Monumenti e storia, quante dimenticanze

È veramente una storia infinita, quella del monumento alle vittime della tragica estate del 1943. Stamattina ho ritrovato un articolo che pubblicai sull’argomento, nel lontano 1982, il 21 luglio. Credo sia uno degli ultimi pezzi che scrissi per la Gazzetta del Mezzogiorno. Ero diventato da qualche settimana capo ufficio stampa alla Provincia, e di lì a poco avrei lasciato, non senza rammarico e rimpianto, il mio incarico di collaboratore nella redazione di via Scillitani.
Il titolo è attualissimo: tanto è vero che lo ripropongo pari pari, per la vicenda che in questi giorni sta appassionando l’opinione pubblica cittadina, per quanto riguarda l’arredo del nuovo terminal bus. Monumenti e storia quante dimenticanze. Il contesto è piuttosto diverso, ma la sostanza è la stessa.
Da qualche giorno, erano tornati fortuitamente alla luce i due bassorilievi, di chiara impronta fascista, realizzati durante la costruzione del Municipio, sulla facciata. Era accaduto che delle infiltrazioni d’acqua avessero reso pericolante il muro che li aveva nascosti, ed era stato necessario rimuoverlo.
Una volta ricomparsi si doveva decidere che fare. Gianni Mongiello, il sindaco di allora, che capeggiava un’amministrazione di centrosinistra, non ebbe dubbi:  quelle opere d’arte, pur celebrando un infausto periodo storico, facevano parte del patrimonio comunale. Rimise comunque ogni decisione al consiglio comunale, che si pronunciò per tenerli scoperti, e nel loro posto originario.
L’opinione pubblica si divise. Le polemiche seguivano di qualche settimana un’altra appassionata discussione circa la realizzazione di un monumento ad un altro illustre simbolo della città, come Federico II, decisa dall’Amministrazione Comunale.
Nel mio articolo difendevo la scelta del sindaco Mongiello: “le due sculture esprimono un momento storico ben preciso per la città, il progetto della grande Foggia elaborato dal fascismo e che si concretizzò nella realizzazione di una vasta serie di opere pubbliche, tra cui, appunto, il municipio”.
Auspicavo tuttavia il varo di una “politica dei monumenti” che superasse l’effimero e la tendenza a premiare e celebrare soltanto i personaggi illustri.

“La vera storia della città, quella scritta spesso con il dolore e con la fatica quotidiana, è rimasta esclusa. Non c’è traccia dentro la città. Valga per tutti il caso clamoroso  della mancanza di un monumento dedicato alla vittime civili dell’ultimi conflitto bellico”.
“I bombardamenti alleati uccisero decine di migliaia di foggiani, radendo al suolo la città. Per il suo olocausto, Foggia venne insignita di medaglia d’oro al valore civile (quella al valore militare sarebbe arrivata molti anni dopo, n.d.r.). Ma non c’è nulla, ad eccezione di una lapide in municipio (che si trova, guarda caso, proprio a qualche metro dal bassorilievo), che ricordi ai foggiani di oggi il martirio sopportato anni fa dalla loro città.”
“È il caso più eclatante delle omissioni e delle dimenticanze di cui si è detto. A qualcuna l’Amministrazione comunale sta già ponendo rimedio: è il caso della  statua di Federico II di cui si è decisa la costruzione. “

A distanza di quasi 35 anni da allora, non se n’è fatto ancora nulla. Nè per il monumento all’imperatore svevo, né per quello alle vittime dei bombardamenti. Non c’è male, come tempismo….
Per scaricare l’articolo e leggerlo integralmente, cliccate qui.

[Nella foto di Alex De Muzio, uno dei due bassorilievi del Municipio].

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Monumenti e storia, quante dimenticanze

  1. I due bassorilievi marmorei del Municipio e la Deposizione bronzea della cappella-ossario dei caduti in guerra nel cimitero monumentale di Foggia furono gli ultimi lavori dello scultore modenese Ermenegildo Luppi.

  2. Non per autocelebrazione ma all'epoca o ero consigliere comunale e fui contro l'ipotesi della rimozione e, in un mio intervento, sostenni che, se si fosse deciso di procedere alla rimozione, bisognava abbattere anche i tantissimi monumenti-edifici di quel periodo storico, a cominciare dal Palazzo degli Studi e dal Palazzo degli Uffici Statali. La storia non cancella ma valuta l'esistente per quel che fu e per quel che significano.

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