Marcinelle, Gargano

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Giulio Di Carlo, papà
di Michele Eugenio

Sono convinto che i social network possano essere una fonte inesauribile di public history, ovvero memoria collettiva, che viene recuperata e raccontata attraverso canali e documenti non convenzionali, come fotografie o anche semplicemente ricordi.
Un esempio da manuale arriva da un’interessante discussione che si è aperta sulla bacheca facebook di Michele Eugenio Di Carlo, a seguito di un post di Michele Lauriola. Oggetto, la tragedia di Marcinelle, nella quale morirono tanti minatori italiani.
Il Gargano fu particolarmente colpito dall’emigrazione, e molti furono i garganici che abbandonarono la loro terra per trasferirsi in Belgio, sicché il ricordo della tragedia di Marcinelle è ancora particolarmente vivo.
Raffinati intellettuali, Di Carlo e Lauriola, così come Teresa Maria Rauzino che interviene con una bella testimonianza, sono di quelle persone che ti fanno capire che il Gargano è straordinaria non solo per la natura, il mare e i paesaggi, ma prima di tutto per la sua gente.
Con il consenso di Di Carlo (che ringrazio per questo), Lettere Meridiane pubblica il post e la discussione che si è sviluppata.

* * *

Michele Eugenio Di Carlo
Il mio amico Michele Lauriola scrive a proposito della tragedia di Marcinelle: “Onore ai minatori italiani. Ieri, oggi, sempre. Il Belgio ci deve rispetto”.

Una domenica del 1960 a Milmort

Quando c’è stata la tragedia di Marcinelle avevo un anno e vivevo nella periferia di Liegi a 100 metri da una miniera, quasi sotto le arcate di un ponte autostradale, con il treno che passava dietro il giardino di casa mia. Era lì, a Milmort in rue des Martyrs ( i belgi avevano cercato di fermare i tedeschi dall’invasione proprio in quella strada), il luogo che qualcuno scelse perché mio padre facesse il minatore. Tutta la mia infanzia è stata condizionata, nel bene e nel male, dalla tragedia di Marcinelle con ben 262 minatori uccisi.

La mia educazione la devo a nonni presi in prestito, Emile e Laure Dehareng, e a loro figlio, Jules Dehareng: cari e indimenticabili come nessun altro nella mia vita. È vero, ci chiamavano “spaghetti” e “maccheroni”, ma i belgi ci volevano bene ed eravamo perfettamente integrati, i miei amici erano indifferentemente italiani, belgi, polacchi.

Michele Eugenio con
la madre, Lucia Rinaldi

Concordo con Michele che quei minatori furono venduti per qualche chilo di carbone, ma devo aggiungere che quel carbone serviva all’industrializzazione del nord Italia e che dall’unità d’Italia in poi i contadini del Sud sono sempre stati venduti al miglior offerente, finendo emigrati a milioni in tutto il mondo. A dieci anni sono tornato in Italia, ma tanti miei amici e parenti sono rimasti in Belgio. Nessuno di loro si è mai sentito discriminato, si sono tutti perfettamente integrati. Con il loro lavoro e le loro rimesse in denaro hanno portato solo benefici all’Italia. Nella mia vita sono emigrato anche in altre aree italiane, ma solo in Belgio mi sono sentito a casa mia. Concordo con Michele: onore ai minatori italiani. Per sempre!

