Il reportage radiofonico implica e richiede una scrittura più letteraria rispetto a quello televisivo. Sul piccolo schermo si ha modo di far parlare le immagini. In radio no: sono le parole che devono evocare atmosfere, raccontare storie, svelare e far vedere.
Sotto questo profilo, il monumentale Viaggio in Italia che Guido Piovene scrisse per la radio negli anni Cinquanta, è un capolavoro, un testo che fa scuola.
Piovene passò anche per la Capitanata, ed era facile immaginare che nel racconto di una provincia così ricca ed affascinante, lo scrittore veneto riuscisse a dare il meglio di se stesso.
La puntata, che andò in onda il 6 novembre del 1956, è tra le cose più efficaci e belle che mi sia mai capitato di leggere ed ascoltare sulla nostra terra.
Lettere Meridiane ne sta curando la trascrizione. Potete leggere quelle precedenti cliccando sotto, qui titoli ed i relativi collegamenti:
- Foggia “tra i Borboni e il West” di Guido Piovene (su Foggia)
- Quando la Capitanata era un grande cantiere di trasformazione (sul Tavoliere).
(Si sente la voce dialettale di un banditore che chiede di riportare in via Giuseppe Verdi, se qualcuno l’avesse trovato, un bracciale d’oro, promettendo una ricompensa)
(Voce di un testimone locale) La storia del nostro santuario è molto antica: saranno circa quindici secoli da quando ha avuto inizio. E si tratta precisamente dal giorno 4 maggio dell’anno 490, giorno in cui un ricco proprietario di bestiame, nel controllare le sue greggi, si accorse che mancava il più bel toro del suo armento, ed essendosi messo alla ricerca, dopo lunga ed estenuante fatica, arrampicandosi per i dirupi di questa montagna, in una grossa spelonca, quella che è oggi l’attuale cripta del Santuario, vide inginocchiato un toro, senza vedere altro. Inutili furono i richiami, per cui ricorse ad una freccia che egli aveva intinto di un’erba velenosa. Ma – e qui comincia il prodigio – la freccia a mezza strada, anziché colpire il toro, si rivolse contro lo stesso proprietario e lo ferì al petto. Il ferito fu portata a braccio, con grande fatica, dall’arcivescovo di allora, San Lorenzo Maiorano, il quale lì per lì non seppe che pensare. Tuttavia indisse, per il suo popolo, tre giorni di preghiera per capire quale fosse la volontà di Dio in questo prodigio e, nello stesso tempo, egli si mise in preghiera. Durante questo suo pregare, gli apparve proprio l’Arcangelo Michele che gli disse che quel prodigio era avvenuto per sua volontà, per dimostrare che quel luogo era da lui prediletto.
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