Il corto circuito del caporalato nel Tavoliere in un reportage di Internazionale

Farà certamente discutere il reportage di Fabio Ciconte e Stefano Liberti, pubblicato on line da Internazionale. Perché forse per la prima volta si sforza di leggere il fenomeno del caporalato senza pregiudizi, senza moralismi, e dal punto di vista degli stessi caporali.
L’immagine complessiva del caporalato che ne emerge, a tratti, è più quella di un sistema di organizzazione parallela del lavoro, che non di un fenomeno di malaffare. Un sistema – si legge –  “assolutamente normale in un territorio dove lo stato è assente o ha difficoltà a svolgere un efficiente ruolo di intermediazione tra richiesta e offerta di manodopera.”
Protagonista del reportage è. Abu Sow, un senegalese cinquantenne che dal 1998 è nel Tavoliere: il suo lavoro consiste nel reclutare braccianti per conto di aziende agricole , fornire loro un mezzo di trasporto, trattenendo in cambio una piccola percentuale sulla “giornata”.
Si descrive come una sorta di agenzia interinale e respinge con decisione “l’immagine dei caporali aguzzini che approfittano dei braccianti schiavizzati.” Aggiunge che “quelli sono casi estremi, delinquenti che sfruttano immigrati inesperti appena arrivati sul territorio.” 
Eppure Abu Sow è stanco e vorrebbe andare via: la crisi del prezzo del pomodoro ha falcidiato i ricavi delle aziende e di conseguenza anche i salari dei lavoratori. Nel 2000, un cassone di pomodori veniva pagato 5 euro. Oggi soltanto 3,5, racconta il senegalese.
Il resto lo ha fatto il sempre più frequente e massivo ricorso alla raccolta meccanizzata: le aziende si rivolgono ad altre aziende specializzate, i contoterzisti. 
La conclusione è che il lavoro viene pagato sempre meno, e che c’è sempre meno lavoro.
“Una bomba sociale”, affermano senza mezzi termini gli inviati di Internazionale, che raccontano dettagliatamente le condizioni di vita al Grand Ghetto. Almeno duemila immigrati che ciondolano quotidianamente alla ricerca di un lavoro che spesso non trovano.
Antoine è un altro immigrato intervistato da Ciconte e Liberti, e traccia un quadro meno pacifico di quello presentato da Abu Sow. “I caporali se ne approfittano, fanno grandi guadagni sulla pelle di queste persone”.
Il governatore regionale pugliese Michele Emiliamno conferma la volontà di smantellare il Grand Ghetto entro il prossimo autunno. E dopo?
Dopo sarà necessario disinnescare la bomba sociale, incoraggiando esperienze positive come quella, diffusamente raccontata nel reportage, di Casa Sankara-Ghetto out, che ha ottenuto l’assegnazione a titolo gratuito per cinque anni di un’azienda agricola regionale. L’obiettivo è di evitare un muro contro muro che non farebbe che aggravare la tensione sociale. Provare a fare sistema, aiutando quanti vogliono uscire dalla illegalità, come Abu Snow, a farlo utilizzando la rete di relazioni che questi caporali posseggono.
La sfida è alta e comincia a muovere i suoi primi passi in questa difficile estate, che ha rappresentato uno dei momenti di crisi più acuta per l’agricoltura e il lavoro agricolo: “sradicare il sistema del caporalato e dei ghetti con l’aiuto degli africani e degli ex caporali.”
Potete leggere interamente l’inchiesta di Ciconte e Liberti a questo link: http://www.internazionale.it/reportage/fabio-ciconte/2016/08/20/puglia-caporali-pomodori-lotta-illegalita

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Il corto circuito del caporalato nel Tavoliere in un reportage di Internazionale

  1. Segnalo anche il ritorno di Fabrizio Gatti in Capitanata, nel nuovo reportage di questa settimana pubblicato dal settimanale "L'Espresso", sul cosiddetto 'Ghetto di Rignano'. Copertina compresa.
    Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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