Michelina Pecorelli 
Marcinelle è vicino casa. Io intanto quando sono andata a visitare la miniera ho avuto la nausea. Ho pensato a mio padre, quasi 30 anni di lavoro in fondo alla miniera e turno sempre di notte. Quando è accaduta la tragedia, mio padre era da poco che lavorava in miniera, per fortuna non quella. Intanto molti italiani sono ritornati in Italia. Alla ripresa del lavoro avevano paura. È vero che certi corpi sono rimasti giù. La miniera è stata chiusa da quel giorno. Lunedì mattina alle 8.10 la campana è suonata 262 volte in omaggio alle vittime.
Domenico Colasanzio
Scusi se intervengo sulla sua lettera io gli dò perfettamente ragione su tutto quello che dice ma mi permetto umilmente di fare delle precisazioni; in primis tutto quello che si raccontava all’epoca tutti i cartelli che esponevano i belgi nei locali tutto lo schifo che c’è stato a Marcinelle, tutte le bugie dette su quel dramma, come venivano trattati i minatori erano tutte balle?
I nostri governi da quando è stata fatta la Costituzione ci hanno sempre venduti al miglior offerente a noi del Sud, prima con l’emigrazione in massa in America poi quei famosi contratti che si facevano con il Belgio e non per ultimo l’esodo dei meridionali al nord. Io vivo da tanti anni fuori del mio paese e con le dovute proporzioni la prima cosa che ho dovuto imparare è stato il dialetto e le loro regole. Per finire la verità è sempre nel mezzo, comunque sempre onore a quella povera gente morta in Belgio e in tutte le parti del mondo per un tozzo di pane la saluto e mi scuso di nuovo. Buona giornata.

Michele Eugenio Di Carlo 
Non si scusi, ci mancherebbe. Lei ha rappresentato il suo punto di vista che in gran parte coincide con il mio, tranne che per il trattamento riservato dai belgi agli italiani. E non ha tutti i torti, sicuramente c’era pregiudizio nei nostri confronti, ma io ho vissuto personalmente un’altra esperienza. Grazie per il Suo intervento.

Domenico Colasanzio 
Questo è l’unico motivo per cui sono ancora su facebook: dialogare con gente perbene è sempre un piacere buona giornata.

Michele Eugenio Di Carlo 
Dopo aver scritto il post sono andato a trovare mio padre, 92 anni, unico sopravvissuto alle miniere che io conosca di quell’età. Gli ho chiesto di raccontarmi di Marcinelle e se tra le vittime ci fossero state vittime di Vieste e del Gargano. Mi ha detto che non c’erano persone di sua conoscenza e che quando si è presentato al lavoro nella miniera di Milmort era chiusa per lutto. Allora, insieme ad altri minatori, in treno si è recato a Marcinelle in giornata stessa. I minatori, essendo dotati di un tesserino, erano fatti entrare all’interno della miniera, ma all’interno del pozzo dove c’erano le vittime nessuno poteva entrarci, tanto che i morti furono recuperati molti giorni dopo. Mio padre mi ha detto che in verità i corpi non furono nemmeno tutti recuperati.
Ettore Fasani
Amico carissimo, la tragedia di Marcinelle è stata e rimane una vergogna per il nostro paese e per il Belgio. La stessa vergogna che ci umilia sulla condizione degli extra comunitari di oggi.

Michele Eugenio Di Carlo 
Ciao Valérie, vedo che hai visto il post. Tu sei nata e sempre vissuta in Belgio, ti ho visto a Vieste quando eri una ragazza. Tuo nonno, mio zio, Michel Tantimonaco, aveva sposato la sorella di mio padre ed era un minatore. Non sono tornati in Italia e, quindi, tu sei rimasta in Belgio. Non hai qualcosa da raccontare sugli italiani in Belgio?
Valérie Tantimonaco
Ciao Michele mio nonno ha sempre sognato di ritornare a Vieste. Mia nonna voleva rimanere in Belgio per essere vicino a me e vicino a mio padre… Quando stavo piccolina, mi hanno sempre parlato in italiano e io rispondeva in francese. Avevo 12 anni quando mio nonno è morto. Mia nonna mi ha imparato la cucina italiana. Adesso ha l’alzheimer e mi ricordo tutta la sua vita per lei. Quando avevo 18 anni, sognavo di vivere in Italia. Per me, mio nonno è il coraggio. Quando vado a Blegny Mine a fare una passeggiata con i miei figli, dico sempre di pensare a lui, al suo coraggio, alla sua forza. Mi manca tanto. Gabriel (4 anni) mi fa pensare a lui. L’ho chiamato Gabriel Michel

Raffaele Santoro
Diciamo che alla tragedia si è unita la beffa del governo italiano e di quello belga. I lavoratori hanno pagato il conto. quanto ai migranti di oggi in Italia e in Europa non lo fanno certo per scelta. Come non fu una scelta quella degli italiani. Fu sempre una tragedia, specie quando il capofamiglia partiva da solo.

