La politica deve tornare a pensare al futuro

E chi l’avrebbe mai detto? Dopo una campagna referendaria sommessa, all’indomani del mancato raggiungimento del quorum, esplode il confronto sulla necessità, anzi l’urgenza, di tornare a ragionare di futuro, e di apprestare un modello di sviluppo in grado di sostenerlo.
Sia Franco Antonucci che Michele Lauriola hanno rilanciato la necessità di un confronto che metta d’accordo le ragioni di chi sostiene la tutela dell’ambiente e del paesaggio, con quelle di chi sostiene la produzione e il lavoro (aspetti tutt’altro che antitetici… dal mio punto di vista).
E non si fanno attendere i commenti, interessanti, degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane.
Riferendosi al titolo, volutamente provocatorio, della lettera meridiana “Lo sviluppo? Non interessa più l’opinione pubblica”, Girolamo Arciuolo scrive quanto segue:

Questo, Geppe, a mio avviso è uno dei problemi in assoluto più centrali.
la Sinistra attuale ha smesso di pensare al futuro e al progresso e ha smesso nel contempo di pensare allo sviluppo.
L’antiindustrialismo luddista declinato in salsa “territorialista” (not in my backyard) è il pensiero prevalente di larga parte della sinistra, da quella c.d. moderata a quella c.d. radicale.
è un ritorno alle forme di socialismo utopistico in salsa neoromantica.
Identità/territorio/ambiente. Marx ai tempi scrisse parole durissime.
Da noi poi il tutto si declina in una sorta di Luddo-meridionalismo.
Io non voglio i termovalorizzatori e non è vero che la monnezza a cielo aperto produce inquinanti ad alta tossicità. Poi voglio la raccolta porta a porta e se non c’è comunque meglio della soluzione industriale, almeno dietro casa mia (ma tollero i cumuli di monnezza in fermentazione).

Le trivelle nei Nostri mari (nostri? …) non le vogliamo. nel Deserto dell’Arabia Saudita lì certo che ci possono stare.
“Non voglio l’ENICHEM per i nostri figli”, ma oggi quei figli sono diventati grandi e nessuno abita a Manfredonia o a Monte Sant’Angelo o Mattinata e neppure a Foggia, ma stanno tutti dove c’è lavoro e dove ci sono pure le fabbriche.
Le nostre strade sono malmesse, il nostro territorio è degradato ma ciò non è una conseguenza della mancanza di ritorni economici significativi derivanti dalla produzione della ricchezza resa possibile dalle tecnologie e dalla conoscenza contenuta nella grande fabbrica. Non è cioè frutto della conoscenza e della produzione della ricchezza conseguente alla conoscenza (contenuta nel ciclo e nel prodotto), da investire in ambiente, manutenzione dei beni comuni, diffusione di ricchezza e di diritti (una volta la sinistra pensava così).
Tutta la penisola è vocata al Turismo e alle produzioni agricole di nicchia.
Ma le produzioni agricole di nicchia non sono forse favorite dalle dimensioni di scala, dalla possibilità di ragionare sui tempi lunghi della grande impresa? dalla quantità di sapere che solo la Grande impresa può dispiegare? e non è che il Turismo, quello vero, anch’esso richiede dimensioni di scala industriale?
No, assolutamente. il turismo è improvvisazione del piccolo imprenditore e l’agricoltura è il frutto del sapere arcaico/arcadico del “vecchio” contadino. Ne siamo proprio convinti?
La Sinistra, quella vera, usa(va) altre categorie e sa(peva) che non è così, che la rappresentazione arcadica dell’ambiente è al fondo vicina al pensiero reazionario/romantico.
Insomma, un po’ di ritorno ai “classici” non farebbe male.

Salvatore Castrignano, coordinatore provinciale dell’associazione Lavoro&Welfare, ricorda il ruolo che la società civile ma anche alcuni agenzie pubbliche svolgono a sostegno della cultura dello sviluppo, rilevando come il vero buco nero stia proprio nella politica.

Di sviluppo territoriale abbiamo parlato e argomentato con dati lo scorso 7 dicembre a proposito del Masterplan. Lo abbiamo fatto pubblicamente con l’Employers’ Day del 7 aprile. Poi ancora nei seminari del progetto Policoro. Lo hanno fatto in qualche modo a traino purtroppo di Confindustria i Sindacati in un recente Report su alcune indicazioni di priorità infrastrutturali. Lo faremo il 24 e 25 giugno prossimi per rilanciare un percorso che sosteniamo da anni di una pianificazione industriale sostenibile che sia in grado di resuscitare nel reale la Capitanata. La verità è che a non farlo sono quelli che nella politica e nelle Istituzioni operano inadeguatamente e insipientemente da tempo, ai quali tanti cultori della critica tutto sommato e per propria convenienza sono… supini! Ma dalla società andrebbero con più coraggio sostenute le energie che per lo sviluppo della Capitanata si spendono con dedizione e consapevolezza, INCONDIZIONATAMENTE. Per alcuni sarà marginale un impegno che si coltiva nella società, ma guai per il futuro delle giovani generazioni a volerlo addirittura cancellare come percorso e speranza di una possibile e necessaria rinascita. Perché Non parliamo di merito e non solo del solito… tormentone… ma dell’insieme delle priorità? Perché Non ci spendiamo maggiormente per unire le energie disponibili a FARE e non solo a dire, anziché continuare solo a registrare i vuoti di una classe dirigente da oltre 10 anni più che incapace, nefasta per la Capitanata?

