierni prodromi delle “città metropolitane” di sempre, che in Italia si stanno moltiplicando a dismisura. L’Italia il Paese delle mille città, ora delle mille Metropoli.
Questi nuovi fenomeni sono anche generati dalla crisi delle Province come soggetti Istituzionali intermedi, una volta parte di una struttura gerarchica verticalizzata, oggi ormai superata per vari motivi.
L’Area metropolitana è la sostituzione “mediana”, ma urbana al tempo stesso, nei confronti di un contesto territoriale liberato dalla moltitudine dei soggetti “terzi”, valorizzando a tutto tondo le città come cellule territoriali a base indivisibile e riproducibile, anche a media scala, come materia di espansione organica territoriale viscosa. Sia pure andando, troppo spesso, verso una eccessiva macro-dimensione opprimente. Che non sempre risolve le questioni, ma, anzi, le complica.
In alcuni casi appare come un’aspirazione presuntuosa, o orgoglio represso delle tradizionali “città medie provinciali” (la letteratura scadente della “città di provincia”), con la voglia di diventare semplicemente una città più importante. Presumendo anche di poter giocare un ruolo più rilevante nello scacchiere della mappatura strategica nazionale. Se la strategia c’è l’hai bene, se no ciao.
Una vocazione talvolta forzata nei confronti di parametri dimensionali normati a livello centrale per le città metropolitane già consolidate o in formazione ammessa. Norme che dal concetto primo di “soglia” minima, sono poi diventati esagerati e rigidi vincoli astratti. La conformazione dell’Area metropolita deve scaturire, viceversa, da considerazioni più specificamente urbanistiche reali, individuabili, caso per caso, dalle singole situazioni locali (città-territorio e non solo).
Un migliore concetto di “macro-pianificazione” dovrebbe o potrebbe, comunque, sostituire o eliminare gli oggetti/soggetti istituzionali intermedi di qualsiasi tipo, che “appesantiscono” il processo di coinvolgimento urbano e territoriale organico. Il “metodo” astratto di una “PIANIFICAZIONE territoriale innovativa potrebbe sostituire l’istituzione nei palazzi. In termini di “semplificazione”, ma anche di nuovi contenuti, che si esprimo con una nuova continuità oggettiva. Un passaggio di questo tipo non sarebbe poco. A condizione che non fosse solo un gioco di politica. Addirittura se questo passaggio – dalla soggettualità multipla alla processualità metodologica -, si estendesse alla macchina generale del Paese, in misura adeguatamente adeguata, i conti totali tornerebbero più facilmente. Alcuni strumenti astratti (i modelli di pianificazione) che sostituiscono i soggetti giuridici. Favoloso ED assurdo al tempo stesso!
Naturalmente rifondando completamente il modo di concepire le “macro-pianificazioni”.
La pianificazione delle Aree metropolitane ha già i suoi “preliminari” e le sue esperienze mature, e che dal modello “centralizzato” tradizionale è passato a quello “policentrico” integrato, non fosse altro che per una questione di equità inter-territoriale. Quindi è in vantaggio.
Laddove non è possibile o non congeniale il modello dell’Area metropolitana è applicabile quello dell’AREA VASTA. Che non è solo un’alternativa alla crisi delle Province. È un modo di organizzare il territorio delle “città medie” che non avevano, fino a ieri, un loro riferimento territoriale chiaro, e che oggi emerge anche a seguito del succitato fenomeno di crisi degli Enti intermedi, che, comunque supplivano alla carenza territoriale vasta, attraverso i Piani territoriali di coordinamento provinciale. Che di rado riuscivano ad esprimere l’intera vocazione del loro territorio, al di là della sola specificazione ambientale che molte Regioni avevano loro affidato.
Adesso la nuova “pianificazione di Area vasta” deve necessariamente chiamare in causa i Comuni capoluoghi, diversamente responsabilizzati e specializzati, ovvero i Sistemi poli-urbani provinciali (Capitanata). Non esiste, infatti, una sufficiente teorizzazione e messa a punto del modello della “Pianificazione di Area vasta” post-Province. Quindi di conseguenza non esistono esperienze convincenti in merito. L’Area VASTA è ancora una chimera tutta da inventare.
Un elemento fondamentale, probabilmente, è estraibile dalle ultime schematizzazioni delle stesse Aree metropolitane policentriche, che sono passate dai modelli concentrici e/o radiali, al policentrismo delle nuove teorie a “reti complesse”.
Forse in modo più semplificato, l’Area VASTA si potrebbe rifarsi al concetto delle reti, ma con la individuazione di specifici “nodi” alle rispettive intersezioni (concetto analogo al policentrismo complesso dell’Area metropolitana), che, in tale caso, sono materializzati da strutture o servizi di eccezione territoriale “vasta”. I cui bracci di interconnessione sono essenzialmente le reti delle infrastrutture territoriali della mobilità e non solo. I “nodi” possono anche coincidere con i poli urbani minori, in modo più convincente, anche in questo caso secondo un modello poli-urbano.
Alcuni “nodi” periferici strategici, saranno, quindi, assunti come “cerniere” speciali per la costruzione di reti ancora più grandi, di carattere inter-territoriale.
Questo in una teoria ipotetica generale dell’Area VASTA. Che nel caso della Capitanata diventa ancora più suggestiva ed originale. La Capitanata, infatti, come troppe volte detto (invano), è composta da una maglia dilatata poli-urbana, con essenziali infrastrutture della mobilità a geometria radiale e anulare concentrica, e scala territoriale ed inter-territoriale.
È l’occasione massima per una sperimentazione esemplare ai massimi livelli.
LA CAPITANATA PUÒ DIVENTARE IL MODELLO PILOTA IN ITALIA PER UNA SPERIMENTAZIONE DI PIANIFICAZIONE DI AREA VASTA A LIVELLO NAZIONALE ED OLTRE.
Forse la Capitanata, almeno per una volta, diventerebbe un caso nazionale ed oltre (positivo), in un campo di estremo interesse per tutti quei territori, che non si identificano con l’Area metropolitana. E forse ad utilità anche di quest’ultima.
L’AREA VASTA che va in aiuto all’AREA METROPOLITANA? Sarebbe un paradosso, che comunque non è impossibile.
Eustacchiofranco Antonucci. 26-12-2016
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Io non insisterei solo sulla architettura socializzata ma, sulla socialità architettata.