Gina Pisani
Spaghetti li chiamavano !!! la nostra sfortuna per tutti noi nati in Belgio!! essere portati dai nostri padri nei loro paesi natii.

Teresa Maria Rauzino
Scrive il mio amico Nicola Sacchetti, a proposito di Marcinelle,

“La mattina dell’otto agosto di 60 anni fa avvenne la terribile tragedia di Marcinelle -Charleroi- Belgio, con 262 minatori morti, di cui 136 Italiani ( tra questi ben 60 erano abruzzesi, 23 di unico paesino, Manoppello in provincia di Pescara ).
Da cinque anni mio papà lavorava in una miniera vicino Liegi; io da due anni studiavo presso Napoli, in un collegio dei Padri Giuseppini e, in quella estate del ’56, mi godevo la promozione alla terza media.
Il mio ricordo di Marcinelle? Nessuno, allora; tanto, in seguito. Mi spiego meglio: in una sera di agosto del ’56, in collegio, durante la ricreazione che seguiva la cena e precedeva il riposo notturno, Padre Domenico Fipaldini, Prefetto di disciplina, mi fece chiamare; mi presentai, tutto timido e timoroso, non senza aver prima fatto, dentro di me, un rapidissimo esame di coscienza ( cosa ho combinato? Ho infranto qualche regola? Ho disobbedito a qualche superiore?). Temevo un rimprovero o una punizione e invece, con grande sorpresa, mi sentii chiedere: -Tuo padre fa il minatore in Belgio, vero?
– Sì, padre Prefetto.
– In quale città vive?
– A Montegné, provincia di Liegi
– Non sta a Charleroi, a Marcinelle?
– No. a Liegi.
– Quando gli scrivi, qual è l’indirizzo che metti sulla busta della lettera?
– Rue Ioseph Dejardin, n° 54, Montegnè- Liege Belgio
– Sicuro che non sta a Marcinelle?
– No, sta a Montegné
– Va bene, Sacchetti, torna a giocare.
La cosa finì lì. Nei giorni seguenti dimenticai l’episodio.Cinque anni dopo, nell’estate del 1961, ormai liceale, mi recai, per la prima volta, in Belgio, a trovare la mia famiglia. Conobbi da vicino la miniera e seppi, dalla viva voce dei miei, della tragedia di Marcinelle dell’agosto del ’56, dei tanti minatori italiani morti, soprattutto abruzzesi.
Allora ricordai lo strano interrogatorio a cui mi sottopose il Prefetto in una sera di agosto del ’56. E ricostruii tutto: il Direttore e i Superiori avevano saputo della tragedia dal giornale-radio (la televisione era un lusso, nel ’56, anche per i nostri Superiori), si ricordarono che mio papà era minatore in Belgio, si preoccuparono per me, temendo che mio papà fosse tra le vittime e, senza dirmi della disgrazia, con sensibilità ed affetto, si accertarono che io non fossi coinvolto.
Ancora oggi, quando racconto alle figlie questo episodio, la voce mi trema un po’, per la commozione. In quegli anni di collegio ho avuto la fortuna di incontrare Educatori ed Insegnanti splendidi, eccezionali, che sapevano coniugare, nel loro comportamento, professionalità, autorevolezza, sensibilità, umanità e affetto paterno. È stata la mia grande ricchezza!”.