È il caso di ricordare il ruolo positivo che l’associazione Lavoro&Welfare sta svolgendo per “svegliare” il territorio, anche assieme all’associazione Capitanata Futura. Sono state queste due associazioni ad organizzare lo scorso dicembre il confronto a più voci sul Masterplan per il Mezzogiorno. Durante un recente incontro, Lavoro&Welfare e Capitanata Futura hanno manifestato la volontà di ulteriori attività comuni, con l’obiettivo di vivificare il tessuto partecipativo del territorio e di apportare contributi operativi che possano favorire migliori condizioni di vita per i cittadini della nostra terra.
In particolare si è convenuto di attivare a breve scadenza, tra altri percorsi di informazione e di coinvolgimento, una ricerca su come sono stati impiegati in Capitanata i finanziamenti dei fondi europei, sia diretti che strutturali, nel decennio 2006-2015.
“Con determinazione ed in piena autonomia – si legge in una nota diffusa dalle due associazioni-, insistiamo nella difficile funzione sociale di “svegliatori”, ovvero di coloro che cercano di svegliare dal torpore e dall’autocommiserazione un territorio ricco di potenzialità ma nostro malgrado, particolarmente da un decennio a questa parte, insufficientemente rappresentato e governato.”
Ma veniamo agli altri interventi. Che non brillano per ottimismo.
Santo Mangia, sindacalista delle Usb, scrive: “Ormai siamo in una fase (come si diceva una volta) in cui il solo ” pensare” è faticoso.”
Michele Dell’Edera, giornalista informatico, riferendosi al post che accompagnava la lettera meridiana, in cui sottolineavo come sia bassa la tensione culturale e politica sui temi della sviluppo, scrive: “Resta bassa su tutto Geppe si è ucciso con le politiche dei palazzi qualsiasi aspirazione partecipativa… per quanto eccezioni esistono e non poche… bisogna lavorare di nuovo alle coscienze…”
E non è  certo più ottimista il commento di Valter Rizzi: “Credo che l’opinione pubblica non ha opinione di nulla se non dell’effimero. Il tema dello Sviluppo credo sia confuso con un upgrade di un video gioco. Manca tanto senso civico è rispetto del creato.”
Infine l’intervento di Santa Picazio, responsabile dell’Archeoclub, che non commenta il post ma la fotografia che l’illustrava: “Mi fa piacere vedere ancora l’immagine del Silos…tempo fa avevo scritto qualcosa a proposito della ingrata scelta di abbatterlo. Sono stata ripresa per il fatto che lo storico Silos ha ormai un destino tracciato visto che si tratta proprietà privata e che non era più il caso di fare interventi. Non ne sono ancora proprio convinta!”
In realtà, avevo scelto l’immagine del silos proprio come simbolo dello sviluppo mancato del territorio, di quel che avrebbe potuto essere, e non è stato.
(La foto che illustra questa lettera meridiana, provvista di licenza Creative Commons, è di Antonio Cibelli)

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “La politica deve tornare a pensare al futuro

  1. È in decenni che bisogna calcolare il tempo trascorso a pianificare e programmare secondo la "sostenibilità". E i risultati li vediamo. Dunque: o chi ha governato e ammministrato non ha voluto tenerne conto o non ha potuto farlo, oppure quello che ci diciamo nei convegni, seminari, conferenze etc. etc. è solo di facciata come tanti convegni e incontri dulla criminilita' la legalità etc etc.
    Un punto deve essere chiaro e al centro di ogni scelta: la terra e i suoi beni vanno preservati anche per le generazooni future. Se non assumiamo questa precondizione ogni ragionento è per me vano. Chi produce chi consuma e chi su questi due aspetti imterviene devono fare riflessione attenta.

  2. Una delle forme più impattanti e devastanti di sfruttamento e inquinamento del territorio é dato dal turismo. Non è una provocazione, ma un dato certo. Questo per dire di quanto sono forti i luoghi comuni rispetto alle analisi vere. Il metodo e non l'opinione personale, fanno di una tesi una cosa seria. Anche questa affermazione é vera ma ignorata.

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