Sono persuaso che le donne siano più brave a governare degli uomini. Più oneste, più lungimiranti, meno pensose della propria carriera e del proprio posto al sole, e più attente all’interesse generale. Anche per questo, l’articolo-racconto che Franco Eustacchio Antonucci ha voluto regalare agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane mi piace molto. Sono certo che farà discutere. Donne di Capitanata leggete, commentate… (g.i.)
Mi capita sempre più spesso di ritornare al ricordo di alcune cose che ci diceva mia Madre, donna di grande cultura e di fertile fantasia. E di intuito spesso sorprendentemente previgente.
I miei Genitori erano nati e vissuti a Roma, poi impiantati di colpo a Foggia, per motivi di lavoro di mio Padre. L’inizio è stato per la verità traumatico, quando, tanti anni, fa la città di Foggia era ancora abbastanza chiusa in se stessa. Quando i media erano solo un apparecchio radio. Quando le donne foggiane vestivano tutte in nero, con il fazzoletto nero sul capo, e gli uomini con il mantello nero a ruota. (Primi anni ’40).
Mia madre, testarda, voleva continuare a vestire a suo modo, e girava imperterrita, alta com’era, nei suoi vestiti chiari e con i suoi larghi cappelli, pure loro chiari. Era bellissima.
È ovvio che è stata subito e a lungo notata. Ma anche Lei, dopo un suo primo atteggiamento di presa di distanza, ha poi guardato e studiato le persone che Le giravano attorno. Cercando di capire un mondo nuovo e solo apparentemente rovesciato a riccio.
Non è stato un atteggiamento di reciproco rifiuto, perché molte persone foggiane e le loro famiglie hanno poi cercato di avvicinare mia Madre, fare amicizia con Lei e frequentare la nostra casa, che era diventata, in breve tempo, un piccolo salotto foggiano. Da parte sua mia Madre si è subito ricreduta su quelle persone solo a prima vista chiuse in nero, scoprendo in loro una straordinaria generosità.
Ma quello che più mi ritorna in mente, soprattutto in questo periodo di delusioni a ripetizione per la Capitanata, è il giudizio di mia Madre sulle capacità di iniziativa dei Foggiani.
A suo dire e al suo tempo, gli uomini foggiani erano persone un po’ fataliste, diverse dal “quotidiano ottimismo napoletano”. Il Foggiano fa comunque quello che deve fare, fermandosi, però, al momento in cui entra in un conflitto eccessivamente per lui impegnativo.
In sociologia generale questo è il caso di chi trova il suo equilibrio e felicità in una propria ridotta nicchia ridotta, individuale o familiare ristretta, o di Gruppo sociale e/o amicale circoscritto, evitando le nicchie più grandi.
Il Foggiano tipo : “Fai, ma se non ti fanno fare non fare e, a questo punto, nemmeno fai fare agli altri. Poi tornatene a casa, tranquillo, come faranno gli altri. Tutti tranquilli”. Meglio una partita zero a zero. Non so se ancora oggi è così.
Una pur rispettabile filosofia di vita, forse rintracciabile nella particolare storia della antica Transumanza coatta di Capitanata, o altro.
L’intelligenza e fantasia del Foggiano tipo non è comunque intaccata da tutto questo. Anche se la Capitanata ne ha sofferto ed ancora ne soffre, nel fondo delle sue Graduatorie nazionali.
Mia Madre sosteneva che, invece, le donne foggiane erano molto diverse. Perfino oggi lo sono, senza che, forse, esse stesse se ne siano accorte.
Le donne foggiane non si fermano. Sono capaci di andare fino in fondo alle questioni più difficili, molto di più degli uomini foggiani.
In un certo senso, mia Madre, donna che, per suo carattere, ma anche per un suo ambiente di vita diverso, andava dritta come un treno, comunque si vedeva riflessa nella forza delle donne foggiane. Donne dure, dolci al tempo stesso.
Con una differenza, come Lei diceva : “Peccato che le donne foggiane sono sopraffatte da un ambiente maschile ancora dominante, non per cattiveria, ma per trascinamento inconsapevole di una lunga tradizione mentale. Che smorza le loro tensioni, per cui la arrendevolezza (o apatia) degli stessi uomini finisce per azzoppare anche loro”.
Questa idea di mia Madre mi ritorna e mi sorprende per intuito lontano. Trovandomi d’accordo.
Forse è tempo oggi che le donne foggiane escano allo scoperto più che mai, e imporsi molto più degli uomini foggiani nei confronti del cosiddetto “esterno furbo e cattivo”.
Donne di Capitanata rompete, allora, i vostri gusci. Fate azioni. Fate anche politica attiva, dando al territorio nuove rappresentazioni e rappresentanze di maggiore spicco! (La Capitanata non riesce ad esprimere figure politiche di statura elevata da più di mezzo secolo).
Cercate nuove soluzioni per un territorio ormai abbandonato a se stesso e disaggregato come ai tempi della sudditanza “marginale” borbonica, nei riguardi dei territori vicini. Sbattete i pugni sui tavoli, regionali e ovunque. Combattete per nuovi “progetti di territorio”, sempre più organici, diversi da quelli che, ultimamente, sembrano voler andare da una parte o dall’altra. La Capitanata stia nella Capitanata. È così varia che ha tutto quello che occorre per fare da sola.
Sempre che cambi il vigore e la vitalità nelle città della Capitanata sempre più unitaria.
Non date spazio alla furbizia degli altri. Di quelli che credono che la Puglia stia tutta al centro, od anche nella sola parte turistica inferiore del tacco d’Italia.
Diventate imprenditrici innovative. Diffondete una nuova cultura a tutto sesto della nuova Capitanata. Allacciate definitivamente tutte le interconnessioni lunghe della grande “Cerniera di Capitanata”. Acchiappando le direttrici esterne a vasto raggio. Riunite questo territorio policentrico ancora troppo disgregato in tante città e grandi paesoni.
Donne di Capitanata venite fuori. Non da sole se volete. Nessuna sostituzione di genere. Affiancate gli Uomini di Capitanata, dando loro un nuovo motivo ed impeto di compagnia.
Una nuova e più proficua unione di intenti e di reciproche qualità.
La Capitanata diventi la casa comune e più grande delle Donne di Capitanata.
Eustacchiofranco Antonucci. 12-09-2016
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Che dire… Gli sguardi esterni ci prendono sempre. Be' storicamente siamo sempre stati più isolati e gli unici due periodi di grande splendore per noi sono stati quello sotto Federico II ed il Settecento. Del resto, siamo rimasti nel nostro isolamento. Per le politiche donne, penso che purtroppo, ahimè, molta della nostra gente ancora non sia pronta all'eventualità