È Vieste la regina del turismo pugliese, con quasi due milioni di presenze. Al secondo posto c’è Ugento, che però insegue a distanza siderale, fermandosi a poco più di 800mila presenze. Il Gargano e la Capitanata restano ancora i territori trainanti del turismo regionale, con 4.341.931 presenze. Il Salento è al secondo posto con 4.287.181 presenze, ma al primo per quanto riguarda gli arrivi: 914.051 contro i 903.740 fatti segnare dalla provincia di Foggia.
Ci sarebbe di che essere soddisfatti, se non fosse per alcuni inquietanti segnali che affiorano dal resto dei dati.
Il brand Puglia sta vivendo infatti un momento d’oro, ma paradossalmente la provincia che ne beneficia di meno è proprio quella di Foggia, che è la sola ad accusare una flessione delle presenze, nel settennio che va dal 2008 al 2015.
Mentre il resto della Puglia galoppava, il Gargano e la Daunia arrancavano.
Meno 2,3% per la Capitanata, mentre le altre province pugliesi mettono in campo indicatori addirittura sfavillanti: al top c’è Bari (+34.6%), seguita da Brindisi (+26,1%) e dalla Bat (+22,5%). In crescita anche le province di Lecce e Taranto, ma con tassi decisamente più contenuti, rispettivamente +11,7 e +11,4%.
La forbice che separa la Capitanata dal resto della Puglia è però impressionante. E preoccupante. Tanto da suscitare l’allarme di Confcommercio.
I dati esposti sono desunti dal Report realizzato dall’Ufficio Studi dall’organizzazione di categoria dei commercianti e degli operatori turistici, il cui presidente, Damiano Gelsomino, li commenta puntando il dito senza esitazione contro le politiche turistiche regionali.
“C’è bisogno di un cambio di rotta. Se il Gargano continua ad essere la prima destinazione turistica pugliese per numero di presenze lo si deve principalmente alla capacità delle imprese di rimanere competitive sul mercato. Anche se questo risultato lo si è raggiunto agendo principalmente sulla leva prezzo, riducendo all’osso i margini delle aziende. Tutto questo perché le politiche regionali in materia di promozione turistica degli ultimi dieci anni hanno sicuramente favorito la creazione di un marchio Puglia e aumentato l’appeal della regione, senza però apportare alcun reale beneficio alla provincia di Foggia.”
“I dati evidenziano in modo incontrovertibile – incalza Gelsomino – come i risultati delle politiche messe in campo nel decennio scorso hanno inciso in modo poco omogeneo sul territorio regionale, privilegiando alcune aree rispetto ad altre. Con una aggravante: l’incremento di presenze è avvenuto a scapito di quella che per anni è stata la locomotiva del turismo pugliese. Una locomotiva che ha trainato il settore in un periodo in cui le politiche di promozione regionali latitavano”.
La diagnosi è impietosa, ma incontrovertibile: quando la Regione si è ricordata del turismo e delle potenzialità che esso rappresentava per l’intera economia regionale, ha messo in campo politiche che hanno però penalizzato proprio l’area che aveva, fino ad allora, svolto la funzione di traino.
L’exploit fatto registrare da Bari e da Brindisi è fortemente legato al balzo in avanti compiuto dall’internazionalizzazione del turismo pugliese. Per dirla in povere povere, gli arrivi in Puglia riguardano sempre di più turisti che giungono dai paesi esteri. Ma è proprio questo fenomeno che svela le ragioni dello sviluppo diseguale fatto marcare dai diversi territori pugliesi. Gli stranieri giungono in misura maggiore nelle zone servite da infrastrutture adeguate, prima di tutto aeroportuali.
Confcommercio non intende stare a guardare e annuncia il lancio di una vera e propria Vertenza Gargano.
“Continuare a parlare di strategicità del settore per il rilancio economico della provincia mettendo in campo politiche che la penalizzano, non è più tollerabile”, tuona Gelsomino.
Sembra proprio che il foggianesimo cominci a farsi strada e a contagiare anche il mondo delle imprese, che dopo tutto sono penalizzate quanto i cittadini dalle scelte del governo regionale.
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