La lettera meridiana sui parchi eolici realizzati vicino o addirittura sopra villaggi neolitici del Tavoliere ha suscitato moltissime reazioni da parte degli amici e i lettori di Lettere Meridiane, per lo più indignate. Non sono mancati, tuttavia, commenti improntati allo scetticismo o , come dire, ad un certo riduzionismo, per la serie: la produzione di energia rinnovabile val bene qualche sacrificio, in termini di paesaggio.
Detto tra noi, questa argomentazione, sostenuta anche da taluni ambientalisti (e chiave di volta per capire come un governo regionale di sinistra a spiccata vocazione ambientalista abbia potuto consentire le pale selvagge in una parte del territorio regionale….) , mi pare il classico gatto che si morde la coda: per tutelare l’ambiente, evitando scelte drastiche come il nucleare, rovino il paesaggio. Naturalmente si può fare, ma sarebbe stato il caso di parlarne prima, a carte scoperte, confrontandosi civilmente e democraticamente.
Tra le reazioni che mi hanno fatto maggiormente pensare, c’è quella di Paolo Amorico, che scrive, riprendendo inizialmente un passaggio del mio post: “…la pala è stata piazzato proprio al centro dell’area, d’indubbio interesse archeologico”. D’indubbio interesse archeologico? Qual è la località? Esistono dei documenti che attestino l'”indubbio” interesse? Da dove si evince l’area archeologica o, meglio, il villaggio neolitico? E poi, chi avrebbe rilasciato il permesso di costruzione su un’area con vincolo archeologico? Credo trattasi di domande lecite le cui risposte non leggo in alcun punto dell’articolo.”
Amorico è un osservatore molto attento e rigoroso, e pertanto è necessaria una risposta ragionata e il più possibile puntuale, anche perché la vicenda del sito fotografato da Alex De Muzio è infatti particolarmente rappresentativa di tutta la vicenda dell’invasione dell’eolico.
Allora, le tracce del villaggio neolitico sono quelle rappresentate dai segni più o meno circolari del terreno, che svelano avvallamenti derivanti da fossati che gli archeologici definiscono compound. Le ho ulteriormente evidenziate con le frecce rosse, nella immagine sottostante.
La fotografia aerea è stata il mezzo con cui è stato possibile accertare la presenza di centinaia – dico centinaia -di villaggi neolitici nel Tavoliere e sulle falde del Gargano e dei Monti Dauni.
Paradossalmente, il sito individuato da De Muzio non è dunque qualcosa di eccezionale. Costituisce qualcosa di molto diffuso. E proprio perché la presenza di insediamenti archeologici è un dato frequente nel territorio della provincia di Foggia, si sarebbe dovuta usare più prudenza nella localizzazione dei parchi eolici.
A meno che non si voglia dire che produrre energia alternativa è più importante che tutelare le tracce di un insediamento neolitico: ci può stare, ma bisogna dirlo.
Nello specifico, il sito localizzato da Alex De Muzio è definito con il toponimo “Serra la croce” e si trova in agro di Ascoli Satriano. Come prova dell’interesse archeologico c’è il piano paesaggistico territoriale regionale adottato l’estate scorsa che lo ha sottoposto a vincolo. Purtroppo tardivamente, in quanto il piano è successivo all’installazione della pala.
L’estrapolazione dei vincoli di piano messa a disposizione da Alex De Muzio – che vediamo nella immagine che apre il post – evidenzia chiaramente la paradossale situazione di Serra La Croce (e di quanti alti siti in Capitanata?).
Tre pale tre ricadono nel perimetro dell’area vincolata. Quando era ormai troppo tardi. Come a dire che al danno si aggiunge la beffa.
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