OGGI IN TV
Un sacco bello è Ecce Bombo spiegato alle masse, è stato scritto dell’opera prima di Carlo Verdone. Il film di Nanni Moretti è di due anni prima. Quello di Verdone, prima di allora noto soprattutto per le sue gag televisive, del 1980. Le due opera hanno segnato un salto epocale per tutto il cinema italiano.
Sostenuto dalla sceneggiatura firmata assieme a Benvenuti e De Bernardo e dai paterni consigli di Sergio Leone, l’esordio di Verdone dietro la macchina da presa è scoppiettante e travolgente.
Nella pellicola s’intrecciano le vicende di tre personaggi che riecheggiano quelli portati da Verdone sul piccolo schermo: Enzo, tipico bullo romano in trasferta in Polonia, Ruggero promotore di una comunità hippy e il timido e introverso Leo che incontra una ragazza in crisi.
Un sacco bello riscosse un successo travolgente al botteghino, aprendo un nuovo capitolo nella storia della commedia all’italiana. Iris lo ripropone stasera alle 21. Qui sotto la sequenza (con un Mario Brega spettacolare più che mai) dell’ “io so’ comunista”.
DOMANI
Marco Bellocchio è il regista più atipico, indipendente e sorprendente del cinema italiano. Mentre è uscito da qualche giorno nelle sale il suo ultimo film, Fai bei sogni (tratto in qualche modo dall’omonimo libro di Massimo Gramellini, che un po’ rispetta e un po’ tradisce, coerentemente alla logica frammentaria che ha sempre sorretto la sua cinematografia) Rai Storia propone domani sera alle 21.00 l’opera prima del regista emiliano: I pugni in tasca, uscito nel 1965 e per molti versi anticipatore geniale della contestazione giovanile che sarebbe divampata di lì a poco.
Film eccessivo, disturbante, dirompente, I pugni in tasca è un monumento del cinema indipendente italiano: il montaggio fu firmato da Silvano Agosti (con lo pseudonimo di Aurelio Mangiacotti), la produzione venne finanziata con il persona contributo della famiglia Bellocchio, gli attori e la troupe accettarono di lavorare con compensi ridotti. Ne venne fuori un capolavoro.
La pellicola racconta la vita di una famiglia i cui componenti sono affetti da cecità (la mamma) e da gravi turbe psichiche (i fratelli e la sorella) che esplodono in una serie di atti di violenza e fatti di sangue. La malattia della madre e l’epilessia del fratello Alessandro (interpretato da uno straordinario Lou Castel) vengono rappresentati da Bellocchio come metafora delle nevrosi sociali e famigliari. Il solo membro della famiglia a non soffrire di disturbi è Augusto, la cui normalità borghese si rivela alla fine eticamente problematica, come per il resto dei componenti della famiglia. Ritenuto un film manifesto, è stato incluso tra i 100 film italiani da salvare.
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