Appassionano, i temi referendari, più di quanto non si creda. L’uditorio che affolla la sede dell’associazione Capitanata Futura in via Rovelli per assistere al confronto tra i sostenitori del sì e quelli del no, è composito, ma tutt’altro che digiuno di politica coordinato. L’impressione è che gli incerti si contino sulle dita d’una mano, e il confronto tra le diverse posizioni è accalorato, a tratti teso. Tiziana Zappatore, presidente di Capitanata Futura e moderatrice della serata, ha il suo bel daffare per tenere gli animi calmi.
Alla fine ognuno se ne va con l’idea che aveva quando è venuto, ma con un molte informazioni in più.
L’affollato e partecipato confronto mette di fronte per il sì Massimo de Meo, foggiano e Coordinatore nazionale della Rete dei Sì, e Alfonso De Pellegrino, capogruppo del Pd al Comune di Foggia. Le ragioni del no sono invece sostenute da Mario Nobile, di Sinistra Italiana, componente del Comitato Provinciale per il No e da Loredana Olivieri, segretaria provinciale della Cgil di Foggia.
La moderatrice apre le danze dando lettura del quesito referendario, che definisce contrastatissimo, e tanto basta a scaldare gli animi.
Massimo De Meo esordisce illustrando le ragioni per cui è nata la Rete dei Sì, associazione che non intende limitare la sua attività alla sola campagna referendaria: “Vogliamo promuovere una nuova cultura di educazione civica condivisa che intendiamo portare avanti anche dopo il referendum. C’è un ritardo oggettivo nella conoscenza della Costituzione, ed anche nella sua attuazione. Per quanto riguarda i referendum va detto che i principi fondamentali non sono toccati. È dunque il caso di essere pragmatici e confrontarsi nel merito, a cominciare dal superamento del bicameralismo, che era necessario in passato quando si volevano evitare maggioranze troppo ampie per bilanciare i rapporti di forza tra maggioranza e opposizione, ma oggi è un inutile peso. Il quesito si limita a riportare il titolo della legge come è successo in passato.”
Non è dello stesso avviso Mario Nobile: “Il quesito referendario è fuorviante, e ci impegneremo per spiegare agli elettori che non si tratta di questioni tecniche, ma della vita reale e quotidiana di noi tutti, perché se la riforma verrà approvata ci sarà un ulteriore restringimento della democrazia e dei diritti.”
Il giovane esponente del Comitato per il No si è quindi soffermato sulla riforma del Senato: “La trasformazione del Senato in senato delle autonomie è ispirata alla organizzazione tedesca che prevede però solo assessori regionali che difendono gli interessi delle regioni, dei loro territori e non dei partiti. La riforma lascia irrisolte molte questioni come la modalità di elezione dei senatori che allontanano ancora di più i cittadini dallo Stato e dalla Politica.”
Alfonso De Pellegrino invita ad “evitare un approccio eccessivamente giuridico. Non sono un costituzionalista. Il referendum rischia di diventare un momento di lotta politica e non, come dovrebbe essere, un’occasione di confronto e discussione. La modernità ci chiede di aggiornare le istituzioni. La potestà concorrente tra Stato e Regioni non ha funzionato. Ha legiferato più spesso la corte costituzionale che non lo stato o le regioni. Un imprenditore che voglia investire deve trovare lo stesso sistema di regole in tutto il territorio. Se vince il no resteremo come stiamo adesso.”
A favore del no è intervenuta anche Loredana Olivieri, segretaria provinciale della Cgil, che ha duramente criticato l’approccio del governo Renzi alle riforme: “Non sempre il cambiamento significa miglioramento. Abbiamo avuto riforme che sono deforme, come il Jobs act o la buona scuola. Nel quesito referendario si raccontano bugie. Si modificano 47 articoli, e tutto questo non si può sintetizzare solo nel titolo.
È necessario riflettere sia sul merito che sul metodo. La Costituzione non è del governo ma dei cittadini. Si poteva risparmiare tagliando gli stipendi dei deputati, invece si è tolto ai cittadini il diritto di votare i propri rappresentanti. La riforma sta dividendo il Paese quando invece dovrebbe unirlo.”
La divisione stasera è stata tangibile: produce lacerazioni profonde e innesca tensioni. Comunque vadano le cose, il 4 dicembre, l’impressione è che l’esito referendario sia destinato a lasciare ferite profonde, soprattutto in casa del centrosinistra. Ferite difficili da rimarginare.
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Una cosa è certa: i cittadini non voteranno più per i senatori e saranno necessarie non più 50.000 ma ben 150.000 firme per proporre una legge di iniziativa popolare.
E' questo l'allargamento degli spazi di democrazia voluto dal legislatore.