Michele Eugenio Di Carlo 
Grazie Teresa! Spero che il preside Sacchetti si faccia sentire. Sono stato a Montegnée tantissime volte da piccolo, era a pochi chilometri da Milmort e ci andavo con i miei genitori a trovare altri amici minatori. Montegnée è per me un nome magico che, avvolto da una fitta nebbia, è riapparso prepotente grazie al prof. Sacchetti.

Michele Lauriola 
Ho aspettato un po’ prima di scrivere. Il tempo necessario per leggere i vostri interventi. Bellissimi. Edificanti. Ricchi di memoria abitata. Fanno bene. Sono un’iniezione di fiducia. Sono molto contento di avervi come amici. E poi ho scoperto quanto è speciale Michele Eugenio Di Carlo. (In verità è stata solo una conferma). Un abbraccio a voi tutti.

Michele Eugenio Di Carlo 
Senza del tuo post me ne sarei stato zitto, quindi devo ringraziarti. Teresa poi non ha fatto mancare il suo supporto. Un abbraccio ad entrambi.

Michele Lauriola 
Teresa è irriducibile. Una risorsa garganica.

Maria Cassio 
È giusto ricordare queste tragedie che hanno sconvolto non poche famiglie. Si sente ancora vibrare nei racconti di chi ha vissuto tutte le emozioni dell epoca. Grazie.

Michele Eugenio Di Carlo



(didascalia della foto che vedete qui a fianco) La vecchia miniera di Milmort chiusa nel 1962. Oggi su quella superficie c’è un parco.

Lena Ridolfi 
Michele Eugenio Di Carlo come figlia di italiani sono cresciuta senza problemi anche perché ero la terza generazione… la prima ha avuto problemi erano accolti in modo severo e i minatori venivano sfruttati… prima non avevano nemmeno una pensione quando si ammalavano e non solo: perdevano pure la casa consegnata a minatori quindi un disastro. Papà mio come sai era direttore del Benelux e ha messo il cuore nel suo lavoro facendo in modo che passasse una legge che ha studiato e ci ha messo cuore ed  anima in modo che i minatori prendessero la pensione per le malattie professionali …pure gli ex minatori…con arretrati. È merito del suo lavoro che considerava una missione…aggiungo un pezzo dei tanti giornali dove complimentano il suo duro lavoro…tante cose sono cambiate dopo grazie a papà…♡♡♡ ha aiutato anche quando avevano altri problemi..spesso venivano a casa e lui non ha mai rifiutato o detto di andare in ufficio…ascoltava e sempre con gentilezza…molto amato e mi manca tanto!!
Michele Eugenio Di Carlo 
Grazie Lena! Questa è un’altra spendida testimonianza. Siamo tutti grati a tuo papà Pasquale Ridolfi. Questa è anche un’occasione per ricordarlo e rendergli merito di una vita dedicata agli italiani all’estero.

Michele Eugenio Di Carlo
Traduzione dal francese dell’articolo che parla del viestano Pasquale Ridolfi, padre di Lena, che ci ha reso la sua testimonianza:

“Grazie all’azione sociale dinamica e intelligente di M. Pasquale Ridolfi, direttore dell’ INAS-ADACI à Bruxelles, la Corte del Lavoro di Bruxelles a reso una sentenza che farà giurisprudenza e che sarà di vantaggio a tutti i minatori e anziani minatori, belgi e stranieri, afffetti da pneumoconiosi”.

La pneumoconiosi è un’affezione dei polmoni provocata dall’inalazione di polvere. Il termine viene utilizzato per indicare diversi quadri di fibrosi polmonari da inalazione di polveri per cause lavorative: l’amianto, la silice, il talco e i metalli. Nel caso dei minatori l’inalazione di polvere di carbone determinava la silicosi, una malattia di cui quasi tutti i minatori sono risultati affetti.
Da questo possiamo evincere che Pasquale Ridolfi può essere considerato non solo un viestano illustre, ma sicuramente un italiano, che lavorando all’estero, sicuramente ha contribuito a mantenere alta nel mondo la considerazione del suo paese e del Sud da cui proveniva.

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Author: Geppe Inserra

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