Le diverse anime della città nel Monumento ai Caduti del ’43

Le anticipazioni sul monumento che ricorderà le vittime della tragica estate del 1943 hanno suscitato qualche polemica e, purtroppo, non c’è da stupirsene.
Se i foggiani fossero riusciti, su questa tragica pagina della storia cittadina, a comporre una memoria condivisa, non si sarebbe dovuto aspettare più di settant’anni, per onorare le migliaia di inermi concittadini caduti sotto le bombe alleate, o falciati dai proiettili delle loro mitragliatrici.
Invece, sono trascorsi settant’anni e passa, punteggiati da stucchevoli polemiche sull’esatto numero dei morti e sulle responsabilità della guerra, come se non fosse chiaro come il sole,che è un’offesa all’umanità ogni morte di uomo per mano di un altro uomo, come se non fosse lapalissiano che la tragedia di Foggia (anche per questo esemplare) è il prodotto della nefasta sommatoria dell’orrore nazi-fascista con il terrore anglo-americano. Entrambi da esecrare. Senza se e senza ma.
E adesso, finalmente, il monumento c’è. Il merito va ascritto prima di tutto a quel manipolo di foggiani capeggiati da Alberto Mangano che hanno raccolto i soldi necessari, che non si sono arresi, che hanno saputo guardare al di sopra e al di là dei veleni, dei pettegolezzi.
Preciso che, per scelta, non ho ancora visto il bozzetto e l’immagine del plastico che circolano in rete. L’ho fatto volutamente, per due motivi. Primo, per evitare che la percezione estetica del Monumento che verrà potesse condizionare l’opinione che sto cercando di esprimere in queste righe, circa il grande valore civico di questa storia, del processo che ha portato a dare compiutezza al sogno del Monumento. Secondo, perché il giudizio estetico è qualcosa di difficile generalizzazione, che dipende dal gusto e dal vissuto di chi guarda un’opera d’arte, e come tale va rispettato. (Se le cose stanno così sbaglia anche chi dice che per valutare l’opera si sarebbe dovuto partecipare alla conferenza stampa di presentazione…. un’opera d’arte parla e comunica di suo, senza spiegazioni preventive).
Quel che conta e importa, qui, è il processo che ha portato al monumento e, in particolare, la fortunata e decisiva sinergia che si è stabilita tra il Comitato, l’amministrazione comunale di Foggia, nella persona dell’assessore alla cultura, Anna Paola Giuliani, l’accademia di Belle Arti. 

Fate mente locale, e pensateci un attimo: questo inedito “triangolo” è qualcosa di più di una rete. È l’incontro tra le dimensioni più importanti e profonde dell’identità cittadina: tra la città come comunità, rappresentata dal Comitato, la città come sfera pubblica rappresentata dal Comune (mai tanto Comune, come in questo caso), la città come conoscenza e come bellezza, rappresentata dall’Accademia di Belle Arti.
Può essere un metodo da far diventare buona prassi, da applicare anche ad altri problemi comuni della città. 
Adesso c’è però un’altra sfida da vincere, forse la più importante. Che il Monumento, il processo che lo ha sorretto, il fortunato incontro tra le diverse dimensioni della città possano portare davvero a quella memoria condivisa che è fino ad oggi mancata.
Le polemiche di questi giorni non sono un segnale incoraggiante, ma proprio per la cruciale importanza della posta in palio (si tratta dell’identità profonda della città, della memoria che può diventare i suo futuro) si ha il dovere di non arrendersi. 
Geppe Inserra
P.S. Alla fine, non ho resistito alla tentazione di guardare il bozzetto del monumento che sarà realizzato da Cristian Biasci. Giuro che non ho cambiato una sola virgola di quanto ho scritto prima.

Pietas, questo è il titolo dell’opera, mi ha profondamente suggestionato e commosso. È un’opera d’arte che parla al cuore della città, come doveva essere.

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “Le diverse anime della città nel Monumento ai Caduti del ’43

  1. Io penso che la sinergia tra le parti buone di questa città resta una risorsa della quale dovremmo goderne tutti. Io non penso ci siano polemiche sterili ma piuttosto ritengo ci sia una veemenza sana necessaria al mantenimento di una memoria a lungo termine.
    Tutti vogliamo ricordare degnamente i nostri morti e non ci interessa se siano stati 1000, 5000 o 20.000.
    Lo faremo noi del comitato, lo faranno le numerose associazioni che si occupano di storia locale, lo faranno quei giornalisti attenti come te che non tralasciano alcun particolare per risalire alla verità storica, lo avranno fatto gli storici che ci hanno lasciato le loro preziose pubblicazioni e lo stanno facendo quei giovani ricercatori foggiani che stanno arricchendo il puzzle di nuovi tasselli.
    Questa è una città viva e forse intorno alla sua storia.o sta dimostrando egregiamente.
    Alberto Mangano

  2. Concordo con le parole dell'amico Alberto Mangano anche se mi vien da chiedergli a chi si riferisce quando lascia intendere vi sia una parte "non buona" di questa città. Le sinergie sono sempre un fatto positivo specie se si lavora su un percorso e un obiettivo comuni.
    Il mio impegno (professionale e personale) è rivolto da oltre due anni a fare quello che in altre città fu fatto già l'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale o negli anni a seguire: quantificare il numero reale di vittime (che non sarà mai calcolabile al millesimo), dei danni e – laddove possibile – dare un nome a ognuna di quelle povere vittime. Lo sto facendo sul piano istituzionale e non per un vezzo, e le risultanze di queste non facili indagini saranno messe a disposizione di tutti: Istituzioni, cittadini, storici, giornalisti.
    Lo faccio con lo scrupolo dello storico (titolo che non ho, sia chiaro) o, se si preferisce, dell'indagatore onesto, che cerca una verità attendibile e non una di comodo. Perché è indubbio che 1.000 o 20.000 morti sono un crimine inaudito, ma sul piano del racconto storico – quello che per convenzione finiamo per leggere sui libri di storia, negli annali statistici, nei reportage giornalistici – occorre muoversi con cautela, lavorando a 360° e senza rischiare di fare dell'agiografia.
    Il merito della realizzazione del monumento a ricordo di quella tragedia è tutto ascrivibile ad Alberto Mangano e a chi si è attivato nell'apposito Comitato. Come negarlo? Ed io, ribadisco, vi ho contribuito convintamente da subito!
    Ciò che non capisco è il tono da guerra fredda scatenato nei miei confronti solo per aver detto che l'opera scelta non mi convince. Guardando controluce i commenti dell'amico Renato, del sig. Del Grosso e di qualche altro, rilevo una massiccia dose di "cultura Ultras" di cui ho spesso parlato anche su LM, e che non fa certo bene alle aspettative di cui parla Alberto Mangano.
    A proposito del bozzetto del prof. Baisci, ammetto – e me ne scuso – di aver sbagliato un termine, laddove ho scritto che la sua opera mi sembra "insignificante". Ovviamente un significato ce l'ha, ma resta il fatto che non intercetta i miei gusti. E la trovo inadatta perché le sue dimensioni (27 m. x 5) rischiano di coprire la visuale sull'affaccio del nuovo Snodo intermodale.
    Ma da qui a mettermi all'indice come un pericoloso sovversivo è atteggiamento che mi preoccupa. Non per me, ma perchè accredita quella tendenza tristemente nota (a ragione) come "Foggianesimo".
    Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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