Il plastico del monumento alle vittime dei bombardamenti di Cristian Biasci |
La necessità, l’importanza, l’urgenza di una memoria collettiva condivisa, soprattutto in riferimento ad uno snodo nevralgico della storia foggiana, quale la tragica estate del 1943, è stato sempre uno dei dichiarati obiettivi di Lettere Meridiane. Obiettivo non facile perché, nonostante gli oltre settant’anni trascorsi da quella tragedia, le ferite restano aperte.
Amo pensare alla memoria condivisa come ad un puzzle, da comporre con pazienza e con tenacia. Alberto Mangano e Maurizio De Tullio rappresentano, anche se da posizioni diverse, delle tessere fondamentali di questo mosaico.
Mangano è il promotore del Comitato per il Monumento ai Caduti di quella tragica estate. Maurizio De Tullio, per conto della Biblioteca Provinciale, sta tentando, con la certosina tenacia del ricercatore che tutti gli riconoscono di dare un nome alla vittime, anche per tentare di capire un po’ di più rispetto ad una questione che è stata spesso ingigantita, proprio da quanti non vogliono che attorno ai bombardamenti e al dolore della città, si sedimenti una memoria comune e condivisa.
L’ho detto tante volte, ma vale la pena di ripeterlo: i bombardamenti sono stati una tragedia, al di là del numero effettivo delle vittime e del numero dei palazzi che andarono distrutti. E non è tutto: quella tragica pagina della storia foggiana ha condizionato pesantemente la storia della città negli anni a venire, argomento – questo – sul quale non si è mai riflettuto abbastanza.
Nei commenti che seguono, postati sotto la lettera meridiana in cui commentavo la positiva conclusione del percorso che porterà (finalmente) alla posa in opera del monumento Mangano e De Tullio danno un bell’esempio di come si possa avere opinioni discordanti su alcuni aspetti della questione senza però perdere di vista l’obiettivo finale: custodire la memoria, tramandarla.
Bravi entrambi.
Alberto Mangano.
Io penso che la sinergia tra le parti buone di questa città resta una risorsa della quale dovremmo goderne tutti. Io non penso ci siano polemiche sterili ma piuttosto ritengo ci sia una veemenza sana necessaria al mantenimento di una memoria a lungo termine.
Tutti vogliamo ricordare degnamente i nostri morti e non ci interessa se siano stati 1000, 5000 o 20.000.
Lo faremo noi del comitato, lo faranno le numerose associazioni che si occupano di storia locale, lo faranno quei giornalisti attenti come te che non tralasciano alcun particolare per risalire alla verità storica, lo avranno fatto gli storici che ci hanno lasciato le loro preziose pubblicazioni e lo stanno facendo quei giovani ricercatori foggiani che stanno arricchendo il puzzle di nuovi tasselli.
Questa è una città viva e forse intorno alla sua storia. Lo sta dimostrando egregiamente.
Maurizio De Tullio
Concordo con le parole dell’amico Alberto Mangano anche se mi vien da chiedergli a chi si riferisce quando lascia intendere vi sia una parte “non buona” di questa città. Le sinergie sono sempre un fatto positivo specie se si lavora su un percorso e un obiettivo comuni.
Il mio impegno (professionale e personale) è rivolto da oltre due anni a fare quello che in altre città fu fatto già l’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale o negli anni a seguire: quantificare il numero reale di vittime (che non sarà mai calcolabile al millesimo), dei danni e – laddove possibile – dare un nome a ognuna di quelle povere vittime. Lo sto facendo sul piano istituzionale e non per un vezzo, e le risultanze di queste non facili indagini saranno messe a disposizione di tutti: Istituzioni, cittadini, storici, giornalisti.
Lo faccio con lo scrupolo dello storico (titolo che non ho, sia chiaro) o, se si preferisce, dell’indagatore onesto, che cerca una verità attendibile e non una di comodo. Perché è indubbio che 1.000 o 20.000 morti sono un crimine inaudito, ma sul piano del racconto storico – quello che per convenzione finiamo per leggere sui libri di storia, negli annali statistici, nei reportage giornalistici – occorre muoversi con cautela, lavorando a 360° e senza rischiare di fare dell’agiografia.
Il merito della realizzazione del monumento a ricordo di quella tragedia è tutto ascrivibile ad Alberto Mangano e a chi si è attivato nell’apposito Comitato. Come negarlo? Ed io, ribadisco, vi ho contribuito convintamente da subito!
Ciò che non capisco è il tono da guerra fredda scatenato nei miei confronti solo per aver detto che l’opera scelta non mi convince. Guardando controluce i commenti dell’amico Renato, del sig. Del Grosso e di qualche altro, rilevo una massiccia dose di “cultura Ultras” di cui ho spesso parlato anche su LM, e che non fa certo bene alle aspettative di cui parla Alberto Mangano.
A proposito del bozzetto del prof. Baisci, ammetto – e me ne scuso – di aver sbagliato un termine, laddove ho scritto che la sua opera mi sembra “insignificante”. Ovviamente un significato ce l’ha, ma resta il fatto che non intercetta i miei gusti. E la trovo inadatta perché le sue dimensioni (27 m. x 5) rischiano di coprire la visuale sull’affaccio del nuovo Snodo intermodale.
Ma da qui a mettermi all’indice come un pericoloso sovversivo è atteggiamento che mi preoccupa. Non per me, ma perchè accredita quella tendenza tristemente nota (a ragione) come “Foggianesimo”.
Cordialmente
(Maurizio De Tullio)
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'U cardamone, così come istintivamente l'ho definito, guardandolo la prima volta, andrebbe spiegato nella sua concettualità cosi da avere un chiarimento. Gianni Ruggiero