Riti pasquali di una volta: la caduta del panno

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Giornalista attento e sensibile, oltre che operatore culturale di lungo corso, Antonio del Vecchio diventa un contributore di primo piano di quell’archivio delle storie promosso da Lettere Meridiane nel tentativo di conservare e trasmettere quella straordinaria parte della cultura immateriale della provincia di Foggia rappresentata appunto dalle storie, intese nella duplice accezione di racconti tramandati dalla tradizione popolare, ma anche memorie, leggende e miti dei diversi comuni.
Del Vecchio, che ringrazio affettuosamente, esordisce con questa memoria, legata ad una particolare usanza della Settimana Santa a Rignano Garganico, da tempo dimenicata.

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La Chiesa non sempre conserva, come fa per i monumenti, le chiese, le varie testimonianze dell’arte figurativa. Talvolta rinnova radicalmente il suo modus vivendi a seguito dei sacri Concilii o di altri importanti eventi, mettendo da parte per sempre riti e usanze plurisecolari. È il caso dei riti e funzioni in atto durante la Settimana Santa, che tanti a Rignano Garganico ancora ricordano con profonda nostalgia. Vennero completamente modificati attorno agli anni ’70 dall’allora parroco, il compianto don Pasquale Granatiero.

Quella modifica fa la conseguenza dell’introduzione del nuovo rito liturgico pasquale, che insieme all’abolizione della messa e di altre funzioni in lingua latina, ha visto pure morire tantissime e commoventi manifestazioni di religiosità popolare, come per esempio la “caduta del panno”, una sorta di lenzuolo bianco che copriva l’altare durante tutta la Settimana Santa, e che veniva lasciato cadere appunto all’intonazione del Gloria al momento della Resurrezione, tra grida di giubilo e pianti incontenibili di cui si dirà.
Per la Santa Messa di Pasqua e le altre sacre funzioni collegate, la Chiesa matrice “Maria SS. Assunta” si riempiva di fedeli come non mai sino all’ultimo spazio occupabile, tant è che, non bastando le sedie e le panche solitamente disponibili, ognuno si portava dietro una o più sedie, anche perché la funzione durava alcune ore.
Le campane erano “legate” (ossia non si suonavano) per tutta la settimana. L’annuncio delle diverse manifestazioni religiose veniva effettuato dalla tremula, un pezzo di legno di forma rettangolare, provvisto di cerniere in ferro, che roteando emetteva rumori particolarmente intensi, avvertiti ovunque.
In vista della “caduta del panno”, bambini, ragazzi ed adolescenti, provvedevano ad acquistare a tempo debito presso le falegnamerie del posto,  tremule più piccole, le streddele, pezzi di legno forniti di ruota dentata che a contatto con una sottile striscia di compensato e girate con una manovella, producevano un suono dolce. Poi c’era la cosiddetta “cassa” (o raganella), una sorta di involucro in legno di forma quadrangolare, all’interno della quale si faceva girare attraverso la manovella una ruota dentata più grande e il suono emesso era di tipo grave, simile al basso.
Durante le litanie, la gente, avvertendo ormai prossima la resurrezione, cominciava a rumoreggiare, a ritmo crescente (brusio, chiacchiericcio, vociare), accompagnando così le successive operazioni degli ecclesiastici: il cambio degli abiti, ecc.
Quando cominciava la Messa, le sacre parole dell’arciprete erano ormai del tutto coperte dal fruscio e vociare, mentre da fuori si avvertivano rumori e suoni dei diversi “strumenti”, come succede quando gli orchestrali provano gli ultimi accordi, in attesa del concerto.
“Glo…ria!”. L’addetto che si trovava dietro l’altare, lasciava di colpo le funicelle e il “panno” in pochi secondi cadeva giù per terra e dal sipario aperto si vedeva una scena indimenticabile: il Cristo Risorto, circondato da addobbi e stoffe preziose, candele accese e fiori a volontà di ogni tipo, intervallati da vasi pieni di grano germogliato, mentre all’esterno dominava il grosso cero pasquale. Dentro e fuori del tempio, il concerto era alla sua massima apoteosi: gente che si scioglieva in grida di giubilo, altri in pianti ininterrotti, campane che suonavano a storno, congegni in legno e ferraglie varie che insieme producevano per più di un quarto d’ora un concerto per davvero infernale. Quindi, tornava il silenzio, così che l’affollata platea poteva seguire tranquillamente la Messa sino alla fine. Intanto, bambini e ragazzi, che avevano approfittato del “chiasso” per sbocconcellare la loro squarcedde (tipico dolce intrecciato con uovo sodo), ripresi dalle rispettive mamme, rimettevano a posto ogni cosa.
Nei primi tempi, il rito pasquale veniva celebrato nella tarda mattinata di Sabato Santo. Successivamente, la manifestazione fu spostata alla notte, così come si fa tuttora per il Natale.
Antonio del Vecchio

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Author: Geppe Inserra

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